I Santi de “Al Barnardon” dal 10 al 16 Aprile
10 aprile
Sant’Apollonio visse nel II secolo. Di lui si conoscono solo gli atti del processo a cui fu sottoposto. La sua unica colpa fu di confessarsi cristiano e di non ritrarre. Nell’interrogatorio fu preso talmente a benvolere dall’accusatore che questi quasi si scusò di dover applicare la legge che l’avrebbe condannato a morte ed alla fine gli diede una morte veloce.
11 aprile
Il s. Tiberio del IV secolo, fu un giovanetto francese della regione di Adge denunciato dal padre. Subì un martirio lungo e doloroso assieme a Modesto, suo precettore, e a Fiorenza, una donna che aveva convertito in prigione.
12 aprile
Alfiero nacque a Salerno nel 930 da una nobile famiglia ed intraprese una carriera diplomatica. Si fece monaco a Cluny, in Francia, dopo aver avuto la grazia di una guarigione da una grave malattia. Nelle nuove vesti si fece onore e venne richiamato a Salerno dove gli affidarono il compito di riformare i monasteri campani, impresa che non gli riuscì per la troppa resistenza della chiesa locale. Ormai anziano, si ritirò in eremitaggio sul monte Fenestra e a poco a poco altri fedeli si unirono a lui, fino a fondare il monastero della S. Trinità di Cava de’ Tirreni, destinato a divenire importante. Morì nel 1050, a 120 anni se le date sono esatte.
13 aprile
Sant’Orso, vescovo di Ravenna del IV secolo, nacque in Sicilia da una famiglia nobile ma dovette fuggirne per evitare le ire del padre pagano. Divenuto vescovo di Ravenna fondò molte chiese, quasi tutte dedicate a santi siciliani, come le chiese di sant’Agata, s. Lucia e sant’Eupla. Trasferì la sede vescovile dalla pineta di Classe al centro della città, in mezzo al popolo e costruì una chiesa grandissima che conteneva tutti i fedeli della diocesi e che venne chiamata chiesa di Orso. Qui rese l’anima a Dio nel 398.
14 aprile
Panacea nasce a Quarona (cittadina tra Borgosesia e Varallo) nel 1368 ed è presto orfana di mamma. Papà si risposa con una certa Margherita, anch’essa vedova e con una figlia, e per la piccola cominciano i guai. Matrigna e sorellastra si coalizzano infatti contro di lei, riservandole i lavori più pesanti e umili, deridendola per la sua pietà, contestando i suoi gesti di carità. Le biografie, infatti, concordano nel descrivere Panacea come una fanciulla che prega molto, si prende cura dei malati e soccorre i poveri: una cristiana autentica,dunque, che per di più sopporta con eroica pazienza le cattiverie con cui ogni giorno è bersagliata in casa. Panacea, dunque è molto di più della scialba “Cenerentola”, vittima di una gelosia familiare o di una semplice antipatia. Contro questa ragazzina che vive con semplicità, ma anche con intensità, la sua fede è in atto una vera e propria persecuzione “casalinga”, che raggiunge il suo culmine in una sera della primavera 1383. Panacea, che ha 15 anni e quindi non è più una bambina, non torna quella sera dal pascolo con la puntualità che la matrigna pretende. Con la rabbia in cuore e il risentimento di sempre quest’ultima va a cercarla e la trova nei pascoli che sovrastano Quarona. e la sua ira si scatena constatando che Panacea sta ancora pregando. L’ira, si sa, è sempre cattiva consigliera, e la donna passa facilmente dalle parole ai fatti, colpendo ripetutamente la ragazza con un oggetto contundente, forse un fuso o un bastone trovato sul posto, fino ad ucciderla. Forse è davvero un omicidio preterintenzionale, perché nessuno è autorizzato a pensare che l’astio della matrigna potesse in realtà nascondere il desiderio di ucciderla. Lo dimostra anche il fatto che la matrigna, in preda alla disperazione per quanto compiuto, va subito a suicidarsi, gettandosi in un vicino burrone. Per Panacea, invece, scoppia la devozione popolare, perché la gente vede nella sua morte un autentico martirio. La salma viene portata a Ghemme, per essere sepolta accanto alla sua mamma che l’aveva lasciata orfana troppo presto.
15 aprile
Santa Grata visse tra l’VIII e il IX sec. e sarebbe stata figlia di un certo Lupo, duca di Bergamo, vinto e convertito alla fede cattolica da Carlo Magno. Con l’aiuto della sua potente famiglia e di altri nobili di Bergamo, avrebbe edificato una chiesa su ognuno dei tre colli della città e cioè: S. Eufemia, S. Giovanni e S. Stefano ossia del S. Salvatore. Per alcuni secoli il corpo di Grata rimase sepolto fuori le mura in Borgo Canale, nella chiesa dell’ospedale a lei stessa attribuito (detta di S. Grata) sulla quale doveva sorgerne un’altra nel sec. XVIII, con il nome di S. Grata inter vites. Il 9 agosto 1027, per opera del vescovo Ambrogio II (alcuni pensano ad Ambrogio III) le spoglie vennero solennemente traslate entro le mura, nella chiesa di S. Maria Vecchia, che fu poi detta di S. Grata alle Colonnette.
16 aprile
Santa Pasqua.
La Santa Pasqua per ogni cristiano rinnova il Sacrificio supremo di Cristo, che ci consente di attraversare misticamente il mar Rosso per morire realmente alla nostra condizione di peccato e risorgere alla nuova dimensione della Grazia.
Pasqua/passaggio che si realizza con l’invito alla Cena dell’Agnello, dove gustiamo il corpo e il sangue di Cristo offerto sull’altare della Croce per la nostra vita. In questo mirabile banchetto vespertino veniamo protetti dalla distruzione, come gli ebrei che, nella notte di Pasqua, unsero le architravi delle loro abitazioni per essere risparmiati dalla morte.
In questo evento salvifico del popolo d’Israele è prefigurata la nuova Alleanza, in cui Cristo nostra Pasqua, agnello immolato, vero pane azzimo, si offre per noi e, come vera vittima sacrificale, rompe le porte dell’inferno, salva l’uomo dalla sua prigione e lo restituisce alla Vita. Sembra un sogno… Ora, a causa di una colpa che la Chiesa definisce “felix”, fortunata, l’uomo merita un così grande Redentore!