Antichi Palazzi – La Galleria del Popolo di Mirandola

Antichi Palazzi – La Galleria del Popolo di Mirandola

9 Febbraio 2023 0

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Nel 1984 la Cassa di Risparmio di Mirandola inaugurò la riapertura della Galleria del Popolo. Dopo vent’anni di studi e di progetti ed ostacolati da mille barriere di conservazioni urbanistiche, finalmente la “Galleria” venne ristrutturata e riaperta. Per l’occasione la Cassa di Risparmio commissionò un interessante opuscolo a Vilmo Cappi e Vittorio Comini nel quale, dopo un breve accenno alla nascita del Monte di Pietà di Mirandola, si illustra con puntigliosa documentazione la trasformazione del “Palazzo del Monte”a “Galleria del Popolo”.

A più di mezzo secolo dalla sua prima trasformazione, i Mirandolesi hanno ancora la loro Galleria, con aspetto rinnovato e legato alla tradi­zione.

Il fabbricato che sorgeva prima della Galleria fu edificato nel 1595 e ricostruito nel 1790 (LA MIRANDOLA — STORIA URBANISTICA DI UNA CITTÀ — Vilmo Cappi pag. 97) ed ospitava il Monte di Credi­to su Pegno anche prima della sua trasformazione in Galleria.

L’istituzione del Monte di Credito su Pegno è molto antica e si fa ri­salire al 1495 ad opera dei Padri Minori Osservanti. Era amministrato, insieme all’Ospedale, all’Orfanotrofio ed all’Elemosiniere della Congre­gazione di Carità. L’archivio del Monte è custodito presso la Cassa di Ri­sparmio.

Nel luglio del 1910, alcuni locali che erano in affitto alla locale Ban­ca Popolare, vennero destinati al Calzaturificio di Mirandola per 9 anni con canone di affitto annuo pari a L. 1.000 dopo restauro effettuato su “Stima di previsione” dell’Ingegnere comunale Alberto Vischi.

Il 13/8/1910 la Congregazione di Carità destina un ambiente al pia­no terreno che servirà di accesso agli uffici della Cassa del Monte ed un altro ambiente al piano terra verrà affittato al Calzaturificio di Mirando­la che nell’aprile 1914 verrà sostituito dal Calzaturificio Pinton di Pado­va.

Tracce di affitto ad una Cooperativa Tipografica nel 1911. Nel mar­zo del 1916 si apre una Cappelleria da parte di Gazzo Vittorio; nel mag­gio 1924, dopo restauro effettuato previa “stima di previsione” dell’Ing. Alberto Vischi per la somma di L. 14.267.02, alcuni locali vengono cedu­ti in affitto alla Cooperativa di Consumo Agricolo con la costruzione di un forno e di una salumeria; il forno attingeva acqua da un pozzo pre­sente nel mezzo dell’edificio. Due anni dopo col fallimento di Belloni Luigi che gestiva il forno’per la Cooperativa Agricola, i creditori pro­pongono di affittare i locali della Cooperativa Falegnami di Mirandola e contemporaneamente Guazzi Alfredo, salumiere, chiede di affittare i lo­cali piano terra già salumeria condotta dal Belloni, ma probabilmente la domanda non fu accolta poiché non esiste contratto di affitto in questo senso.

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Il Monte aveva un servizio di facchino che fu soppresso nel 1918 do­po la morte di Giovanni Artioli che ne era titolare e le mansioni che lui svolgeva, furono affidate a personale già facente parte dell’organico del Monte ma che svolgeva altre attività.

Il 21 agosto 1920 la Camera del Lavoro Unitaria di Mirandola for­mula la domanda alla Congregazione di Carità per la cessione in affitto di alcuni locali. Vengono sgomberati quattro vani al piano superiore già adibiti a Tesoreria del Monte e ceduti alla Camera del lavoro, con cano­ne annuo di L. 1.000 ponendo a carico dell’affittuario le spese di adatta­mento.

Nello stesso anno la Cooperativa Calzolai ed Affini di Mirandola chiede di affittare un locale nel Palazzo del Monte con firma del presi­dente Benatti Giovanni.

