Venne forse rubato a Mirandola il segreto del cognac?

Venne forse rubato a Mirandola il segreto del cognac?

15 Novembre 2025 0

Venne forse rubato a Mirandola il segreto del cognac?

Erano tempi di ferro: la nostra Penisola ridotta a campo di battaglia fra le opposte fazioni, alleate l’una agli Spagnoli e l’altra ai Francesi.
Lodovico Pico, Vicario Imperiale e Conte della Corte della Mirandola, a metà del secolo XV parteggiava per la Francia ma il ramo cadetto della sua medesima nobile Famiglia parteggiava per gli Imperiali e per il Pontefìce.

Nel 1552 la Mirandola (resa celebre da un suo reggitore, Giovanni Pico, detto la Fenice degli ingegni per la sua portentosa intelligenza e memoria ed allevato quasi figlio alla corte di Lorenzo de’ Medici il Magnifico) era stretta d’assedio da parte dei Francesi dapprima e quindi degli Spagnoli; ma lasciamo un momento le parole a Lodovico Vedriani, celebrato storiografo geminiano del secolo XVII, ricordando altresì come anche Giulio Il della Rovere nell’inverno del 1511 avesse portato a termine vittoriosamente e personalmente un assedio invernale alla città fortificata, avendo salva per vero miracolo la vita
da una palla avversaria.

« Era il mese di giugno — egli scrive sotto la data del 1552 — ed un caldo eccessivo e molti soldati mrivano per l’arsusa, quando (le truppe imperiali), vennero a passare sotto le mura di Modena, poco lontano dalla quale ne nu fu appiccato uno per aver tagliato un poco di fieno al suo cavallo e un altro ucciso per non essere in ordinanza. Non furono tosto passati che i soldati francesi, i quali erano alla Mirandola, si sparsero sul bolognese e per ben due volte fecero gran rappresaglia di bestiame e robe e conducendole sotto la fortezza al campo loro… D’altra parte — annota lo storiografo — se guitando le batterie della Mirandola ma senza frutto, i papalini non tralasciavano di fare molte insolente a nostri contadini sotto pretesto che avessero portato e portassero vettovaglie (ai francesi) . .

I Pico e i loro alleati erano assediati da diverse settimane nel castello mirandolese unitamente ai francesi mentre gli imperiali scorrazzavano nella campagna, assolata e riarsa, senza riuscire ad aprire alcuna breccia sulla fortezza.

Il custode delle capaci cantine della famiglia Pico, a nome Aldrovando, per rincuorare i combattenti aveva « pescato » un liquore, che (fin dagli anni della sua infanzia) andava coltivando con ogni premura in certe botticelle di rovere in un angolo fuori mano.

Come avesse fabbricato quel liquore dalle virtù eccezionali, Aldrovando cantiniere dei Pico, non lo aveva comunicato ad alcuno: aveva pigiato tutto solo certa uva trebbiana, mista al frutto di altri vitigni generosi a frutto bianco; dopo aver lasciato il mosto a bollire per qualche tempo lo aveva successivamente riposto, con un cocchiume a chiusura ermetica, in barilotti di quercia che aveva fatto approntare appositamente contro il parere degli «aiutanti di cucina », che, anzi, se n’erano quasi scandalizzati. Il liquore d’Aldrovando procurò l’effetto sperato; anzi sui soldati d’Oltre Alpi l’effetto fu portentoso alla pari che sui « locali »; con pochi sorsi passati di bocca in bocca essi apparvero rinvigoriti e baldanzosi a tal punto che, usciti in un piccolo drappello a rifornirsi d’acqua e di legna e nonostante che fossero armati soltanto di grosse roncole furono in grado di annientare una intera squadra avversaria, armata di tutto punto.

E fra i combattenti (come annotano le cronache del tempo) si trovava pure quel Giovanni Battista Del Monte, nipote di Papa Giulio III, il quale « nel tornare che faceva da caccia senza farsi riconoscere per generale dell’esercito ma, ambendo, di dimostrarsi gran combattitore, fu divelto da cavallo e per questo vi lasciò la vita ›.

La scaramuccia fu addirittura decisiva per le sorti del conflitto, tanto è vero che tra il Pontefice ed il Re di Francia (Enrico II di Valois) qualche giorno appresso venne sancita la pace, pace che fu quindi accolta e sancita da1l’Imperatore Carlo V.

La formula di fabbricazione del portentoso «liquore » (lontano antenato del cognac) riuscì ad arrivare all’orecchio di qualcuno dei soldati francesi; aggiunge infatti la leggenda popolare al riguardo che, fra gli altri, un vecchio diplomatico (che era stato valoroso combattente trent’anni avanti a seguito della celebre Lega di Cognac del 1526 e che aveva ottenuto beni e terre nel Charente) si interessò più direttamente al celebre fìltrato, annotando (grazie alla complicità della moglie di Aldrovando, cantiniere dei Pico della Mirandola) diligentemente modalità e circostanze, e soffermandosi in particolare sul sistema di « cottura » e di invecchiamento che dovevano durare non meno di cinque o sei lustri.

E fu con ogni probabilità questo miliziano, fatto agricoltore previdente e sagace, a recare con sè in Charente un barilotto di rovere col « vino rovente e capace di donare il fuoco vivo della Mirandola ».

Non solo – ma  sulla base delle informazioni avute nella bassa modenese — continuò sulle rive del Charente nella zona occidentale della costa francese (a Bacco gradito al pari della pianura padana) a sua volta, a ripetere la prova nelle sue cantine.

Ed in tal modo in una delle piu tipiche zone agricolo-industriali del mondo che oggi conosciamo, cinque secoli addietro si apprese e perpetuò la formula e l’invecchiamento di uno dei piu celebrati frutti di Bacco, ripetendo una sperienza nota (e scomparsa), con la casata dei Pico della Mirandola.

Tratto da: Folklore e Gastronomia fra Secchia e Panaro

Autore: Franco Mantovi

Anno 1968

Editrice Cooptip

Lascia un commento

Your email address will not be published.