Livio Bonfatti – Curiosità – Perchè il nome “Fossa” di Concordia s/Secchia?

Livio Bonfatti, mirandolese di nascita (1947), ha conseguito il diploma di geometra nel 1968. Ha svolto l’attività lavorativa presso l’Ufficio Tecnico del Comune di Mirandola. Dal 1985 al 1988 ha collaborato alle iniziative editoriali della casa editrice “Al Barnardon” mediante articoli e con impegni redazionali. Dal 1988 è socio della Associazione culturale Gruppo Studi Bassa Modenese e partecipa attivamente alla elaborazione di progetti editoriali. Contemporaneamente pubblica numerosi articoli sulla Rivista semestrale dell’ Associazione. Gli argomenti trattati spaziano dalla idrografia antica, alla geomorfologia storica, ovvero mettendo a fuoco quella che definiamo la “storia del paesaggio”, accompagnata da una puntuale ricerca archivistica. Il territorio preso in esame è quella parte di Pianura Padana che si distende dalla via Emilia sino al Po.
Perchè il nome “Fossa” di Concordia s/Secchia?
Chiunque giunga a Concordia s/Secchia per recarsi in Municipio o in qualche negozio, posto nel centro storico, si rende immediatamente conto che l’abitato è delimitato, almeno su un lato, dall’argine destro del fiume Secchia. Esso è così incombente, sui fabbricati confinanti, tale da suggerire che si debba rinominare l’intera cittadina, nell’odierna realtà, non più Concordia sulla Secchia, ma bensì Concordia sotto Secchia.
Viceversa quando arrivo a San Felice sul Panaro, inutilmente cercherei la presenza del fiume appenninico.
Il Panaro non c’è, ma dove è finito?[1] Lo studio della idrografia antica ci può venire in aiuto. In effetti la stessa geomorfologia, confrontata con le odierne foto satellitari, ci permettono di affermare che in età preistorica il territorio occupato, ora, dall’abitato di San Felice, era percorso da un ramo fluviale del fiume Scoltenna, ma che, successivamente, dopo diversi secoli, assumerà il nome di Panaro. Quando però nel X secolo sorgerà il castello di San Felice, l’unico corso d’acqua che alimentava le fosse del castrum, era un ramo del Secchia, denominato Muclena. Capisco quindi gli amministratori locali che, nel corso del XIX secolo vennero invitati a modificare il toponimo San Felice, per poterlo distinguere da analoghi presenti in tutta Italia, dovettero decidere su una eventuale integrazione del nome. Dovendo scegliere fra Secchia e Panaro, optarono per quest’ultimo.
Però oggi vorrei sottoporvi un altro nome, curioso, in cui la toponomastica non riesce a dare una giustificazione.
È il caso di Fossa, frazione del comune di Concordia s/Secchia. Sembrerebbe scontato che all’interno del nucleo abitato vi dovesse essere un corso d’acqua, avente origine naturale o artificiale. Ma percorrendo il paesello, allungato lungo la via Martiri della Libertà, ci si può stupire della mancanza di un qualsiasi canale od anche della traccia di un alveo fluviale in disuso. Ed allora anche in questo caso ci si deve avvalere dei suggerimenti che ci sono forniti dalle indagini geomorfologiche.
Nel 2020 ho pubblicato un articolo nella rivista semestrale, n. 77 dell’associazione Gruppo Studi Bassa Modenese, nel quale ho esposto una ipotesi di origine del toponimo di Fossa e di cui ora riporto, di seguito, alcuni brani.
“…Fossa Raveda: l’idronimo contraddistingue una fossa che si collocava a nord della Fossa Finale e che si dirigeva al castrum di Rovereto. In realtà l’anonimo estensore del documento in esame avrebbe dovuto scrivere Fossa Rabeda, così come riportato nel diploma di Re Berengario, dell’anno 890: in vico qui dicitur Rovereto infra fines Pusterna vel Fossa Rabeda, que pertinet de Corte nostra Mercoriatico [da riconoscere nell’attuale Sant’Antonio in Mercadello] adiacetque in Comitato Regensi. L’etimo di fossa Rabeda è forse da intendere, in un lessico dialettale carpigiano, come “arrabbiata” [noi mirandolesi avremmo detto “Rabida”] o meglio come “rabbiosa” e in questa ultima forma compare in molti documenti medievali. Una fossa Rabbiosa è presente nelle vicinanze di San Felice-Rivara …oppure Rabbioso del trevigiano e che ha dato il nome al vino Raboso [vino frizzante del Piave] …
…La Fossa Rabeda, menzionata nel diploma di Berengario I scorreva dal territorio di Budrione, attraversava quello di Fossoli e dopo aver raccolto le acque del canale o mucla di Carpi si indirizzava verso Rovereto, proseguendo poi verso la corte di Mercoriatico (ovvero Sant’Antonio in Mercadello). L’etimo del nome è quindi da riconoscere in Rabeda e non Raveda, ora proposta come rabbiosa. Sta a significare un corso d’acqua con portata discontinua a causa del flusso idrico variabile, a carattere torrentizio e che alternava a lunghi periodi di secca altri di rapide e vorticose piene. Le caratteristiche idrografiche riportate, la morfologia del territorio, non ultime le immagini satellitari, inducono a ritenere che la Fossa Rabeda fosse il relitto del fiume (Rio) Tresinaro, presente in quei luoghi già in età romana e particolarmente attivo, nonché contenuto in un unico alveo, per tutto l’Alto medioevo. Sempre la morfologia del territorio, ragguagliata ai documenti medievali, fanno ricondurre la Fossa Rabeda da Rovereto sino a San Possidonio, sulla sommità del dosso tuttora ben evidente, coincidente con la via Matteotti, che congiunge la località Pioppa a San Possidonio.
La struttura del dosso fa inoltre ipotizzare che il corso d’acqua abbia avuto contenute arginature e un’area di espansione per superare il dosso antico del Gabellus. Su questa espansione è sorto l’abitato di San Possidonio. La Fossa Rabeda, oltrepassata quest’ultima emergenza, si è diretta (o è stata condotta?) verso la bassura a nord, che aveva ospitato sino al IX secolo un lago (il Laco Azoni trattato in precedenza), colmandola e defluendo verso il Bondeno, a nord di Quarantoli.
La frazione di Fossa sorge appunto, confortato in ciò anche dalle immagini satellitari, sui depositi alluvionali trasportati da questo fiume appenninico, che era attivo in zona fino al primo quarto del secolo XIII, mentre non compare più nella seconda metà dello stesso secolo. Il dosso di Fossa coincide con le vie Martiri della Libertà e Nocedella. La causa di ciò è da imputare al nuovo corso del Secchia che, nel medesimo periodo, sommergeva l’insediamento di Santo Stefano, mentre il Tresinaro veniva inalveato per Novi. La denominazione di Fossa, intesa come frazione di Concordia s/Secchia, è ciò che si è probabilmente conservato della Fossa Rabeda. Infine il Tresinaro venne, nel 1315, immesso in Secchia presso Rubiera, con deviazione del suo alveo in località Fellegara (frazione di Scandiano).
[1] A volte, la non corrispondenza fra la toponomastica ufficiale e l’attuale realtà, costringe ad apportare aggiornamenti (anche ironici), come la proposta di un abitante della val Seriana, suggerita nel corso di una trasmissione radiofonica, di rinominare il proprio paesello, “Trombate sul Serio”.