1986 – Il sacrilegio

1986 – Il sacrilegio

30 Maggio 2025 0

IL SACRILEGIO

Vivevamo, a quel tempi, in una casetta vecchia e ma­landata, l’intonaco era di un colore indefinibile ma certamente vetusto ed ogni tanto si gonfiava in qual­che punto pronto a cadere in briciole alla prima occa­sione mettendo in evidenza antichi mattoni quasi in­formi cementati, si fa per dire, da fango verdastro. Le porte e le imposte erano screpolate e tarlate e non si sa bene a cosa servissero cosi sconnesse dato che non tenevano il freddo nè, se ci fosse stato qualcosa da rubare, avrebbero fermato I ladri.

Adiacenti alla nostra c’erano altre due casette uguali che forse, un tempo, avevano formato con la mia, un unico insie­me. Dietro vi era un’area tenuta in parte a cortile ed in parte ad orto-giardino, regno di gatti, polli e, talora, di qualche maiale. In fondo, piu lontano possibile dalle abitazioni, c’erano le latrine il cui pozzo nero veniva vuotato periodicamente sollevando una lapide che era posta davanti alle loro entrate. Un vecchio muret­to sormontato da una smagliatissima e rugginosa re­te metallica separava il giardino della terza casa, più vasto e ben tenuto, dal cortili della nostra e di quella dei più immediati vicini.

In quella terza casa viveva la protagonista di questa storia che, per non incorrere in riconoscimenti, ben­ché siano passati moltissimi anni, chiamerò conven­zionalmente Luigina.

Era una giovane donna, alta, for­mosa. di bell’aspetto, gli occhi miopi un pò sporgenti ed una bruna peluria sul labbro superiore preannunciante i baffi che avrebbe avuto in età avanzata; era sempre allegra e scherzosa con tutti. Ma (ecco il “so­lito” che guasta tutto) aveva un difetto, ora piuttosto vivace con gli uomini ed il fatto di essere sposata non sembrava crearle dei problemi, in realtà qualche pro­blema l’aveva ma lo risolveva, come vedremo, a modo suo.

Mia madre, più anziana, la conosceva fin da bambina ed era con lei in buoni rapporti da sempre; talora, for­te della sua età, la rimproverava bonariamente per la sua condotta ma tutto finiva lì perchè Luigina lascia­va puntualmente cadere il discorso.

La mattina di un Venerdì Santo la sentii parlare nel cortile, con mia madre: “Esco e vado a fare la Confessione” disse e ri­dacchiando aggiunse “spero di aver la forza di con­fessare tutti i miei peccati” e se ne andò. Ritornò al­quanto più tardi, verso le 11 (a quel tempi c’era una gran ressa davanti al confessionali, specie per Pa­squa) e mia madre, che stava trafficando in cortile, co­me la vide le chiese se fosse stata sincera fino in fon­do. “Non ho avuto il coraggio di affrontare l’argomento” rispose “ma ho avuto egualmente ‘ assoluzione!” Mia madre rimase scandalizzata “per forza, ribattè “se non hai detto nulla al confessore come poteva negartela?” Poi insistè: “lo sai che è un sacrilegio? Non hai paura della punizione Divina?”. Luigina rimase pensierosa, sembrò meditare una ri­sposta poi, improvvisamente, si avviò di corsa verso la latrina, ed era un modo per troncare un discorso che era divenuto imbarazzante. Di corsa attraversò il giardino e di corsa arrivò sulla lapide del pozzo nero, ma non riuscì a proseguire perchè questa si spezzò e la nera voragine la inghiottì. Ero in cortile anch’io e sentii un urlo, un tonfo e un gorgogliare raccapricciante. Cominciammo a correre, lo e mia madre, come impazziti, lungo il muretto, di qua e di là senza riusci­re a trovare un buco dove passare, ma prima che mi decidessi ad arrampicarmi sulla rete metallica ve­demmo comparire, coperta di escrementi, la testa e le braccia . Si issò faticosamente, immagine da Inferno Dantesco, nera di liquame dalla testa ai piedi, poi si buttò a terra e prese a ridere, ridere, ridere senza fine. Quando smise rientrò in casa rifiutando ogni offerta di aiuto, lasciando nel cortile tutti i suoi vestiti.

I miei ricordi si fermano a quest’immagine di cenci neri e grondanti che volavano fuori accompagnati da una convulsione sconnessa di risate e di pianti. Dovette restare a letto per alcuni giorni perchè si era contusa tutto il corpo. Non ebbi mai occasione di parlarne con lei ma potrei giurare che da allora le sue Confes­sioni abbiano guadagnato in sincerità.

Tratto da “La finestra” – Periosico parrocchiale di Mirandola

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