Alcune curiosità sull’antico forno a legna

Alcune curiosità sull’antico forno a legna

21 Marzo 2025 0

Alcune curiosità sull’antico forno a legna.

FORNO, CAMINO, STUFA

Forno, camino, stufa: elementi che si trovano anche oggi nelle nostre case, ma completamen­te «meccanicizzati» e «modernizzati», tanto da non aver più nulla in comune con gli antichi mezzi di riscaldamento che le nostre nonne usa­vano.

Il classico forno a legna poi, rimasto immuta­to nelle sue strutture per millenni, si trova ormai raramente solo in montagna o in qualche caso­lare di campagna, testimone di una tradizione e di una civiltà che sta scomparendo II forno ca­salingo privato era una costruzione a sé, stac­cata dalla abitazione, sia per evitare il grande calore che sviluppava sia per la necessità di spazio che richiedevano le manovre di riscalda­mento e cotture. Costruito con pietre refrattarie aveva spesso l’aspetto di un tempietto e tale era considerato sia perchè permetteva di cuo­cere il pane (cibo allora raro e prezioso) sia per­chè attorno ad esso si erano formate supersti­zioni e leggende da creargli un alone di sacrali­tà e ritenerlo persino capace di guarire certe malattie.

I neonati affetti da rachitismo o non comple­tamente sviluppati anatomicamente che col passar del mesi assumevano un aspetto da vec­chietto raggrinzito (malattìa chiamata volgar­mente «al scimiot»), da qualche guaritore od esperto si riteneva fosse utile metterli nei forno affinché il calore che aveva II potere di far lievi­tare il pane, «lievitasse» in loro la forza neces­saria ad irrobustirsi. Il bambino sofferente veni­va adagiato sulla pala del pane, poi introdotto nel forno tiepido (dopo la cottura del pane) ed estratto soltanto dopo aver pronunciato la for­mula propiziatoria «fasa, desfasa, scimiot mai più», che aveva iI compito di esorcizzare il male. L’operazione veniva ripetuta tre volte.

Tornando all’uso normale del forno, è bene conoscere che era estremamente importante saperlo preparare. II «fuochista» doveva con fa­scine riscaldarlo fino a rendere quasi bianca la volta del forno che era naturalmente «nerastra» e chiamata «cielo». Terminata «l’infurnada« l’addetta alla cottura faceva con la pala un am­pio segno di croce davanti alla bocca del forno; quindi richiudeva in fretta con il coperchio me­tallico che veniva a sua volta sigillato con ster­co bovino (buaza) che per le sue proprietà rasso­danti era usato in campagna non solo per chiu­dere il forno, ma anche le fessure delle porte o delle finestre delle stalle per evitare gli spifferi invernali. Dopo la cottura del pane, il forno, es­sendo ancora caldo, veniva usato per cuocere la “stria” un gnocco ricavato dai resti della pa­sta di pane con l’aggiunta di un pò di strutto e cosparso di sale grosso.

Come mai questo nome maligno per una co­sa cosi buona e che qualche fornaio locale ancora oggi propone? L’origine deriva dalla «stria» che la massaia confezionava quando era in uso invocare e propiziare gli spiriti del fuoco, prima della cottura del pane, modellando con un pò di pasta da pane una figurina stilizzata (la strega) buttandola con disprezzo nel forno per allonta­nare «al malòc» che avrebbe potuto rovinare l’infornata. A fine cottura-pane «la stria» tutta secca e bruciacchiata, ma purificata dal fuoco, veniva tolta e data ai ragazzi che se la sgranoc­chiavano felici

Tante sono le credenze popolari e superstiziose legate al fuoco, al pane, al forno, alla tavo­la non ci devono stupire ma solamente farci comprendere come la gente semplice, avesse affidato ad esse in ogni momento (a braccetto con la religione o in alternativa) le proprie spe­ranze in un domani migliore. 

Tratto da “La Finestra”

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