Roberta Paltrinieri – Perle di Cultura – Il cardinale Pico della Mirandola: l’ombra del papato e la luce delle reliquie.

Roberta Paltrinieri – Perle di Cultura – Il cardinale Pico della Mirandola: l’ombra del papato e la luce delle reliquie.

22 Ottobre 2025 0
Roberta Paltrinieri

Nata a Mirandola, è plurilaureata in ambito filosofico, letterario, storico e artistico.

Ha fondato e insegnato per oltre vent’anni nel suo Studio Didattico ed è stata docente per quindici anni nelle scuole pubbliche medie e superiori della provincia modenese. È stata redattrice di testi d’arte e autrice di dispense di argomenti vari. Ha tenuto all’estero seminari e conferenze sull’arte italiana.

Ha collaborato e collabora a vario titolo con docenti universitari in Italia e all’estero.

È ricercatrice indipendente, scrittrice e ghostwriter.

Ha intrapreso la collaborazione con Al Barnardon perché ritiene che la cultura locale in tutte le sue sfaccettature -arte, storia, letteratura, filosofia e tradizioni- sia un patrimonio inestimabile da sostenere e valorizzare.

Ludovico Pico nacque nel 1668, ultimo figlio maschio del duca della Mirandola Alessandro II e Anna Beatrice d’Este.

Passò la giovinezza a Mirandola seguito negli studi dal padre somasco Leonardo Bonetti e in seguito da Fulvio Tangerini, frate, teologo e diplomatico di corte. Dopo il dottorato in utroque iure titolo conferito ai laureati sia in diritto civile che canonico, fu destinato alla vita religiosa già dal 1683. Dopo la morte del padre nel 1691 venne coinvolto nella difficile situazione del ducato che passò al nipote Francesco Maria, figlio del defunto fratello Francesco e posto sotto la tutela della zia Brigida.

Nel 1693 fu costretto ad abbandonare Mirandola in seguito alle accuse di Brigida che imputava a lui e ai suoi fratelli Galeotto e Giovanni il tentato avvelenamento di Francesco Maria.

È dunque costretto all’esilio prima a Bologna, poi a Vienna presso l’imperatore Leopoldo I d’Asburgo dove si reca su consiglio del cardinale Rinaldo d’Este. Il tribunale imperiale a cui aveva fatto appello scagionò lui e i fratelli dall’accusa di avvelenamento, ma gli venne imposto di non tornare a Mirandola per non turbare i fragili equilibri politici raggiunti.

Si trasferì quindi a Roma dove iniziò la sua fulgida carriera ecclesiastica ricoprendo numerose e prestigiose cariche: nel 1706 è maestro di camera di Clemente XI, patriarca di Costantinopoli e assistente al soglio pontificio; nel 1707 è prefetto del palazzo apostolico e governatore del palazzo di Castel Gandolfo; nel 1712 è nominato cardinale e nel 1717 camerlengo del Collegio dei Cardinali e arcivescovo di Senigallia; nel 1724 è prefetto della Congregazione per le Indulgenze e le Sacre Reliquie; nel 1728 è cardinale presbitero di Santa Prassede, quindi seguirono altre due ordinazioni nel 1731 a cardinale vescovo di Albano e nel 1740 di Porto e Santa Rufina.

Tuttavia, a spiccare nella sua carriera ecclesiastica fu la partecipazione a ben quattro conclavi, nel 1721, 1724, 1730 e 1740.  Se nel conclave del 1721 circolò brevemente il suo nome tra i possibili papabili, in quello del 1730 il cardinale Annibale Albani avanzò la candidatura di Pico, che non venne eletto a causa dell’opposizione dell’imperatore, che riuscì a mobilitargli “contro” 25 cardinali, “manovra” che spinse Pico a rinunciare alla candidatura. Anche nel conclave del 1740 il card. Pico emerse come possibile candidato di compromesso fra le fazioni degli Albani e dei Corsini, purtroppo senza successo, ma rappresentando sempre una figura di rilievo e potere all’interno della Curia romana del XVIII secolo.

In qualità di principe della Chiesa grande successo ebbe la sua attività di patronato artistico religioso, in particolare nella ricollocazione delle antiche reliquie e nella promozione di importanti interventi decorativi che valorizzarono il patrimonio d’arte e spirituale dei luoghi di culto.

La ricerca delle reliquie rispondeva ad un’esigenza della Chiesa romana, stabilita dal Concilio del 1725, che impose ai cardinali titolari delle basiliche la ricognizione ufficiale delle reliquie conservate sotto gli altari con l’obiettivo di verificarne l’autenticità e la corretta conservazione.

Basilica di S. Prassede – Roma

Ludovico Pico fu il cardinale presbitero di Santa Prassede dal 1728 al 1731, periodo centrale dei lavori di ricerca, ed inoltre dal 1724 ricopriva l’incarico di Prefetto della Congregazione per le Indulgenze e le Sacre Reliquie, titolo che lo rendeva particolarmente qualificato per questo tipo di indagini. La sua impresa più importante in qualità di cardinale della basilica di S. Prassede fu il ritrovamento delle reliquie della Santa titolare e di Santa Pudenziana, motivo per cui la sua immagine è stata immortalata in questo storico edificio. Oltre alle reliquie delle sante, Pico ritrovò anche il sepolcro di papa Pasquale I; infatti alla morte del pontefice nell’824 il popolo romano, a causa di tensioni politiche, negò la sua sepoltura in S. Pietro, perciò il successore papa Eugenio II lo fece seppellire in S. Prassede.

