Maccheroni al pettine
Tra i tipi di pasta all’uovo localmente più apprezzati figurano i caratteristici maccheroni al pettine, progenitori dei garganelli. Il maccherone al pettine prende questo nome dalla particolare lavorazione con cui si rigava l’impasto.
Per imprimere la rigatura al maccherone, in origine si utilizzavano telai – o “pettini” – presenti in ogni casa per la creazione di tessuti.
Successivamente sono stati ideati pettini di minori dimensioni, fabbricati in legno, specificamente per la preparazione di questo maccherone. La sfoglia è ottenuta da semola di grano duro e uova. La lavorazione artigianale rende la pasta particolarmente porosa e la rigatura, che rende disomogenea la superficie della pasta, consente di legare meglio il condimento, generalmente un ragù di carne. Ideale con ragù, sughi di pesce, verdure o creme di formaggio.
ll nome deriva sicuramente dall’attrezzo (pettine); il pettine permette di rigare la superficie esterna della pasta che viene avvolta su di un bastoncino di legno e mediante l’operazione di trascinamento fatto con il palmo della mano della Rasdora lo fa scivolare sul pettine imprimendogli una forza tale da rigarlo ottenendo l’inconfondibile forma finale del maccherone col pettine
La nascita di questo metodo è sicuramente dato da una intuizione o casualità nata fra le mura domestiche, non è definibile una data o evento ben preciso che identifichi la sua comparsa sulle tavole emiliane, comunque possiamo definire ugualmente il periodo basandoci sul principale strumento usato, il pettine.
Il pettine così chiamato non è altro che una parte di telaio da tessere presente in molte case contadine all’inizio del 1900, la fantasia di riprodurre righe sulla pasta trasformandola da liscia a rigata ha permesso poi la sua esaltazione abbinandola ad un ragù di carne di coniglio, animale allevato nelle corti contadine e cucinato per le feste più importanti.
Questo matrimonio esalta un sapore che solo chi ha assaggiato questo piatto può comprendere, pasta fatta a mano, rigata,vuota dentro, dove il maccherone col pettine viene cotto in acqua salata sino al punto che se preso sulla punta della forchetta sembra un bilanciere. Guai oltrepassare quel punto di cottura che renderebbe il nostro maccherone col pettine con le sembianze di sogliola.
Dopo essere stato ben sgocciolato viene tuffato nella padella di coccio ricolma di ragù fumante per consumare quel matrimonio che sapientemente un morbido cucchiaio di legno mosso dalla Rasdora fa abbracciare in un rigirarsi di posizioni amalgamando pasta e ragù fin quando il giallo colorito del maccherone e stato ricoperto e penetrato dal ragù. Sol ora la Rasdora abbandona i due amanti in tenera intimità, per dedicarsi a grattugiare il parmigiano reggiano, dopo pochi minuti, e con un solo movimento, pasta e ragù vengono adagiati per creare il piatto che ricoperto di parmigiano onorerà la tradizione di chi nel tempo c’è lo ha tramandato.
Sicuramente quasi tutte le mamme e nonne emiliano-romagnole hanno un “pettine” nascosto nel cassetto degli attrezzi da cucina, ma nel resto del nostro Paese non è sempre così.
Quest’utensile di origini antichissime è ottenuto da una porzione degli antichi pettini del telaio a mano che, in quasi tutte le case coloniche di un tempo, erano presenti per tessere la canapa.
In pratica si tratta di un telaietto con tanti “denti”, tipo “pettine” appunto, in bambu’, su cui si arrotola un quadratino di sfoglia fresca per ottenerne una rigatura fitta e fine, fondamentale per l’assorbimento dei vostri sughi e condimenti al momento della cottura.
Date queste caratteristiche, il “pettine” è oramai diventato un utensile “raro”.
Purtroppo stanno scomparendo gli artigiani che li producevano lasciando questa eredità in mano a pochi appassionati e cultori delle cose antiche e del “buon mangiare”.
Tratto dal sito internet dedicato all’ormai famoso “Palio del pettine” delle nostre Valli Mirandolesi