Livio Bonfatti – Curiosità sul palazzo comunale di Mirandola

Livio Bonfatti, mirandolese di nascita (1947), ha conseguito il diploma di geometra nel 1968. Ha svolto l’attività lavorativa presso l’Ufficio Tecnico del Comune di Mirandola. Dal 1985 al 1988 ha collaborato alle iniziative editoriali della casa editrice “Al Barnardon” mediante articoli e con impegni redazionali. Dal 1988 è socio della Associazione culturale Gruppo Studi Bassa Modenese e partecipa attivamente alla elaborazione di progetti editoriali. Contemporaneamente pubblica numerosi articoli sulla Rivista semestrale dell’ Associazione. Gli argomenti trattati spaziano dalla idrografia antica, alla geomorfologia storica, ovvero mettendo a fuoco quella che definiamo la “storia del paesaggio”, accompagnata da una puntuale ricerca archivistica. Il territorio preso in esame è quella parte di Pianura Padana che si distende dalla via Emilia sino al Po.
Curiosità sul palazzo comunale di Mirandola
Alcuni giorni or sono, recandomi in piazza Costituente, ho notato che sono stati tolti i ponteggi che coprivano la facciata del Municipio. Ciò è sicuramente un buon segno, perché è presumibile che, in un prossimo futuro, saranno levati anche i rimanenti ponteggi sulle altre facciate del fabbricato. In sostanza restano da eseguire opere di finiture interne, di completamento o di riordino. È auspicabile quindi che nel corso del presente anno siano completamente percorribili sia il vicolo del Palazzo sia la via Curtatone, per il tratto fra la piazza Mazzini e la piazza grande. Sarà forse possibile vedere, spero entro il 2025, anche un riutilizzo del palazzo comunale alle attività istituzionali quali le sedute della Giunta e del Consiglio comunale, nonché le altre manifestazioni pubbliche svolte abitualmente nella Sala Granda. Farà certamente piacere alla cittadinanza mirandolese il riuso di un edificio, iconico, del centro storico di Mirandola, che appare sempre in ogni vecchia stampa, raffigurante l’urbanistica dei secoli passati. La facciata, rivolta verso la piazza Costituente, pur subendo nel tempo modifiche o adattamenti, ha conservato la sua fisionomia, in particolare il portico con le colonne in marmo. In questo senso mi capita di frequente di scorrere le cartoline raccolte dal collezionista Roberto Neri e pubblicate nel sito Al Barnardon, nella rubrica Galleria Immagini, con l’avvertenza, suggerita dagli autori che: «Chi le guarda non si stupisca se alcune sembrano uguali, per un collezionista anche una piccolissima differenza le rende uniche».
Seguendo quindi il consiglio degli autori ho scorso le cartoline che rappresentano, per tutto il XX secolo, il palazzo comunale per cercare appunto le differenze fra le varie immagini raccolte. Ed ecco che, avendo io lavorato appunto nel Municipio, per 34 anni (1970-2004), ho conosciuto le circostanze che hanno comportato importanti o limitate modifiche, in particolare alla facciata principale rivolta verso la piazza Costituente. Vorrei pertanto qui ricordare alcune di queste modifiche e giustificarne le ragioni addotte.
La scritta mussoliniana dipinta sul fascione marcapiano.

Mi era capitato, per la verità rare volte, che dopo un temporale estivo, la facciata settentrionale del palazzo comunale apparisse abbondantemente bagnata dalla pioggia scrosciante. Sulla stessa facciata, prima che si asciugasse alla calura estiva, apparivano come ombre inscurite dall’umidità, le lettere, in caratteri maiuscoli, di una scritta. Non era possibile decifrare la scritta nel suo insieme, ma risultavano comprensibili molte lettere di ogni singola parola. Chiesi pertanto a un anziano della squadra operai se lui avesse mai visto la scritta e cosa essa rappresentasse. Il caposquadra Dario Pozzetti (1921-1986)[1] mi informò che l’epigrafe si riferiva ad una frase pronunciata da Benito Mussolini (anno 1938) ed esattamente: «È l’aratro che traccia il solco ma è la spada che lo difende.» Nello scorrere le cartoline ho trovato l’immagine esatta della scritta con una particolarità. Risulta possibile leggere il testo originale solo per la parte sopra riportata, che si colloca alla sinistra, per chi guarda, del balcone posto al centro della facciata. Ma sulla destra del balcone compare un’altra scritta, illeggibile sulle cartoline. Incuriosito ho effettuato una ricerca che mi ha consentito di completare l’intero motto mussoliniano, ovvero: «È l’aratro che traccia il solco ma è la spada che lo difende. E il vomere e la lama sono entrambi di acciaio temprato come la fede dei nostri cuori». Tuttavia non ho certezze che la seconda parte della frase sia effettivamente quella riportata nell’epigrafe mirandolese. Evidentemente la scritta è stata cancellata o abrasa nel corso del 1945.
[1] Dario Pozzetti, deportato in Germania, partigiano (commissario del IIº Distaccamento- Battaglione “ Pecorari ”- Mirandola).

