Non sempre il nome è una garanzia
La principessa Brigida Pico la conosciamo già, almeno superficialmente, come sorella del duca Alessandro II e come reggente del ducato per conto del duchino Francesco Maria, divenuto duca della Mirandola a soli tre anni a seguito della morte del padre prima e del nonno poi. Ma chi era veramente questa principessa passata alla storia “suo malgrado”?
Nasce il 17 di ottobre del 1633 da Galeotto, figlio naturale, e poi legittimato, del duca Alessandro I Pico, e Maria Cibo, primogenita del duca di Massa Carrara.
Dei primi 52 anni non si sa niente, il che la dice lunga sull’entità della sua importanza. Possiamo solo immaginare una gioventù trascorsa anonimamente, studiando senza distinguersi particolarmente né mostrando qualità peculiari che, nella competitiva corte dei Pico, sono indispensabili per ottenere compiti di responsabilità. L’aspetto fisico poi, come possiamo evincere osservando il ritratto giunto sino a noi, non l’aiuta nemmeno a trovare un matrimonio di rango. Né la fede è abbastanza forte da spingerla in convento, come invece ci si aspetterebbe dati i tempi che corrono. L’unico cenno che sia arrivato a noi di questo periodo della vita di Brigida, ci viene dalle memorie del conte Massimo Scarabelli, frequentatore della corte dei Pico, che la descrive così: “… specchio della prudenza, la delizia dei principi, il rifugio dei sudditi afflitti.”. L’impressione è che in politica si limiti a seguire il duca suo fratello e che il suo compito principale alla corte sia di preparare ed organizzare le feste di palazzo. Nel tempo libero, ma di questo si occupavano tutte le principesse di casa Pico, si dedicava alla carità cristiana.
La sua “vita ufficiale”, dalle testimonianze scritte giunte a noi, inizia il 15 maggio del 1865 quando accompagna la duchessa e Anna Camilla Borghese, novella sposa del principe Francesco, nella visita della chiesa di S. Francesco. E’ un’apparizione fugace nelle cronache della Mirandola, del tipo: ”Hei, agh son anca mi!”. Trascorrono altri cinque anni, sempre nell’anonimato, prima che faccia di nuovo capolino accompagnando Anna Camilla nel primo tratto del tragitto che la riporta a Roma. Insomma, la principessa Brigida viene “usata” in alcune occasioni come figurante di rappresentanza per la casa dei Pico, ma il suo momento sta per giungere.
Alle ventitre e mezza di sabato 3 febbraio del 1691, giorno di s. Biagio, il duca Alessandro II muore. Le porte della città e del castello vengono chiuse ed i ponti levatoi sollevati, raddoppiate le guardie e chiamato in corte il notaio Lodovico Piccinini che legge il testamento alla presenza degli interessati. L’erede e nuovo duca della Mirandola è Francesco Maria, nipote di Alessandro II, che essendo ancora infante entrerà in possesso del titolo al compimento del diciottesimo anno d’età; almeno questa è la disposizione del duca defunto.
Nell’attesa è nominata tutrice del rampollo e reggente dello stato la principessa Brigida, sorella di Alessandro. Nel testamento la scelta è così spiegata: “… perchè mi è nota la bontà, la prudenza, l’integrità, e l’affetto verso la Casa, e verso il suddetto Principe Mio Nipote ed herede della suddetta Signora Principessa Brigida …”. Lascia alla sorella ampia libertà di governo, ma con un punto fermo: la fedeltà assoluta nei confronti dell’imperatore d’Austria, erede del Sacro Romano Impero.
