Maurizio Bonzagni – STORIA DEI FIUMI DELLA BASSA MODENESE
Riportiamo un riassunto della presentazione del 3 marzo 2025 presso la Sala Trionfini nell’ambito dei corsi dell’Università della Libera Età “Bruno Andreolli”.
STORIA DEI FIUMI DELLA BASSA MODENESE
di Maurizio Bonzagni
La storia del nostro territorio tra Secchia e Panaro è una storia di lotta contro le grandi quantità di acque che scendono dagli Appennini e che qui tenderebbero a rendere tutto un immenso acquitrino.
Qui il Po, il fiume collettore che porta tutte le acque padane al mare, passa molto più vicino alle Alpi che agli Appennini con la conseguenza che la pianura a sud di esso si è creata per ultima, riempita dai sedimenti trasportati da fiumi che scendevano da monti molto lontani, quando ormai avevano perso gran parte dei loro detriti più grossolani. Una pianura originata quindi dai soli sedimenti più fini, limo e argilla, in un lento processo che ha generato una valle con una bassissima pendenza. Un suolo compatto dunque, poco drenante, con una bassa pendenza. Senza l’intervento dell’uomo le acque arrivate qui ristagnano e la condizione naturale è quella di una grande palude.
Questa è la premessa di base per capire la nostra storia.
La stessa situazione è ancora oggi immutata, dopo un lungo percorso i nostri fiumi appenninici ricchi solo delle polveri più fini devono attraversare una valle piatta che rallenta il loro corso, diminuendo la loro capacità di trasporto e permettendo il deposito di limo e argilla, alzando continuamente il loro alveo. I nostri fiumi sono infatti pensili, il loro letto cioè è più alto del terreno circostante e in continua crescita. Arrivati qui i fiumi rallentano, il livello dell’acqua di conseguenza cresce, il fondo si alza, occorrono argini possenti per impedire le esondazioni nei periodi di piena, e spesso non è bastato. Nemmeno i moderni grandi vasi di espansione costruiti a monte dei due grandi fiumi e l’introduzione di ampie golene sarebbe stato sufficiente a scongiurare il rischio di allagamenti se in passato non si fosse razionalizzato il flusso e i corsi delle nostre acque con grandi opere.
Tutta la valle ha una lieve pendenza verso est. Il corso dei fiumi che la attraversano, Secchia compreso, scendendo dagli appennini tenderebbero naturalmente a riversarsi tutti verso la zona più bassa, il punto di convergenza di tutte le acque, Bondeno.

Carta morfologica della pianura tra Secchia e Panaro
In linea d’aria la distanza tra Concordia e Bondeno è di 35 km. Da notare come in un tratto di venti chilometri si passi solo da 11 a 9 metri di altitudine.
In un remoto passato tutti i fiumi si riversavano a est seguendo la naturale pendenza del terreno, sfociando sul Po di Ferrara nei pressi appunto di Bondeno.

Schizzo di Mauro Calzolari – I sec. d.C.
Il Po passava da Gonzaga molto più a sud di oggi per scendere poi verso Ferrara e dividersi infine su due rami per raggiungere il mare, il Po di Volano a nord e il Po di Primaro più a sud.
Su Bondeno convergevano tutti i diversi corsi d’acqua. Il Bondeno/Burana, una coppia di fiumi che da Reggio viaggiavano paralleli per unirsi, separarsi e unirsi di nuovo, creando isole fluviali, acquitrini e piccoli laghi. Su Bondeno arrivavano anche il Crostolo/Gabellus (fiume che ha generato il dosso di Gavello), il Secchia con il suo delta di fiumi: Sicla, Muclena e Acqualonga, il torrente Formigine passante per Modena e lo Scoltenna (l’antico nome del Panaro). Lo stesso Reno confluiva nel Po non molto distante.
Una massa d’acqua enorme che poneva il centro abitato di Bondeno in costante pericolo di inondazione.

Mappa Calzolari – Sec. IX-XII
Il nome Panaro compare per la prima volta in un documento solo nell’VIII secolo, probabilmente come un ramo secondario del fiume Scoltenna ma lentamente ne diviene il ramo principale dal momento che Il nome Scoltenna scompare dai documenti a partire dall’XI secolo.
Nel 1152 succede una catastrofe epocale, il Po rompe a Ficarolo e si crea una via diretta al mare, travolgendo terre e villaggi sul suo percorso.