Il mistero dei due lampioni davanti al palazzo comunale.
Nel guardare le cartoline che raffigurano il palazzo comunale, non può sfuggire che già dalla fine del secolo XIX, erano presenti due lampioni dotati ciascuno di quattro lanterne. All’epoca i lampioni erano alimentati dalla condotta del gas di città e solo successivamente vennero allacciati alla rete elettrica. Tutte le cartoline dei decenni successivi rendono conto della presenza di questo tipo di illuminazione pubblica. Però in quelle relative agli anni ‘50, improvvisamente scompaiono i lampioni. Cos’ era successo? Intanto era cambiata la illuminazione di tutta la piazza Costituente ed erano stati eliminati i vecchi lampioni ad una sola lanterna. I nuovi punti luce erano più alti e consentivano di illuminare, meglio, l’intera piazza. Le vicissitudini subite dai lampioni antistanti il Municipio mi vennero raccontate da Dario Pozzetti e cioè che essi vennero abbattuti da un mitragliamento aereo notturno, forse il fantomatico Pippo (?) nel corso della guerra. Andarono distrutte le lanterne, danneggiati i sostegni in ghisa e pertanto, ciò che rimaneva, venne portato nei magazzini comunali di via Carso, nel piazzale del macello pubblico. Si trattava di materiale ingombrante, con pesanti fondazioni costituite da un blocco di marmo e che la loro conservazione appariva inutile alla maggior parte degli operai. Pozzetti, però, ripeteva loro una frase che ora io, ancora, ricordo: «An butàr via gnent, an vrev che in Municìpi, an qualcdùň agh gnis in ment ad rimétri sù». Ed infatti verso la fine degli anni ’70, ma non so più chi l’avesse suggerito, fu proposto di rimettere ancora i lampioni di una volta. Pertanto i sostegni ed i bracci in ghisa furono portati presso il fabbro Sgarbi Giulio, che assieme al figlio Francesco, provvide alla loro rimessa in pristino. Il geometra Borghi, trovò una ditta veneta specializzata nella costruzione di lanterne simili a quelle preesistenti. In breve tempo si provvide a riposizionare i lampioni davanti al Municipio.

Sull’orologio del palazzo municipale c’era o non c’era una banderuola segnavento?
Verso la fine degli anni ’70 si vedeva in qualche locale occupato da geometri dell’Ufficio tecnico comunale uno strano oggetto ed esattamente una banderuola segnavento, in rame. I tecnici più anziani riferirono che la banderuola era collocata sull’orologio del Municipio e lì posta in occasione dei lavori di rifacimento del tetto, risalenti agli anni 1968-70. La banderuola era stata scaraventata al suolo da un colpo di vento, a seguito di un furioso temporale estivo. Tuttavia risultava difficoltoso ricollocare la banderuola nel suo luogo in quanto l’automezzo con cestello, in dotazione all’ufficio, non raggiungeva, in altezza, la sommità dell’orologio. Era perciò necessario allestire un apposito ponteggio per rimettere la banderuola nel suo sito. Qualcuno poi aggiunse che bisognava fissare bene la banderuola in quanto se era già caduta una volta, avrebbe potuto ricadere con danno a persone o cose. A quel punto la banderuola entrò nel dimenticatoio e non se ne parlò più.
Tanto vi dovevo per una corretta informazione.
Le immagini del palazzo comunale di Mirandola sono di proprietà del collezionista ed amico Roberto Neri