Novembre – Testimonianza di Norma di Cavezzo
San Martino rappresentava la chiusura ufficiale dei lavori grossi in campagna, prima dell’inverno. Ma bisogna anche dire che tra il 1° e l’11 novembre, cioè tra la festa di “Tutti i Santi” e San Martino, si faceva il trasloco (si “spatinava”). Oppure si fingeva di farlo [1] : i contadini dovevano mettere le masserizie su un carro e davanti a testimoni raggiungere la strada, cose e persone, per poi subito dopo tornare indietro alla vita di sempre. Così il padrone si era liberato del rischio che diventassero loro i proprietari della casa. Entro San Martino ci si era comunque sistemati, nella casa di sempre o in un’altra casa.
A quel punto si faceva festa con una cena speciale: maccheroni col pettine, castagne bollite, o a volte arrostite, la “sulada”[2], e l’assaggio del vino nuovo, perché “per San Martino tutti i mosti diventano vino”.
Col freddo in casa arrivavano anche i mali di stagione. Ma ogni male ha il suo rimedio.
Per curare la bronchite, si mette sul petto una pappa calda di semi di lino.
Il raffreddore si cura con il vino scaldato con cannella e chiodi di garofano.
Al mal d’orecchi si rimedia versando nell’orecchio olio scaldato con uno spicchio d’aglio.
Contro la sciatica, si appoggiano delle tegole calde.
Per curare l’orzaiolo, bisogna guardare nella bottiglia dell’olio.
Sui bernoccoli si mette del lardo.
Per il mal di denti si masticano le foglie di tabacco.
Per il mal di pancia si beve la grappa con la ruta.
Ai bambini che hanno i vermi si fa portare una collana d’aglio al collo.
Per la pertosse fa bene il latte d’asina.
Sulle ferite va messa la ragnatela presa dai cassoni della farina, o anche le foglie dell’aglio.
Sui calli va messo il latte che esce dal picciolo dei fichi.
Bere a digiuno l’acqua, dove per quindici giorni sono stati a bagno i ritagli di ferro, cura l’anemia.
Chi ha l’indigestione, va infilato nel letame.
[1] Per rompere formalmente il contratto di affitto, o una residenza che con il susseguirsi delle generazioni era arrivata a un tempo talmente lungo da poter originare l’acquisto della proprietà tramite usucapione, si metteva in atto questo finto trasloco.
[2] Gnocco di farina di castagne, cotto in uno stampo di nome “sùal”, da cui prendeva il nome.
Tratto da: Il setaccio della memoria
Autore: Chiara Fattori
A cura del Comune di Cavezzo
Anno 2000