Nel 1920 l’Azienda Comunale desidera acquistare il fabbricato Monte, per riunire in esso tutti gli spacci, magazzini ed uffici dell’azien­da stessa, ritenendo che la Congregazione di Carità col ricavato potesse in parte provvedere ai nuovi servizi dell’Ospedale indispensabili “come la Lavanderia ed altri”. Questa proposta di acquisto è firmata – il Presi­dente (probabilmente della Coop. Muratori) Cappi Celeste, con richiesta di perizia per la valutazione.

Questa perizia verrà stesa dall’Ing. Alberto Vischi con precisione e rigore soliti: “Il fabbricato sorge isolato nel centro commerciale dell’abitato in prossimità della residenza comunale ed è circoscritto: a Sud dalla Via Schiavoni, ad Ovest dalla Via Fenice, ad Est dal Vicolo del Palazzo, a Nord dal Vicolo del Monte.

Ha pianta di forma rettangolare con cortile interno chiuso ad ogni lato.

La pianta sul perimetro esterno misura mq. 717.50 come area coper­ta (esclusa quindi la superficie del cortile di mq. 101.25). Misura mq. 616.25.

L’elevato dei tre piani sovraterra precisamente comprende, il piano terreno… attualmente adibito a botteghe, retrobotteghe, magazzini, uf­fici e comprende complessivamente 12 ambienti. Il piano superiore servi­to da due scale ricavate rispettivamente nei lati di levante e ponente con accesso diretto dalla via Fenice e dal Vicolo del Palazzo, comprende complessivamente 9 ambienti adibiti attualmente a magazzini ed uffici, dei quali fanno parte due ampi saloni nei lati di mezzogiorno e settentrio­ne. Il soprastante sottotetto ha ampio e comodo sviluppo per tutto il fab­bricato.

La costruzione di vecchia data, è fatta in muratura ordinaria di mat­toni, con impalcatura a volti ed in legnami, e coperta con tetto di foggia comune formato con tegole curve a canale sopra una solida armatura in legno di abete. I pavimenti sono in parte in leterizi ed in parte di tavolati di legno di abete. Tutte le finestre sono munite di inferriate.

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Le facciate verso le strade hanno aspetto architettonico semplice e decoroso ed in armonia all’uso speciale pel quale il fabbricato fu apposi­tamente costruito. Le pareti degli ambienti sono fatte a semplice colori­tura….

Giudico che il fabbricato “Monte di Pietà” abbia attualmente, in li­nea di compravendita, il valore di L. 298.750 (duecentonovantottomila-settecentocinquanta)… Le attuali operazioni annuali di pegno sono ri­dotte a circa L. 250, quindi per la custodia di un numero così limitato di pegni sarebbe assurdo voler mantenere un così vasto fabbricato…” Ven­dendo il fabbricato la Congregazione si sarebbe assicurata un reddito an­nuo di L. 19.000 superiore a quello che poteva avere nella attuale siste­mazione.

La documentazione tutta in carta bollata da L.3 è datata 9 marzo 1922 con autentica del Pretore con timbro della Regia Pretura di Miran­dola nella stessa data.

Su carta in bollo da L. 2 il 14/6/1921 nella residenza congregaziona-le alla presenza del Commisario prefettizio amministrante la Congrega­zione di Carità, Brighi Cav. Romualdo e di Tabacchi Enrico, mirandole-si, segretario politico del Fascio, viene stipulato un contratto di affitto n° 4 ambienti nel piano superiore del fabbricato Monte nel lato Sud-Est per uso ufficio e residenza del Fascio di Combattimento Sezione di Mi­randola per anni tre, con canone annuo di L. 1.000. Tale canone sarà riveduto nel 1926 e portato a L. 1.500.

Effettuati i lavori di sistemazione su preventivo spese di L. 5.854,20 dal ing. Alberto Vischi, nell’aprile 1926, vengono affittati alla Sezione della Mirandola dei Sindacati Nazionali Fascisti, cinque locali posti a le­vante dell’edificio Monte per anni tre con canone annuo di L. 2.500.

I lavori di sistemazione furono eseguiti dalla Cooperativa fra Mura­tori dei Comuni di Mirandola e Medolla che venne pagata con la somma di L. 6.100. Come si legge dalle fotocopie dei verbali 27/6/1927, si decise di tra­sformare il Palazzo Monte. La spesa complessiva preventivata in cifra tonda era di L. 300.000.

A seguito di trattative concluse in antecedenza con la locale Cassa di Ri­sparmio, si sarebbe ottenuto da detto Ente un mutuo per L. 300.000 con ammortamento a 20 anni al tasso di favore del 7°7o.