Pianura orientale Sec XIII-XIV
Il ramo verso Ferrara diviene secondario, condannando la ricca città fluviale ad un futuro meno da protagonista di come invece era stato fino ad allora. La portata d’acqua sul Po di Ferrara non è più sufficiente a trasportare i numerosi detriti portati a Bondeno dal fascio di fiumi che lì avevano sbocco sul Po. Lentamente i depositi ostacolano il flusso creando una barriera e nel giro di pochi decenni costringe le acque in entrata ad invertire il corso su quel tratto di Po dirigendosi a nord verso Ficarolo/Stellata. Il Burana diviene di fatto un affluente del Panaro e, non immettendosi più direttamente sul grande fiume, diviene responsabile di forti esondazioni su Bondeno. È solo il 1282 quando viene eseguito il primo tentativo di domare la furia di tutte queste acque intervenendo nel punto più critico con la costruzione della Chiavica della Bova, una chiusa che regolava il flusso del Burana sul Panaro, chiudendola nei momenti più critici. Alleviando così la situazione di Bondeno ma condannando le terre a monte del Burana ad inesorabili allagamenti nei momenti di piena. Non trascurabile è il fatto che Bondeno apparteneva agli Este di Ferrara mentre i territori a monte del Burana appartenevano invece ai Gonzaga di Mantova.

Chiavica della Bova

Chiavica della Bova
Il manufatto rimane attivo fino alla fine dell’800, demolito nel 1904, ricostruita tre volte per adattare la chiusa al crescere del letto del Panaro, dagli originali tre metri si dovette alzarla fino a sette metri.
Nell’alto Medioevo era essenziale per una città avere una via d’acqua al Po, indispensabile per il commercio con il resto dell’Italia settentrionale, vitale per la propria economia. La via per terra attraversava acquitrini, boschi con il pericolo del brigantaggio, su strade poco manutenzionate di difficile percorrenza. Con una chiatta via fiume il trasporto di merci oltre che più sicuro e rapido era anche più economico in quanto con un solo cavallo o un bue trascinando anche controcorrente una imbarcazione si calcola una resa di 500 volte superiore rispetto al peso trasportato dallo stesso animale su ruote.
Modena non poteva utilizzare il Panaro per i suoi commerci in quanto questo attraversava terre possedute dall’abbazia di Nonantola e fu quindi costretta ad allargare l’alveo del Torrente Formigine rendendolo navigabile e sfruttare le sue acque, anche se povere, per raggiungere il Po. Questo fu per lungo tempo motivo di contrasto tra l’Abate di Nonantola e Modena con il Vescovo prima e il Comune poi. Nonostante l’alleanza che Nonantola fece con i bolognesi per difendersi Modena riesce a prevalere nel 1248 espugnando la cittadina. Ciò permette al Comune di far convogliare le acque del Panaro sul proprio Naviglio deviando il fiume a Bomporto. Già a partire dal 1289 iniziano a far convogliare le acque del Panaro nel Naviglio Modenese per far poi abbandonare completamente il vecchio corso del fiume per Crevalcore nel 1347.

M. Calzolari – Antico percorso per Crevalcore del Panaro
Si pone però il problema alla navigazione del diverso livello delle acque tra il Naviglio di Modena e il Panaro. Viene risolto costruendo nel 1432 una conca, o sostegno, a Bastiglia, un manufatto innovativo che attraverso delle chiuse consentiva di livellare le acque di volta in volta al Naviglio o al Panaro in un bacino artificiale, permettendo ad una imbarcazione di proseguire il proprio viaggio. Primo manufatto del genere in Italia e probabilmente nell’intera Europa. Oggetto di studio da parte di Leonardo da Vinci nel ‘500 che poi realizzò i Navigli di Milano quando si ritrovò al servizio di Ludovico il Moro. Il Sostegno di Bastiglia venne successivamente sostituito dal duca d’Este nel 1773 con un manufatto più moderno a Bomporto, adottando le Porte Vinciane ideate da Leonardo, tutt’ora ammirabile. La conca di Bastiglia verrà interrata nel 1932, creando l’enorme piazza della Repubblica al centro del paese.