Il cardinale ordinò di scavare sotto l’altare maggiore, eretto da papa Pasquale I nel IX secolo, con l’intenzione di ritrovare le sepolture originali di Santa Prassede, della sorella Pudenziana e di altri martiri. Gli scavi, avvenuti tra il 1728 e il 1734, portarono alla luce due preziosi sarcofagi antichi, contrassegnati dai nomi di S. Prassede e S. Pudenziana, confermando dunque che erano state individuate le spoglie delle sante.

Per ospitare degnamente le reliquie Pico affidò i lavori di riorganizzazione dell’area del presbiterio e della cripta all’architetto Francesco Ferrari. Attivo a Roma nella prima metà del XVIII sec. e accademico di San Luca, il Ferrari si cimentava con grande successo nel restauro delle antiche chiese romane, seguendo le indicazioni di una più cauta politica edilizia pontificia dopo i fasti seicenteschi.

I lavori commissionati, e costantemente visionati dal card. Pico, comportarono la ristrutturazione del presbiterio e della cripta.

L’area del presbiterio venne modificata con la costruzione di una balaustra e l’aggiunta di scale che conducono all’altare. I gradini di uno splendido marmo rosso antico nel 1798, durante l’occupazione di Roma delle truppe napoleoniche, rischiarono di essere smontati e trasportati in Francia per volere di Napoleone, che avrebbe desiderato i marmi per il suo trono imperiale.

Santa Prassede- Presbiterio con ciborio e scale di accesso all’altare

Oltre alle due rampe di scale laterali ascendenti verso l’altare, ne venne costruita una discendente che porta alla cripta, dove furono trovati i sarcofagi con le reliquie delle sante. Fu quindi realizzato un accesso centrale alla cripta dalla forma di un piccolo corridoio obliquo dove prima esisteva una camera di deposito delle molte reliquie spostate dal cimitero di Santa Priscilla da papa Pasquale I, comprese quelle di Prassede, Pudenziana e del padre Pudente.

Santa Prassede- Ingresso alla cripta

Il corridoio termina con un piccolo altare abbellito da un paliotto marmoreo cosmatesco a decorazioni geometriche e policrome. Al di sopra dell’altare si trova un affresco settecentesco rifacimento di quello esistente nell’antica camera reliquiaria e andato distrutto.

Il card. Pico fece sistemare ai lati del corridoio quattro sarcofagi a vasca strigliata, sovrapposti a due a due e separati da fasce marmore. Sulla destra in basso si trova il sarcofago con le reliquie di Santa Prassede, mentre negli altri sono custoditi i resti di Santa Pudenziana, dei martiri e di papa Pasquale I.

Cripta di S.Prassede – In basso il sarcofago della santa

Al di sopra dei contenitori marmorei sono posti due cartigli, in latino e in italiano, che riportano come “le ceneri e le ossa preziose” dei santi martiri traslate da papa Pasquale I furono “dal card. Ludov. Pico della Mirandola…ritrovate nell’a.1729 e debitamente sigillate vennero religiosamente riposte in queste urne l’anno dell’era cristiana 1735”.

Cripta di S.Prassede – Il cartiglio al di sopra dei sarcofagi

Il capo di Prassede invece è collocato nell’altare papale del Sancta Sanctorum nel Pontificio Santuario della Scala Santa a Roma. Il prezioso reliquiario bizantino in argento che lo contiene fu esposto al Museo della Biblioteca vaticana dal 1905 al 1907. Anche una parte delle reliquie di Santa Pudenziana venne poi traslata nel 1803 sotto l’altare maggiore della basilica che porta il suo nome.

Sul fondo della cripta fu inserita una lastra di marmo nero che la leggenda narra essere la pietra sulla quale Prassede dormiva per mortificare il corpo e con la quale fu chiusa la sua tomba. Ai lati si trovano due affreschi raffiguranti i genitori della santa, Pudente e Savinilla (o Sabina).

L’intervento di ristrutturazione voluto dal card. Pico ebbe un duplice scopo: autentificare e valorizzare le reliquie ritrovate e da allora esposte nella cripta e rimodernare il presbiterio conferendogli un aspetto più armonioso e coerente con lo stile tardo-barocco dell’epoca.

Per l’occasione fu commissionato a Domenico Maria Muratori anche un dipinto commemorativo intitolato “Santa Prassede raccoglie il sangue dei martiri” (1735), che celebrando l’atto di pietà della santa divenne il fulcro visivo del presbiterio rinnovato da Pico.

Il dipinto ricorda ciò che i Leggendari romani, racconti composti tra il V e il VI sec. e molto diffusi nel medioevo, riportano della vita e delle opere della martire.