A garanzia del detto mutuo, con delibera 11/2/1928, viene concessa alla Cassa di Risparmio, annotazione su titoli di Rendita Pubblica vinco­landoli a favore della predetta Cassa per la somma di L. 300.000.

Da parte dell’ingegnere comunale Alberto Vischi viene proposto co­me assistente ai lavori il geometra Alvarez Pivetti “giovane attivo e capa­ce” che verrà assunto a compenso mensile di L. 400.

Nel 1927 si incominciano a prospettare varie soluzioni per trasfor­mare l’edificio del Monte, viene scelta quella della Galleria del Comme­rio, come risulta dal preventivo in carta bollata da L. 3 fatto dall’archi­tetto Mario Guerzoni con studio in Modena, Via Maraldo n. 40 telefono 9-76.

“La sistemazione a galleria offre vantaggi di maggiore riuscita dal lato estetico, mettendo in comunicazione la piazza Montanara (ora Maz­zini) con la via Fenice, larga e piena di traffico; su questi due lati vengo­no studiati gli accessi principali dei negozi… la via Castelfidardo e la Via Battisti sono troppo strette e male illuminate e di poco transito, per poter costruire botteghe affittabili a buon prezzo…

Verrà demolita quasi tutta la parte centrale fino al tetto ricavando così una strada coperta a vetri di circa 7 metri di larghezza…

Sulla Galleria hanno ingresso i negozi interni mentre i quattro gran­di in angolo hanno ingresso doppio: sulla strada e in Galleria. Si possono così ricavare 12 negozi, 4 agli angoli e 4 per Iato nella Galleria (4).

Al piano superiore invece si sono ricavati 8 locali per uffici e studi professionali oltre all’ufficio ed al gran salone che per accordi già presi col locale Direttorio, verranno destinati al Partito Nazionale Fascista. Il sottotetto viene lasciato allo stato attuale.

Con la nuova sistemazione si conserva quasi tutta la ossatura del fabbricato e non viene fatto nessun lavoro che pregiudichi le statiche dell’edificio stesso, che verrà invece avvantaggiato per l’incatenamento fatto dalle putrelle e l’abolizione della spinta delle volte al piano terreno… Segue dettaglio tecnico per i lavori per la spesa di L. 300.000 circa.

Una cartella dello studio notarile del notaio dott. Giuseppe Borellini in data 3 dicembre 1927 oggetto: Verbale licitazione a schede segrete ap­palto lavori murari ex Monte di Pietà in Galleria, su carta in bollo da L. 10 riporta il rogito con la descrizione delle offerte a scheda segreta da parte di 6 concorrenti:

Tomasini Leonida, capomastro muratore mirandolese.

Bonini Umberto di S. Possidonio Presidente della Cooperativa Mu­ratori di Mirandola e Medolla che aveva già sede a Mirandola in via Verdi 158.

Gavioli Anselmo, capomastro muratore. Malavasi Arnaldo, mirandolese, capomastro muratore. Caleffi Giovanni, mirandolese, capomastro muratore. Grossi Onesto.

All’apertura delle buste vi fu battaglia a tipo di asta a ribasso e la vinse Bonini Umberto con 20,50% di ribasso sulla somma prevista per i lavori murari di L. 180.000.

Il rogito porta nell’art. 7, la invariabilità del prezzo a forfait; nell’art. 9 il principio della ultimazione dei lavori che dovranno essere terminati 180 giorni dopo la consegna, con multa di L. 100 per ogni gior­no di ritardo ingiustificato.

Nell’art. 13, impiego di mano d’opera, l’assuntore si obbliga di impegnare soltanto muratori, manovali, birocciai ed eventualmente braccianti del Comune iscritti ai Sindacati Nazionali…………………..

Il lavoro è terminato il 26/8/1929 ed è collaudato il 10 marzo 1930.

I lavori di falegnameria occorrenti con lo stesso sistema dell’offerta segreta a ribasso furono affidati alla Coop. Falegnami per L. 38. 822.90. iniziati il 1° agosto 1928 e terminati il 27/8/1929.

La Ditta Guagliumi fornì opere in legno con trattativa privata per L. 4.200.

Le opere in ferro furono affidate alla Ditta Zanasi Domenico di Ca-sinalbo, per la spesa di L. 13.650 ultimati e collaudati in data 29/11/1928.