Sostegno di Bastiglia

Sostegno di Bomporto

Carta geomorfologica in microrilievo
Quest’ultima carta è una carta altimetrica in microrilievo realizzata dall’Istituto di Geologia dell’Università di Modena a fine anni ‘80. In questa mappa sono evidenziati in rosso rilievi di alcuni metri rispetto al territorio circostante trasversalmente alle linee di livello, i dossi, le tracce lasciate dagli antichi corsi d’acqua. Rivelandoci con precisione tutta la storia dei nostri fiumi.
Per renderla meglio comprensibile sono evidenziati gli attuali percorsi del Secchia, del Panaro oltre ad un tratto del Po e del Reno.
I fiumi che nel passato hanno percorso questa parte di pianura di bassa pendenza come abbiamo già sottolineato avevano la caratteristica di una bassa velocità e quindi di una scarsa capacità di trasporto che portava a innalzamenti dei letti fluviali per deposito dei loro sedimenti. Depositi altamente compatti di limo e argilla avendo ormai perso i detriti più grossolani. Nelle centinaia di anni che ci hanno preceduto le continue esondazioni di fiumi quasi privi di argini, facevano espandere lateralmente le proprie acque perdendo ulteriormente velocità e depositando le polveri fini anche ai lati del letto fluviale, determinando nel tempo un innalzamento del terreno circostante. Una volta abbandonato l’alveo per nuovi percorsi lasciava quindi strisce di terreno più alte di qualche metro, larghe anche per diverse centinaia di metri, i dossi. Tramandandoci la traccia del loro antico percorso.
Nella mappa si riconosce bene il percorso che aveva il ramo principale del Secchia. Dall’odierno San Martino Secchia deviava verso est per Medolla, San felice, Massa Finalese, Finale Emilia, disegnando poi un’ampia ansa per Scortichino e arrivare a Bondeno.
Il Naviglio di Modena è attestato in antica pergamena del 1198 passare per Massa Finalese. I modenesi avevano cioè inizialmente scavato un canale per sfruttare le acque del Secchia per la loro via al Po. Si vede bene sulla mappa il dosso che da Solara punta infatti verso San Felice. Nel 1213 l’abitato di Finale venne addirittura spostato per porlo sul Naviglio a difesa del loro corso d’acqua. Precedentemente sorgeva nell’odierna località di San Lorenzo, qualche chilometro più ad ovest, in molti documenti citata come San felice Vecchia, sede di una Pieve dedicata a San Lorenzo.

Ricostruzione di Loreno Confortini – Finale Emilia fine 1500

Finale Emilia inizio ‘900

Finale Emilia inizio ‘900
Successivamente al cambio di percorso del Secchia verso nord e al conseguente impoverimento delle acque sul ramo per Bondeno i modenesi furono costretti a creare una via d’acqua alternativa, allargando l’alveo del Formigine, più diretto da Solara a Finale Emilia. Corso che successivamente diverrà il Panaro una volta convogliate in esso le acque del fiume a Bomporto nel 1347. Il “drizzagno” del corso del fiume per tagliare l’ampia ansa per Scortichino è voluta dal Duca d’Este solo nell’anno 1800. Questa antica ansa, prima del Secchia, poi del Naviglio Modenese e infine del Panaro, è oggi utilizzata dal canale Diversivo con la idrovora a Santa Bianca per immettere le sue acque di scolo nel Panaro.
Bene evidenziato sulla mappa è anche il cosiddetto Dosso di Gavello. Creato dall’antico percorso del Crostolo, fiume che probabilmente coincideva con il più antico nome romano di Gabellus. Un innalzamento dall’acquitrino imperante che ha permesso la nascita di molti dei primi insediamenti della zona: Cividale, Quarantoli, Gavello, San Martino Spino, Gavello di Bondeno e Bondeno.
Sulla mappa si riconoscono inoltre i vari dossi dell’antico percorso del Panaro che dal sud della mappa (Crevalcore esce dal suo perimetro) si dirigevano in direzione della solita Bondeno.
Uno scritto del 1056 ci rivela che il Secchia rompe a Rocaglia, una antica località sede di una delle prime Pievi del territorio modenese, dedicata a San Silvestro. Nella odierna località di San Silvestro di San Prospero, dove scavi archeologici di qualche decennio fa ne hanno identificato l’esatta ubicazione. Pieve nel medioevo era la chiesa che possedeva il battesimale da cui dipendevano tutte le altre chiese parrocchiali della Curie.
Dopo la rotta il Secchia scorre libero per qualche centinaio di anni segnando sulla mappa vari dossi, con il ramo principale che va verso nord e biforcarsi a Pioppa, con uno dei due rami passante per San Possidonio. Da notare la località di Forcello il cui nome è presumibile derivi appunto da questa antica biforcazione del fiume.
Un dosso del Secchia, libero di trovarsi da solo gli alvei più naturali, è interessante notare che attraversa il luogo dove oggi sorge Mirandola. Nata nello stesso periodo anche se non vi è una data sicura della sua fondazione, il primo documento certo della sua esistenza è solo del XIII secolo anche se è citata in un paio di documenti molto più antichi ma con dubbi di omonimia o di falsità.
Proseguendo verso nord il Secchia crea vari dossi, il percorso più probabile è quello che passa per San Giacomo delle Segnate e Poggio Rusco per poi riversare le proprie acque nell’acquitrino imperante a sud del Po.
La volontà di incanalare le sue acque scavando un unico percorso verso nord è citata in un primo documento del 1336 ma solo nel 1360 si ha la menzione del passaggio per Quistello andando a sfociare nel Po collegandosi all’ultimo tratto dell’antico alveo del Po Vecchio che passava da Gonzaga.
Nello stesso documento del 1360 è poi nominata per la prima volta Concordia, voluta dai Pico nel punto in cui il fiume, a seguito dei lavori di incanalamento, diveniva navigabile. Alla ricerca di una loro via d’acqua al Po.
Il nuovo percorso del Secchia taglia il fiume Burana che da Reggio arrivava a Bondeno, divenendo un semplice canale di scolo alla destra del Secchia mentre a sinistra tutto diviene un immenso acquitrino paludoso. Scompare così la località di Santo Stefano, poco distante da Concordia ma alla sinistra del Secchia, sede della più antica Pieve attestata dell’intera provincia di Modena. L’ultima menzione della località, immersa tra le paludi, la ritroviamo in un documento di fine ‘400.
In basso a destra della mappa in microrilievo si nota infine l’antico dosso del Reno verso nord, per sfociare sul Po di Ferrara all’altezza di Vigarano Mainarda. L’attuale percorso verso est, con una drastica curva un po’ innaturale, è relativamente recente, a seguito della rotta Panfilia del 1714, dal nome di una antica villa del luogo. La bonifica dell’acquitrino generatosi dalla rotta è da voluta poco tempo dopo da Papa Benedetto XIII, la cui famiglia era proprietaria di terreni nella zona devastata. Si scava un cavo, detto appunto Benedettino, che congiunge il fiume al vecchio percorso del Po che scendeva da Ferrara, il Po di Primaro.

