Giochi d’una volta – La Plosa
LA PLOSA
Bastava un piccolo cumulo di sabbia secca, un pezzetto di filo di ferro e l’infinita fantasia di tanti ragazzini smaniosi di divertirsi in ogni modo a far trascorrere alcune ore in allegria.
La plosa era un filo di ferro di dieci-quindici centimetri con uno dei capi ripiegato su sé stesso a formare una piccola asola; aveva un vago aspetto di un grosso ago. A rotazione veniva lanciato nella sabbia; appoggiando la punta su varie parti del corpo e un dito sull’asola, si dava una spinta forte e istantanea per farlo conficcare nella sabbia di punta ed il più profondamente possibile. Siccome l’estrazione della plosa dalla sabbia doveva essere fatta dall’avversario solo con la bocca e solo toccando l’asola, è facile comprendere quanto fosse importante lanciare bene e forte.
Se l’attrezzo si stendeva nella sabbia o, addirittura, si conficcava capovolto, era necessaria una lunga e paziente operazione di “soffiaggio”. Una infinita serie di soffi ben direzionati e molto vicini portava via la sabbia dalle vicinanze dell’asola fino a scoprirla di quel tanto che le labbra avrebbero potuto raccoglierla e alzarla definitivamente. Quanta sabbia finisse in bocca e negli occhi facendo questo gioco è facile immaginare se poi si aggiunge qualche scappellotto scherzoso nel momento in cui si stava raccogliendo la plosa a bocca aperta, si ha la motivazione precisa del fatto che questo passatempo non abbia avuto lunga vita.
Giocammo per poche estati ma c’era troppa sabbia tra i denti per continuare a divertirci in quel modo; non ricordo di aver visto le generazioni successive a riprendere questo gioco.
Tratto da: Fotogrammi Ingialliti
Autore: Claudio Malagoli
A cura del Centro Studi Storici Nonantolani
Anno 2011