I lavori per l’impianto dei termosifoni effettuati dall’impresa ing. Usilio Focherini di Bologna furono collaudati il 15/2/1929 con la spesa a ribas­so d’asta di L. 22.300.

Con delibera espressa dalla Congragazione di Carità, nel luglio 1928, vennero affidate a Ditte locali gli impianti di acqua e luce elettrica: Pellacani Raffaele fece gli impianti d’acqua ed igienici collaudati il 26/9/1928 per l’importo complessivo a ribasso d’asta L. 3.930.-

L’impianto elettrico eseguito dai fratelli Pellacani Ennio e Renato per L. 4.435.

Lavori effettuati da privati di verniciatura e coloritura: Sig. Migliori e Rebecchi per L. 460.

Sig. Baraldini Luigi per L. 2.800. Sig. Masci Giuseppe per L. 1.550. Sig. Costantini Giovanni per L. 600. Spese di progetto:

Onorario al progettista architetto Mario Guerzoni L. 12.000.

Parcella ingegnere comunale Alberto Vischi L. 250.

Compensi dell’assistente ai lavori geom. Alvarez Pivetti L. 4.800.

Spese di rogito ed onorario Dr. Giuseppe Borellini per la stipulazio­ne del mutuo di L. 300.000 contratto con la locale Cassa di Risparmio pari a L. 5.200.

La Galleria prenderà il nome di “Galleria Carpigiani e Gallini” in memoria dei due fascisti uccisi il 26/9/1921 a Modena dalla Guardia Re­gia, corpo militare che svolgeva mansioni di ordine pubblico, poi disciol­to dal fascismo.

Nel 1928 mentre fervevano i lavori di adattamento dell’edificio del Monte a Galleria, Malavasi Ottorino chiede di ottenere il posto di “cu­stode della Galleria Gallini” e poco dopo anche Goldoni Quinci che era fattorino presso il fallito Credito Provinciale, presenta domanda per lo stesso incarico. Nel marzo del 1929 con delibera consiliare viene nomina­to custode con retribuzione di L. 250 lorde più contributo a favore della assicurazione per l’invalidità, alloggio gratuito nei locali della stessa Gal­leria, nel sottotetto del lato Sud Ottorino Malavasi, il quale dovrà accu­dire oltre alle mansioni di custode e quelle di pulizia, e al funzionamento di impianto di riscaldamento e sorveglianza. Il 4/12/1936 alla sua morte le mansioni passavano alla vedova Pignatti Anna che la tenne fino al 1963, anno nel quale passavano al figlio Malavasi Waldo che è stato uno degli ultimi ad abbandonare la Galleria quando fu dichiarata inagibile.

Il 23/5/1929, viene concesso per anni 10, al Comune, quale area di pubblico passaggio, quella sottostante alla Galleria di ragione dell’Istitu­to Monte; il Comune si dovrà assumere incarico della illuminazione e le spese per il funzionamento riservandosi la Congregazione di rescindere la convenzione…

Terminati i lavori, la Galleria, viene inaugurata con una grande fe­sta danzante tenutasi sotto la stessa per la durata di tutta la notte.

Dice il “Barnardon” del 1928 anno 50° “in dizembar passa j’an anch mis man ai lavor d’na galleria, in dal fabbricat dal Mont ad pietà, che da temp al na funziona più…

Nel 1929 anno 51° lo stesso lunario dice: “Donchina a la Mirandula, av dsiva, a se fat di gran lavor, in fatti à jo psu vedar al Palazz dal Mont ad Pietà trasfurmà in na bela galeria, opera d’un mirandules cal sfa unor, l’architet Guarzon, la dentar ag gnirà di ufizi dil beli buteghi e al sarà un bel sit in doa i negoziant in di gioran ad marcà i gandaran a tratar i sò intaressi…”.

(“Nona i me car Mirandules” di Vilmo Cappi e Giuseppe Morselli 1978).

Avendo deliberato di iniziare private trattative per affitti dei locali in via di adattamento, la Congregazione di Carità affittò all’Opera Na­zionale Balilla nel giugno 1929 un locale per L. 1.200 annue.

Sul lato sud-ovest al piano terra in angolo con la via Fenice c’era un negozio aperto da Veronesi Giovanni come Agenzia Agricola con vendi­ta di materiali per l’agricoltura; successivamente subentrò un certo Fon­tana di Fossa, che vendeva seminatrici agricole, pezzi di ricambio per macchinari e infine Ferruccio Artioi, barbiere, che vi rimase fino alla metà degli anni ’60.

