Ado Lazzarini – Al Filò
Il dialetto è mantovano, essendo l’autore di Poggio Rusco
Al filò
La sera, dopo cena, as lasava andar al fògh e si andava nella stalla al caldo, as fava filò. Gli anziani si coricavano sulla paglia, e ich fava un sunìn, fra le mucche che ruminavano. Le donne, disposte in due file nella corsia della stalla, con ai lati “le poste” delle bestie, lavoravano: chi faceva li scapinèli, chi i calsét con i quattro ferri tenendo il gomitolo nel cavo della sottana, chi rammendava perchè c’era sempre da fare nelle famiglie numerose.
Intanto si chiacchierava: …quello ha detto… l’altro ha fatto… la nebbia che si taglia con il coltello…. l’abbondante nevicata… i lavori da fare. Argomenti ce n’erano sempre. “Questa sera a gh’è Gigi, quél ca conta li fòli“: per alcuni giorni alloggiava in corte, un piatto di minestra calda c’era sempre per lui. La notte dormiva nella stalla, non aveva fissa dimora, non si sapeva da dove venisse, né dove andasse, nessuno chiedeva. Aveva il dono di saper raccontare li “fòli“, dando vita ai personaggi e sapeva mantenere viva l’attenzione per tutta la serata.
Parlava sempre in italiano “C’era una volta…”, l’immaginazione di noi ragazzi volava alta sulle ali della fantasia (ma qual televisioni).
La domenica niente lavoro, si giocava a tombola! Per ogni cartella cinque centesimi (minimo due, massimo sei).
Durante l’estrazione dei numeri si sentivano commenti: …77 li gambi at cli doni... 47 morto che parla… 90 la paura… un quald’un al saltava sempar su.
La domenica passava in allegria, in particolar modo per chi vinceva!.
Anche d’estate (coprifuoco permettendo), si stava alzati la sera, seduti davanti all’uscio di casa, la sedia inclinata indietro contro il muro, oppure sull’erba all’imbocco dello stradello Montefiora, al buio, sotto le stelle e ancor meglio sotto la luna.
Si sentivano le voci, le risate, venire dalla Ca’ Longa o dalla Stropazzara o la voce di uno che in lontananza cantava o i cani che, di corte in corte, abbaiavano.
A gh’era Presipio, così raccontava mio padre, che inginocchiato per terra con le braccia alzate al cielo, con bella voce baritonale, intonava l’aria: “Vien Leonora, ai piedi tuoi…“
Tratto da: Giochi, lavori, ricordi di un tempo
Autore: Ado Lazzarini
Anno: 2017