San Possidonio – Comune della provincia di Modena

Commenti (0) Racconti

San Possidonio

Comune della provincia di Modena e del compren­sorio di Mirandola. Dista da Modena 36 chilometri.

Il luogo era abitato fin dall’età romana, come è di­mostrato da diversi reperti rinvenuti sul posto. Si tratta di frammenti di anfore, di numerosi mattoni manubriati, che si sono fatti risalire all’epoca del tardo impero, e di diversi cocci di ceramica, attribuiti al Medio Evo. Una prima chiesa vi fu eretta probabilmente nel secolo IV, sulle rovine di un tempietto romano.

Secondo la tradizione, nel Medio Evo a levante della chiesa, lungo la strada che conduce a S. Martino Carano, ancora oggi detta «via del castello», ad un miglio dal centro del paese, sorgeva una fortificazione.

Il nome deriva da quello di un santo «presbitero» che nel medioevo veniva detto «natione graecus, Thebarum oriundus», greco nativo di Tebe nella Boezia, e, nel secolo XVI, si volle identificare con Possidonio, ve­scovo di Calama in Numidia, amico di Sant’Agostino. In una cronaca medievale della chiesa di S. Pietro in Reggio Emilia si legge che il vescovo Azone (secolo IX) avrebbe trasferito dall’Apulia a Curtis Latiana, cioè a Mirandola, il corpo di san Possidonio. Il culto del santo ebbe notevole sviluppo sotto la signoria dei Pico, e vie­ne ancora indicato come diffuso nel territorio di Miran­dola dalla Bibliotheca Sanclorum (volume X), ma oggi è quasi totalmente scaduto.     ‘

La località era chiamata Garfaniana (documento dell’ anno 835); poi nel 962 si legge che il conte Azzo Adal­berto cedette al vescovo di Reggio una cappella ad ono­re di san Possidonio, costruita «in loco et fundo, ubi nominatur Garfaniana», nel contado di Reggio. Con il nuovo nome di san Possidonio è chiamato in un docu­mento del 993 e nei successivi. Feudo di Bonifacio, marchese di Toscana, e poi di Matilde di Canossa, nel secolo XIII San Possidonio passò alla corte mirandolese, di cui seguì le vicende.

La sua Pieve era la più importante della zona e fu sede di prevostura fino al 1467, allorché, in seguito all’erezione del Duomo di Mirandola, e per volontà della famiglia Pico, tale ruolo primario fu trasferito alla nuova chiesa.

Nel 1723 venne investito del feudo di San Possidonio il conte Pietro  Taccoli, con la possibilità di trasmis­sione ereditaria. Nel 1769 il Marchese Achille Taccoli fece ricostruire la chiesa parrocchiale dedicata al santo patrono e in quell’occasione venne trovata sepolta per terra una piccola urna di marmo, fatta con lastre di epoca romana, contenente ossa umane; si disse che si trattava del corpo di san Possidonio, ma senza alcuna prova. Ci fu, comunque, chi fece osservare che da certe iscrizioni del marmo si poteva dedurre che proprio a San Possidonio si trovasse l’antica Colicaria ricordata nell’Itinerario di Antonino come punto intermedio del viaggio fra Ostiglia e Bologna; di qui, infatti, passava probabilmente l’antica via Claudia Ostigliense.

«La chiesa meraviglia per vastità ed armonia. Negli altari, due per lato, sono quattro ancone di legno dorato di fattura mirandolese del ‘600, quella di sinistra, al cen­tro, è datata 1612. Vi sono pure due residui paliotti in scagliola di scuola carpigiana da attribuire a Giovanni Massa.                           Nel primo altare di destra, tela, S. Francesco di Sales e Santa Giovanna di Chantal, del XVIII secolo, opera attribuita a Pietro Pisa. Nel secondo di sinistra, bellissi­ma ancona dal disegno classicheggiante che contiene la tela del 1612 di Sante Peranda, suo capolavoro, raffigu­rante l’Immacolata e i Santi Geminiano, Ubaldo, e la principessa Laura d’Este inginocchiata.

Entrambe le opere provengono dal Duomo di Miran­dola, qui poste nel 1811. La tela ha origini votive e fu commissionata dai Pico per la guarigione di Laura d’E­ste sposa di Alessandro I duca di Mirandola da una ma­lattia di tipo nervoso e ossessivo. Nel timpano dell’anco­na, tela, Redentore, attribuibile allo stesso Peranda.

La seconda cappella di destra accoglie un’ancona del XVIII secolo, grandiosa, in legno verniciato, provenien­te, insieme al tabernacolo a forma di tempio, dalla di­strutta chiesa dei Cappuccini di Concordia, qui portata nel 1806. Vi si venera un Crocifisso in legno policromo ritenuto miracoloso ed oggetto di devozione.

II campanile, massiccio ed imponente, terminante a guglia, è del XVII secolo ed è l’unico resto dell’antica parrocchiale.

Particolare è la cripta che sostiene il tempio attuale, ad unico vano su possenti pilastri e volte ribassate. Ritenuta residuo dell antichissima chiesa romanica infossata e se­polta dalle sabbie del Secchia, è più propriamente l’elemento settecentesco di costruzione per l’innalzamento della chiesa nuova per isolarla dall’umidità. Vi è collocata l’urna marmorea ritrovata nel 1769» (A. Garuti).

San Possidonio fu patria di don Giuseppe Andreoli, carbonaro fatto giustiziare dal duca Francesco IV, e gli ha dedicato un monumento inaugurato nel 1922. Nell’im­mediata periferia del paese si trova la sua casa natale.

San Possidonio è centro agricolo di notevole impor­tanza, e, oltre la festa di san Possidonio il 16 maggio,organizza un’interessante Fiera dell’Artigianato l’ultima  domenica di agosto.

Tratto da: Enciclopedia Modenese

Autori: Giancarlo Silingardi – Alberto Barbieri

Anno 2003

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *