Lodovico Molinari 1991 – Cosa mangeremo nel 2000

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Mala tempora currunt!

Molti si preoccupano di quanto accadrà in Europa nel 1992 sulla libertà di stabilimento dei commerci e delle industrie e sui mercati; io per ora mi preoccupo di cosa mangeremo nel 2000!

A Parigi si è aperto il Salone internazionale dell’alimenta­zione e vi assicuro che c‘è poco da stare allegri.

Erano presenti quattromila espositori provenienti da oltre 70 paesi e la tendenza comune era di evidenziare l’evoluzio­ne del mangiare nonché la ricerca di nuovi piatti.

Ne sono stati presentati cinquecento e sono stati attribuiti parecchi premi.

Tra essi un piatto di tacchino e maiale a pezzettini, chia­mato con un nome (chissà perché) italo-inglese: «pronto-cuoci- pizzy-snack». Lo fabbrica la Società Agricola Italiana Alimen­tari.

Secondo i tecnici, settanta prodotti su cento che mangere­mo nel Duemila non sono ancora stati inventati, ma certamen­te dovremo abituarci alla aggressiva presenza di cibi precotti o preconfezionati.

Si pensi che gli esperti hanno calcolato che il tempo per la preparazione dei pasti dedicato ogni giorno in famiglia, verrà ridotto dalle attuali tre ore a poco meno di trenta minuti.

E ciò grazie ai piatti pronti, che basterà solo riscaldare.

Quasi tutte le donne oggi lavorano fuori casa e non hanno più molto tempo da dedicare ai fornelli.

Si mangerà meno di prima e a quanto pare meno bene, men­tre già si constata il moltiplicarsi delle tavole calde e soprat­tuto dei fast-food.

Tra i nuovi prodotti presentati al Salone figuravano suc­chi di frutta senza zucchero e parecchi prodotti «alleggeriti» cioè con poca materia grassa e poche calorie tra cui yogurt, burro, formaggi e persino una bistecca e prosciutto magro in­sapore.

A Parigi hanno successo i prodotti dietetici perché molte persone sorvegliano la propria alimentazione con masochisti­co piacere: ma — ditemi voi — senza neppure una buona ta­vola cosa ci lascerà il piacere della vita?

Al Salone gli americani hanno presentato il vino della Ca­lifornia, analcoolico, che il suo fabbricante non ha però osato definire «vino» cosicché sulle bottiglie c’era solo l’indicazione « rosso-rosato-bianco ».

Insomma non mi pare un futuro gastronomico molto esal­tante.

Se vorremo gustare cibi freschi e genuini vuoi vedere che ci toccherà di rispolverare l’orticello di guerra di così infau­sta memoria?

Diamoci una regolata ed affoghiamo il dispiacere del futu­ro gastronomico in un bicchiere di quello buono.

Abbiniamoci uno stuzzichino fatto di gusto per­sonale e di fantasia a base di sottoaceti e dadini di prosciutto, mezzo uovo sodo con un filetto d’acciughe e sorridiamo al 2000: forse i nostri figli ci daranno ragione.

Tratto da: Gustose storie di gastronomia.

Autore Vico Molinari

Anno 1991

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