Il senatore romano Pudente, padre di Prassede e Pudenziana, fu tra i primi altolocati convertiti al cristianesimo, a cui seguirono le conversioni delle figlie.

Pudente possedeva una villa, i cui resti si trovano 9 m. sotto l’attuale basilica e di cui le quattro colonne di porfido rosso del ciborio sono testimonianza, nella quale nascondeva i cristiani perseguitati.

Quando Pudente subì il martirio Prassede e Pudenziana con il consenso di papa Pio I fecero costruire un battistero nella chiesa fondata dal padre.  Anche Pudenziana subì il martirio durante le persecuzioni di Antonino Pio, che si protrassero per tutto il regno dell’imperatore dal 138 al 161 d.C.; non si trattava di persecuzioni sistematiche, ma di condanne a morte basate soprattutto su denunce individuali e fanatismo e non su un editto generale dell’imperatore.

Alla morte della sorella, Prassede utilizzò il patrimonio di famiglia per costruire una chiesa “sub titulo praxedis”, come riportato da una lapide posteriore del 491 d.C.. La giovane nascose molti cristiani perseguitati e raccolse i corpi dei martirizzati per seppellirli nel cimitero di Priscilla sulla via Salaria dove anche lei, dopo il martirio, trovò sepoltura con la sorella e il padre.

Alcuni racconti agiografici narrano che Prassede e Pudenziana davano sepoltura ai martiri nei pozzi situati nelle vaste proprietà del padre, mentre altri riportano che la giovane raccoglieva il sangue dei martirizzati vuotandolo poi in un pozzo. Entrambe le azioni paiono però improbabili: la prima perché i corpi in decomposizione avrebbero infestato le acque dei pozzi e le campagne circostanti provocando un tanfo insopportabile ed estese epidemie e la seconda perché raccogliere il sangue dei morti era all’epoca impresa del tutto inconsueta.

La chiesa attuale si deve al rifacimento di papa Pasquale I nell’817, che costruì un nuovo edificio sacro al posto del precedente per accogliere le ossa di 2300 martiri, sepolti in particolare nel cimitero di Priscilla, che il 20 gennaio 817 il papa fece portare all’interno della città distribuendole in varie chiese. A Santa Prassede vennero deposte nella cripta sotto l’altare maggiore, dove furono traslate anche moltissime reliquie provenienti dalle catacombe di S. Alessandro sulla via Nomentana.

Dopo una vita dedicata alla Chiesa, il card. Ludovico Pico morì a Roma il 10 agosto del 1743 nel suo palazzo nei pressi della basilica dei Santi XII apostoli, dove si tennero i funerali. La salma venne poi trasferita nella nuova chiesa del SS. Nome di Maria alla Colonna Traiana sempre a Roma, della quale era stato un copioso benefattore e di cui nel 1738 aveva promosso la costruzione, e ivi sepolto secondo la sua volontà. Nella chiesa nei pressi dell’altare maggiore si trova una placca che ricorda l’illustre cardinale. Invece in S. Prassede il card. Angelo Maria Querini, erudito, collezionista e cardinale titolare della basilica, compose e lesse un elogio funebre in onore del suo grande predecessore. Sempre in S. Prassede, per la quale il card. Pico aveva proferito tanto impegno e devozione, è presente una lapide marmorea a lato del presbiterio datata 1730 che ne ricorda il meritorio operato.

Santa Prassede – Lapide in onore dei lavori eseguiti dal card.Pico

A rimarcare la sua fede e devozione alla Chiesa nel testamento il card. Pico lasciò un legato per 300 messe, 200 nelle chiese di Roma e 100 nella diocesi di Albano di cui era stato cardinale vescovo.

Bibliografia di base:

1) M. G. Paviolo, I testamenti dei cardinali: Ludovico Pico della Mirandola (1668-1743), Lulu, 2019; S. Tabacchi, Pico Ludovico, in Dizionario Biografico degli italiani, in Enc. Treccani, vol.83, 2015;

  1. Ceretti, Biografie pichensi, III, Mirandola, 1911; Ludovico Pico della Mirandola, in www.cathopedia.org; Pico della Mirandola Ludovico, in www.performart.huma-num.fr;

2) A. Ballardini, M. Caperna, A Santa Prassede nella Gerusalemme nuova, in Convivium, Univ. Masaryk, Brno, 2020; M. Caperna, La basilica di Santa Prassede: il significato della vicenda architettonica, Quasar, Roma, 2014; P. Gallio, La basilica di Santa Prassede, Ed. Marconi, Genova, 2000; C. Rendina, Le chiese di Roma, Newton Compton, Roma, 2000; Storia della Roma papale. Basilica di Santa Prassede, in www.borgato.be;

3) C.G. Coda (a cura di), Duemilatrecento corpi di martire: la relazione di Benigno Aloisi (1729) e il ritrovamento delle reliquie nella basilica di S. Prassede in Roma, Roma, 2004; V. Federici, La notitia martyrum di S. Prassede, in Bollettino storico italiano per il Medio Evo, 1949; H. Delehaye, Les légendes hagiographiques, 1905; Santa Prassede di Roma, martire in www.santiebeati.it ;

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