Delio al “pgnatâr”

Negozio di “Delio al pgnatàr” (Adelio Gavioli) nel 1925 – con esposto le corone da morto e le lampade votive, i porta lumini, i fiaschi da vino, i “lavabo” (con la brocca o il catino).
Il bimbo davanti al negozio è iI figlio più piccolo di Gavioli, di nome Libero.
DELIO “AL PGNATÀR”
Tempo addietro a chi non aveva un “scutmai” (o soprannome), quanto meno, al posto del cognome, veniva specificata l’attività che svolgeva, cosi era per “al scudlar”, “al suclar”, “al muleta” ecc. Per Adelio Gavioli, che vendeva le pentole, i mirandolesi l’avevano etichettato “Delio al pgnatàr”.
Aveva cominciato giovanissimo, come garzone presso uno zio, che aveva un magazzino di articoli casalinghi nel mantovano, il quale zio, visto che iI ragazzo aveva del talento per il commercio, dopo pochi anni, lo aiutò ad avviarsi con una propria attività e gli imprestò una modesta somma, sufficiente tuttavia per comperare un po’ di merce ed un carretto per fare l’ambulante. Girava casa per casa in campagna e poi si mise a frequentare i mercati della Bassa, fino a che riuscì ad avere un discreto magazzino a S. Martino da Bas (cioè S. Martino Spino),
Col tempo si trasferì a Mirandola e sistemò la sua mercanzia in un piccolo negozio vicino al Sacramento, In via Curtatone e, piu tardi, nel negozio limitrofo molto più grande, negozio che col tempo riuscì a comperare assieme alla casa, e dove rimase fino alla fine dei suoi giorni e dove la moglie Anna, detta Nina, prosegui la stessa attività fino al 1950.
Possente, di bella presenza, sembrava, a chi non lo conosceva, un burbero, ma in effetti era un burbero benefico.
Di indiscussa rettitudine era stimato dai mirandolesi che andavano volentieri a comperare da lui sapendolo un commerciante onesto
D’altra parte non vi era altro negozio in Mirandola e dintorni di quel genere e lui, che ben lo sapeva, poteva contare su di una numerosa e quanto mai affezionata clientela. Non approfittava tuttavia di questo suo privilegio. Solo molto piu lardi, dopo l’ultima guerra, sorsero negozi similari
Morì abbastanza giovane nel febbraio 1939 per un male incurabile, ma il suo ricordo rimase per tantissimi anni legato appunto al nome del suo negozio. dove aveva svolto con tanta passione e costanza, nonché onestà, la sua attività, per anni.
Del suo negozio ne aveva fatto addirittura un emporio, dove si poteva trovare di tutto, dalle pentole in terracotta, a quelle del piu moderno, in allora, alluminio, dai piatti, ai bicchieri, ecc , alle corone da morto. Queste ultime in quel tempo, difficilmente venivano confezionate con fiori freschi la cui produzione non era ancora in larga scala come ai nostri giorni, anche per la difficoltà dei trasporti, e quindi di carissimo costo. Erano pertanto fatte in lamiera stampata e dipinta, atte pertanto a resistere alle intemperie, oppure qualche volta, ed erano le più raffinate e costose, in celluloide coi fiori sempre dipinti a piu colori. A completamento vi erano le lampade votive con l’immancabile porta lumino, a olio prima e poi a cera.
Davanti al negozio, che aveva un’ampia vetrina in legno lavorato, erano esposto, specie appunto nel periodo di novembre-dicembre, attaccate al muro o su appositi sostegni, tanto da occupare anche il marciapiede, le corone con le relative lampade, per la festa del morti, quindi le damigiane, le bottiglie, i vasi e tutto quanto poteva occorrere per la conservazione invernale delle conserve e marmellate e quindi più tardi, verso il Natale, gli addobbi di vetro soffiato, le statuine del presepio e quant’altro.
E lui “al pgnatàr”, sempre affabile con tutti, perdeva soltanto la pazienza quando qualche donnetta stava a contrattare per un centesimo, interveniva allora la paziente Nina.
I miei familiari credo che da sempre siano stati suoi affezionati clienti e quando con mia madre andavo in quell’emporio, per me era un vero godimento, poiché c’era di tutto. Inoltre quel burbero benefico era, malgrado il suo cipiglio, oltremodo simpatico.
Mi ricordo di una scena a cui assistetti bambinetta, non tanto più alta del banco di vendita, e che mi fece molto divertire Mia mamma era andata per comperare dei bicchieri, lui consigliò i bicchieri infrangibili che, per allora, erano una novità, intervenne la Nina per dimostrare alla mamma che veramente quei bicchieri non si rompevano anche cadendo a terra, ne prese uno e lo gettò verso la porta, ma il bicchiere rotolò fuori, oltrepassò il marciapiedi e ciachi si frantumò in mille briciole su di un sasso della strada (che allora non era asfaltata). La Nina impallidì e lui divenne paonazzo; forse avrebbe voluto inveire, ma per rispetto a mia madre, si controllò, chiuse i pugni e non disse niente, mentre la Nina si profondeva in mille scuse, dispiaciuta del fiasco dimostrativo, timorosa della reazione del marito, ed anche forse della mancata probabile vendita dei bicchieri. Ma la mamma che aveva capito il casuale incidente, comprò lo stesso i bicchieri che invero ancora esistono in casa mia dopo tanti anni.
lo, bambina, mi divertii moltissimo osservando l’espressione del Sig Adelio, espressione che ancora ricordo.
È stata una figura esemplare per rettitudine ed onestà sia per i suoi figli che per i suoi concittadini, ed ancora oggi il suo negozio, malgrado che da anni ne sia cambiato il titolare, per molti mirandolesi non più giovani, rimane il negozio non di Valenti ma dì “Delio al pgnatàr”.
Tratto da “La Finestra”