Ben presto il suo governo riflette la sua paura di perdere tutto che spesso sfocia nel panico. Il primo problema che arriva nasce dalla disposizione testamentaria lasciata da Alessandro II di ridurre drasticamente gli appannaggi annuali che spettano ai principi della Casa Pico. Naturalmente questi non sono d’accordo e, prendendo la cosa a pretesto, non solo minacciano di rivolgersi all’imperatore per riavere il dovuto, ma anche di chiedere che venga riconsiderata la decisione della successione al ducato. Brigida corre dai suoi consiglieri, lasciatigli in eredità da Alessandro, che hanno l’abitudine di sentenziare coi proverbi: “La miglior difesa è l’attacco!” le suggeriscono. Lei non riesce a far altro che inventarsi un fantasioso attentato alla vita del duca. Accusa i principi suoi nipoti di avvelenare i fiori del giardino in cui è solito passeggiare Francesco Maria attentando così alla sua vita. Per provarlo fa arrestare parecchi sostenitori del partito dei principi e li fa sottoporre ad interrogatori cruenti, ma senza ottenere confessioni di sorta, ovviamente. La situazione precipita; Brigida fugge dalla Mirandola con la scusa di voler proteggere il duca e torna solo dopo che la nipote Maria Isabella è riuscita a risolvere la faccenda (vedi articolo “Una Pico tutta d’un pezzo.”). Questo “litigio” termina dopo sei anni con l’assoluzione piena dei tre principi accusati e riporta la tranquillità in città.
Per quattro anni la Mirandola torna ad essere operosa e pacifica, ma scure nubi si profilano all’orizzonte. Nel 1701 scoppia la guerra di successione spagnola che contrappone Francia e Spagna contro l’Austria. La posizione dei Pico diviene ingarbugliata; Mirandola è alleata con la Spagna, che è alleata coi francesi, ma i Pico debbono obbedienza all’imperatore asburgico, ma in città ci sono a presidio truppe francesi e spagnole, ma il principe Eugenio di Savoia, che comanda le truppe imperiali, chiede espressamente a Brigida di cacciarle, ma la Mirandola non ha mai avuto un esercito forte … am taca a girar la testa! Per una volta la reggente fa la cosa giusta; con uno stratagemma, aiutata dai sostenitori della sua linea politica a favore dell’impero, riesce a cacciare spagnoli e francesi e consegna la città nelle mani dei tedeschi. Poi si sa: oggi si vince, domani si perde. Gli austriaci, trovandosi in difficoltà in Europa, sono costretti a sguarnire i presidi in Italia, compresa la Mirandola. Riappare la solita Brigida che si lascia prendere dal panico e non sentendosi più protetta scappa a Ferrara con Francesco Maria. Qui il duca, che ha “già” 14 anni, comincia a scalpitare. Dice, da tipico adolescente, che è già grande, che vuole l’autodeterminazione, che vuole prendere lui le decisioni perché il duca è lui. Brigida gli ricorda il testamento del nonno, “carta canta”, ma quando anche i rappresentanti dell’imperatore, che l’accusano di aver abbandonato troppo in fretta la Mirandola, appoggiano le richieste del duca, molla tutto e se ne va a Venezia cercando di portare con sé il nipote. Questi la segue fino al ponte di Lagoscuro per poi tornare indietro; Brigida non ha più nessun ascendente su di lui. Gl’imperiali si rammaricheranno di aver preso le parti del duca quando due anni dopo passerà al nemico.
Alla principessa Brigida la delusione per la perdita della reggenza passa in fretta; forse nel suo intimo si rende conto di non essere tagliata per quel ruolo. La sua fedeltà alla corona imperiale è comunque premiata. L’imperatrice Leonora, che l’ha sempre sostenuta, chiede ed ottiene per la principessa un appannaggio imperiale più che dignitoso che le fa vivere un’agiata e serena vecchiaia, prima a Venezia e poi a Padova. Il 3 dicembre del 1719 cade ammalata e viene amorevolmente assistita dalla signora Teresa Balzani che la serve fedelmente da oltre trent’anni. Alle ore dodici del 22 gennaio 1720 lascia questa valle di lacrime.
Vanni Chierici
Fonti: G. F. Piccinini – Cronaca della Mirandola
Memorie storiche della città e dell’antico ducato della Mirandola –
Vol. I – XVII – XXIV