Il 17 aprile 1929 vengono ceduti due locali sul lato sud all’interno della Galleria a piano terra per uso caffè a Nemo Gozzi per L. 7.100 an­nue, per anni 6. Oltre ai locali viene concesso l’uso dell’area di passaggio pubblico antistante al caffè fino alla metà della larghezza della Galleria, per esporre tavoli e sedie per uso del caffè che si chiamerà “Caffè della Borsa”.

Viene richiesto anche il prolungamento dell’orario di chiusura, ma purtroppo, il caffè avrà vita breve. Il 2 luglio 1930 il Gozzi è dichiarato fallito e subentra la moglie Sgarbi Zelinda che si impegna a lasciare liberi i locali per la fine del corrente anno. Giocando sul particolare che il ma­rito non si è mai presentato a stipulare il contratto di affitto, che la Con­gregazione pretendeva, la moglie, con vicende varie, riesce a tenere aper­to il caffè fino al maggio 1932, data nella quale compare l’ultimo docu­mento scritto che è una diffida al pagamento di un canone di L. 1.000 per il periodo l°/8 – 31/12/1931.

Nell’aprile del 1929, al piano terreno Baraldi Luigi di Cavezzo, pit­tore e decoratore, affitta per L. 1.700 annue un locale ad uso ufficio.

Purtroppo nell’aprile 1931 il Baraldi con lettera scritta a mano, cau­sa “disoccupazione involontaria” deve rinunciare all’affitto e lascia a pagamento dell’arretrato, i fregi e gli stucchi in stile rinascimentale e l’impianto luce in cavo di piombo. La proposta viene accettata e suben­tra una Guicciardini Maria per L. 50 mensili di canone, in qualità di par-rucchiera. Probabilmente la Guicciardi era la moglie del Baraldi e resterà fino al dicembre 1934 anno nel quale regolerà il suo canone di affitto con la/cessione alla Congregazione del lampadario elettrico esistente nel ne­gozio.

Nella stessa data (1929) vengono affittati ad uso studio per canone annuo di L. 2.750, due locali al 1° piano al sig. Malavasi rag. Francesco, agente generale dell’Istituto Nazionale della Assicurazioni; l’affitto e la occupazione dei locali cessarono verso la fine del 1934.

Sempre nello stesso anno a piano terra sul lato nord viene affittato un locale per L. 3.200 annue a Bulgarelli Gastone che nel 1932 rinnoverà il contratto per L. 1.200 e nel 1934 per L. 1.000. Gli subentrerà il sig. Luigi Mori di Mirandola, agente generale della Società Adriatica di assi­curazioni per canone annuo di L. 1.000 dal 1935 fino all’inizio de! 1937. Nel giugno dello stesso anno la ditta Goldoni Oreste, rilevò il locale per L. 1.200 annue con contratto di locazione per anni 6 (probabilmente questa volta si tratta del locale di angolo sul lato nord-ovest a fronte di Via Fenice).

Nel maggio 1929 veniva affittato un locale al 1° piano, lato sud per L. 650 annue alla Associazione ex Combattenti di Mirandola e nel 1932 esiste ancora una traccia della presenza della medesima Associazione nel­lo stesso ambiente che era assuntrice degli appalti comunali della Nettez­za Urbana, pesa pubblica e posteggio.

Nel maggio del 1929, al primo piano lato sud, per L. 650 annue, l’Associazione mutilati ed invalidi di guerra affitta un locale che terrà fi­no al 1931. Nel luglio 1929 in due locali posti al piano terra, la Cassa di Risparmio con contratto di locazione per L. 5.400 annue, apre un ufficio per la durata di anni tre, quale “Agenzia di Piazza” nell’angolo nord-est della Galleria. Tale agenzia verrà poi chiusa nell’aprile 1931. La Cooperativa Tipografica Combattenti di Mirandola, affittò nel 1929 un locale a piano terra al lato nord da adibire ad uso negozio di cartole­ria per L. 2.300 annue; la Tipografia aveva il laboratorio in Via Monta­nari, nel fabbricato del Vecchio Ospedale, pure in gestione alla Congre­gazione di Carità. La cartoleria chiuderà nel marzo 1931.

