Livio Bonfatti – Una parola magica in cucina “fricandò”
Livio Bonfatti, mirandolese di nascita (1947), ha conseguito il diploma di geometra nel 1968. Ha svolto l’attività lavorativa presso l’Ufficio Tecnico del Comune di Mirandola. Dal 1985 al 1988 ha collaborato alle iniziative editoriali della casa editrice “Al Barnardon” mediante articoli e con impegni redazionali. Dal 1988 è socio della Associazione culturale Gruppo Studi Bassa Modenese e partecipa attivamente alla elaborazione di progetti editoriali. Contemporaneamente pubblica numerosi articoli sulla Rivista semestrale dell’ Associazione. Gli argomenti trattati spaziano dalla idrografia antica, alla geomorfologia storica, ovvero mettendo a fuoco quella che definiamo la “storia del paesaggio”, accompagnata da una puntuale ricerca archivistica. Il territorio preso in esame è quella parte di Pianura Padana che si distende dalla via Emilia sino al Po.
Una parola “magica” in uso in cucina – fricandò –
Nel corso della mia infanzia, trascorsa a Crocicchio Zeni, mi era capitato di udire, in un colloquio fra alcune donne della corte in cui vivevo, la parola – fricandò –.
Ed esattamente la frase, proferita in puro dialetto mirandolese, era la seguente:«Veh Ines! Cus at pinsâ ad’far da zènna a tò marì, Eole?». E mia madre Ines:«An’n’ho ancòra pinsâ a gnént, ma agh farò un bel fricandò!» e accompagnava la risposta con un sorrisetto ironico.
Era, per me ragazzo, difficile tradurre un termine francese, sconosciuto, ma in uso anche fra i piemontesi. Cercavo di indovinare come si sarebbe presentata la cena, però mi ricordavo che il fricandò che avevo già mangiato aveva avuto vari aspetti. A volte mi veniva presentato da mia madre come un soffritto di verdure, messe in padella, in altri casi le verdure erano accompagnate da pezzi di carne, avanzati dalla cena della sera precedente, oppure nelle verdure”galleggiavano” parti di carne di pollo, rimaste dal brodo, bollito nella mattinata.
Quindi il termine fricandò non si riferiva ad una specifica ricetta culinaria, ma costituiva una “invenzione”, scaturita dalla mente fervida della cóga (cuoca). Volendo specificare meglio i componenti di questo piatto occorre sottolineare che tutto aveva origine da una buona “pistada ad gras”, costituente la base del soffritto, preparato con aglio, cipolle, carote e sedano. Poi la coga provvedeva ad andare nell’orto per raccogliere la verdura di stagione, passava quindi dalla cantina per prendere alcune patate conservate, al buio, in un sacco di iuta. Tutta la verdura, tagliata a piccoli pezzi veniva versata, procedendo a seconda della durezza, nel capiente tegame che già conteneva il soffritto. Alla fine della cottura questo mix di verdure estive in padella si prestava a varie forme di “portata” in tavola. Poteva costituire un eccellente contorno, risultava perfetto per il pranzo, per la cena di ogni giorno e non solo, ma seguendo i consigli della mia cuoca preferita, ovvero la marchigiana Benedetta Rossi, poteva costituire un buon condimento per l’insalata di riso o per farcire due fette di pane abbrustolito. Infine ultimo consiglio di Benedetta è di” prepararne grandi quantità, perché il giorno dopo è ancora più buono”.
Ma perché ora non sento più parlare di fricandò? Non è sicuramente facile giustificare la scomparsa di un termine, nella interpretazione dialettale. Volendo proporre una valida ragione per questa “assenza” penso che sia da ricercare nella scomparsa degli orti di famiglia. Era consuetudine, fino alla metà del secolo scorso, in particolar modo per gli abitanti delle frazioni del comune di Mirandola, cioè in campagna, coltivare un piccolo orto ad uso delle esigenze familiari. All’uomo di casa competeva vangare, zappare l’orto ed innaffiare le verdure, con l’acqua del pozzo, al tramonto, mentre alle donne di: seminare, concimare, togliere le erbe infestanti ed in particolare raccogliere gli ortaggi di stagione una volta maturi. Era quindi facile per la cóga andare nell’orto, nei mesi estivi e riempire il cesto con tanti tipi di verdure.
Ora è tutto cambiato, le donne lavorano fuori casa e non hanno certamente il tempo di accudire un orto! Risulta perciò necessario ricorrere al negozio di “ortofrutta”, ma anche in questo caso, fare attenzione alla spesa! La verdura ha raggiunto prezzi non più competitivi! Ed allora è sorta, in vari luoghi, l’esigenza di creare orti collettivi o “per gli anziani”. Questa soluzione tuttavia non ha ripristinato l’abitudine al fricandò.