L’antico mestiere dei “Sabbiuner”
Cave di sabbia nel fiume Secchia nei pressi di Concordia. Cartolina anni 50.
Salitella di via Don Minzoni, sullo sfondo un carretto e il Teatro Sociale - Anni 20
Concordia è sorta addossata all’argine destro del Secchia e dal tempo lontano, fra le attività più comuni e caratteristiche della gente del paese, oltre a quella dei mugnai che gestivano i vari mulini natanti sulla corrente, c’era un mestiere strettamente connesso alla presenza del fiume: i “Sabbiuner”.
La sabbia miscelata alla calce e in tempi più recenti al cemento, era la materia prima indispensabile per costruire case, stalle, barcbesse, edifici e strutture pubbliche di ogni genere. Sino a qualche decennio fa, l’acqua del fiume scendendo a valle verso la foce nel Po, trascinava grandi quantità di sabbia che veniva depositata sulle sponde per effetto del rallentamento della corrente.
L’abbondanza dei depositi sabbiosi in riva al Secchia, ha creato sin dalla notte dei tempi le condizioni naturali per lo svolgimento del duro lavoro del “sabbionaro”, lo scavatore di sabbia sul greto del fiume.
La sabbia caricata col badile su carriole e birocci, veniva portata generalmente fuori dagli argini ed accumulata in un luogo facilmente raggiungibile dai carrettieri o dagli operai delle imprese edili, che poi la trasportavano nei cantieri in costruzione.
I più anziani del paese ancora ricordano i luoghi eletti per lo scavo della sabbia (subito dopo il ponte nella frazione di San Giovanni, nella zona di Palazzo Tacoli verso San Possidonio e nei saldini in fregio alla strada dietro Secchia, oggi via Don Minzoni) ed alcune persone dedite a questo lavoro ( Spirinet, Al chiavador , Filison e il fratello Cano ”, Francesco Sbardellati “Citangaua, Lambruschin , i Urtlan , i Cavasa ). Dopo la fine della seconda guerra mondiale venne installata una rotaia che andava dal ponte all’alveo del fiume, con vagoncini per il trasporto della sabbia, trainati da un cavo d’acciaio e da un motore elettrico.
Come racconta Giuseppe Malaguti nel quaderno n. 10 della Storia di Vallalta, i sabbionari di via Don Minzoni dovevano fare la salita per andare sull’argine in direzione di via Garibaldi.
Dato lo spazio limitato usavano la carriola per trasportare la sabbia, alla quale venivano applicate due sponde mobili per aumentare il contenuto in sabbia, mentre per diminuire la fatica usavano un cinturone “al bast” da mettere a tracolla e legato ai manici della carriola.
I sabbionari portavano la sabbia vicino alla strada ed ognuno aveva il suo mucchio, dove venivano a caricare i carrettieri provenienti da Fossa, Vallalta, Santa Caterina, Gavello, Mirandola, Quarantoli…
I cavatori iniziavano il loro lavoro a piedi scalzi, alle prime luci dell’alba poi si fermavano a mezzogiorno per un frugale pasto a base di minestra con maccheroncini “sifulot”, un pezzo di pane e cipolla e vino annacquato. Mangiavano seduti sulla carriola con i manici appoggiati a terra, poi proseguivano il lavoro sino al tramonto, lavorando di media 12 – 13 ore al giorno.
L’attività si interrompeva nei giorni di pioggia abbondante, quando il livello del fiume era alto e tale da coprire i banchi sabbiosi, oppure durante i periodi di rigido inverno.
Tratto da: Storia eStorie – Toponomastica, eventi e personaggi di Concordia.
Autori: Vittorio Negrelli, Disma Mantovani
Edizioni E.Lui
Annom 2011
Celso De Lauro
Bell’articolo, io sono di Camposanto e mi ricordo che quando andavo a scuola, presso il ponte di pietra vi era la barca del “sabbiuner”, lo guardavamo estrarre la sabbia dal fondo del fiume e poi con un carrello la trascinava sull’argine; formava un mucchio altissimo posto nell’angolo formato dall’argine esterno del fiume ed il fiano della salita che porta la strada al ponte. Quando non c’era nessuno la prova di coraggio era lanciarsi sul mucchio, e non era da tutti.
16 Febbraio 2023