Cavo Benedettino su mappa del 1603
Sulla mappa in microrilievo all’altezza della curva verso est del Reno si riconosce il Cavo Napoleonico che viene costruito allo scopo di drenare le acque del Reno nei periodi di piena, alleviando la pressione che il fiume ha su questa stretta variazione di percorso. Si deve infatti attendere Napoleone per superare la secolare segmentazione del territorio che da sempre ha impedito la ricerca di soluzioni definitive. I Pico di Mirandola, gli Este di Modena, i Gonzaga di Mantova, il Papa a Ferrara e i Bentivoglio di Bologna prima e il Papa poi hanno sempre inseguito soluzioni locali per il solo proprio tornaconto. Napoleone non riesce però ad ultimare l’opera per la caduta del suo impero ma il Regno d’Italia riprende però subito l’impresa ultimandola, decidendo però di non far confluire il cavo sul Panaro, come era nell’originale progetto, ma deviandolo per farlo sfociare nel Po, come si può facilmente dedurre osservando la mappa. Non sarebbe stato infatti efficace sottrarre le acque di piena del Reno per farle confluire nel Panaro che probabilmente sarebbe stato trovato in piena nello stesso periodo.
L’altro intervento degli ingegneri di Napoleone è sul secondo punto più nevralgico, la confluenza del Burana nel Panaro. La chiavica della Bova per chiudere la sua immissione nei momenti di piena non è certamente la migliore soluzione e si interviene quindi costruendo una “botte”, per passare sotto al Panaro, la Botte Napoleonica. La costruzione viene conclusa ma non il canale di disimpegno delle acque, di nuovo ultimato dopo l’unità d’Italia scavando il Canale Collettore che congiunge il Burana al vecchio alveo del Po di Volano passando per Ferrara. Sottraendo così finalmente le sue acque al comprensorio di Bondeno.
Siamo così arrivati alla situazione di oggi:

Situazione odierna

Oggi e antichi percorsi
Il Po non passa più per Gonzaga e non scende più su Ferrara per diramarsi sul Po di Volano e di Primaro per raggiungere il mare. Il Secchia non passa più per Medolla e Finale, Il Panaro non va più per Crevalcore e il Reno non sfocia sul Po a Vigarano Mainarda.
Tutto grazie all’opera e alla fatica di migliaia di uomini che anticamente fino a tempi più recenti hanno mosso montagne di terra con il solo utilizzo di badili e carriole.
Scariolanti

Scariolanti
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