Alcune curiosità sull’antico forno a legna
Alcune curiosità sull’antico forno a legna.
FORNO, CAMINO, STUFA
Forno, camino, stufa: elementi che si trovano anche oggi nelle nostre case, ma completamente «meccanicizzati» e «modernizzati», tanto da non aver più nulla in comune con gli antichi mezzi di riscaldamento che le nostre nonne usavano.
Il classico forno a legna poi, rimasto immutato nelle sue strutture per millenni, si trova ormai raramente solo in montagna o in qualche casolare di campagna, testimone di una tradizione e di una civiltà che sta scomparendo II forno casalingo privato era una costruzione a sé, staccata dalla abitazione, sia per evitare il grande calore che sviluppava sia per la necessità di spazio che richiedevano le manovre di riscaldamento e cotture. Costruito con pietre refrattarie aveva spesso l’aspetto di un tempietto e tale era considerato sia perchè permetteva di cuocere il pane (cibo allora raro e prezioso) sia perchè attorno ad esso si erano formate superstizioni e leggende da creargli un alone di sacralità e ritenerlo persino capace di guarire certe malattie.
I neonati affetti da rachitismo o non completamente sviluppati anatomicamente che col passar del mesi assumevano un aspetto da vecchietto raggrinzito (malattìa chiamata volgarmente «al scimiot»), da qualche guaritore od esperto si riteneva fosse utile metterli nei forno affinché il calore che aveva II potere di far lievitare il pane, «lievitasse» in loro la forza necessaria ad irrobustirsi. Il bambino sofferente veniva adagiato sulla pala del pane, poi introdotto nel forno tiepido (dopo la cottura del pane) ed estratto soltanto dopo aver pronunciato la formula propiziatoria «fasa, desfasa, scimiot mai più», che aveva iI compito di esorcizzare il male. L’operazione veniva ripetuta tre volte.
Tornando all’uso normale del forno, è bene conoscere che era estremamente importante saperlo preparare. II «fuochista» doveva con fascine riscaldarlo fino a rendere quasi bianca la volta del forno che era naturalmente «nerastra» e chiamata «cielo». Terminata «l’infurnada« l’addetta alla cottura faceva con la pala un ampio segno di croce davanti alla bocca del forno; quindi richiudeva in fretta con il coperchio metallico che veniva a sua volta sigillato con sterco bovino (buaza) che per le sue proprietà rassodanti era usato in campagna non solo per chiudere il forno, ma anche le fessure delle porte o delle finestre delle stalle per evitare gli spifferi invernali. Dopo la cottura del pane, il forno, essendo ancora caldo, veniva usato per cuocere la “stria” un gnocco ricavato dai resti della pasta di pane con l’aggiunta di un pò di strutto e cosparso di sale grosso.
Come mai questo nome maligno per una cosa cosi buona e che qualche fornaio locale ancora oggi propone? L’origine deriva dalla «stria» che la massaia confezionava quando era in uso invocare e propiziare gli spiriti del fuoco, prima della cottura del pane, modellando con un pò di pasta da pane una figurina stilizzata (la strega) buttandola con disprezzo nel forno per allontanare «al malòc» che avrebbe potuto rovinare l’infornata. A fine cottura-pane «la stria» tutta secca e bruciacchiata, ma purificata dal fuoco, veniva tolta e data ai ragazzi che se la sgranocchiavano felici
Tante sono le credenze popolari e superstiziose legate al fuoco, al pane, al forno, alla tavola non ci devono stupire ma solamente farci comprendere come la gente semplice, avesse affidato ad esse in ogni momento (a braccetto con la religione o in alternativa) le proprie speranze in un domani migliore.
Tratto da “La Finestra”