L’Associazione dei Commercianti nel giugno del 1929, affittò un lo­cale al 1° piano sul lato sud con canone di L. 1.700 annue per tre anni consecutivi.

Nell’aprile 1930 nuovo contratto per tre anni per L. 1.500 annue alla Fe­derazione Fascista dei Commercianti… E qui non è fatto cenno alla pos­sibilità che le due Associazioni Commercianti e Federazione, fossero o no Enti diversi.

Il geom. Alfredo Zucchi di San Possidonio nel novembre del 1929 ottie­ne il terzo locale a sud del fabbricato al 1 ° piano a contare dalla porta che dà accesso alla scala con canone annuo di L. 550 e per tre anni, ad uso studio. Pare che sul finire del 1935 lo studio fosse ancora aperto.

Il primo anno che la Pretura fu presente nella Galleria dovrebbe es­sere stato il 1930: occupava quasi tutto il 1° piano, lato nord, e sopra alla Pretura vi erano gli archivi. Sulla metà degli anni ’60, per la caduta di parte del soffitto, si trasferirà in altra sede.

Nel 1935, essendo vuoti molti locali al primo piano e al piano terra da parecchio tempo, viene accolta la richiesta di affitto del geom. Giu­seppe Gandolfi, per un locale al 2° piano sul lato est, con canone annuo di L. 750, ma nel marzo dell’anno successivo viene abbandonato.

In quasi tutti i contratti d’affitto precedentemente citati era Presi­dente della Congregazione di carità il Cav. Dott. Mario Tabacchi.

Nel 1936 vi sono accenni a locazione per: Avv. Ascari, Dr. Bergomi, Dr. Colombini, venuti a scadere in quel periodo. Consultando i rogiti di affitto dal 1928 al 1935, sarei portato a pensare che fossero annate molto fredde, poiché si rinvengono spesso lamentele scritte sul riscaldamento dei locali troppo scarsi. Spesso ci sono dei ri­chiami a pagare dei residui di affitto rimasti pendenti e molti locali resta­no sfitti per diversi anni, mentre i canoni di affitto, inizialmente alti, si riducevano anziché aumentare. La situazione economica nel nostro Pae­se, in quegli anni era molto precaria, come riporta anche il “Bernardon” del 1932, quando dice che anche Mirandola ha sentito la “stricca” del resto del mondo e spera che le cose migliorino con l’anno nuovo.

Nel 1934 dopo aver provveduto alla sistemazione dei locali che ave­va ospitato il Caffè della Borsa, su progetto dell’ingegnere comunale Al­berto Vischi, con preventivo spesa di L. 5.900, viene aperta la nuova sede delle Poste e Telegrafi.

Fino a questo punto ho trovato materiale nell’archivio del Monte, conservato nei sotterranei della Cassa di Risparmio, coadiuvato dal vali­do aiuto dell’archivista Alberti.

Proseguirò con notizie raccolte da testimonianze di persone che ri­cordano ciò che io posso aver dimenticato.

Nel 1936 a lato della scala che sale alla Pretura, Mussini Leopoldo vende strumenti musicali.

L’Alleanza Cooperativa Alimentari di Modena apre prima nell’an­golo nord-est Piazza Mazzini, poi l’angolo nord-ovest Via Fenice un ne­gozio di alimentari gestito dalla Famiglia Belluzzi (Ariella).

Il 5 dicembre 1941 la Cassa di Risparmio incorporò il Monte di Cre­dito su Pegno insieme alle proprietà collegate al predetto Istituto. Dopo il 1945 in Galleria al piano superiore sul lato nord: la Pretura e so­pra i suoi archivi. Sul lato sud, nell’angolo sud-est a fronte della Piazza Mazzini, un ufficio trasferitosi dal Municipio col nome di U.C.S.E.A. Si trattava di un ufficio istituito nel tempo di guerra e dipendente dal Mi­nistero dell’Agricoltura, che controllava l’ammasso dei prodotti cerealicoli e del frumento. Ci lavorò fino all’inizio degli anni ’50 il Sig. Emidio Benatti.

Negli uffici del lato sud, prospicenti alla via Battisti, lo studio dell’Avv. Bergamini di Cavezzo, lo studio dell’Avv. Tosatti di Medolla ed un ufficio della S.I.A.E.

Nell’angolo sud-ovest a fronte della via Fenice, l’ufficio della C.I.S.L. dove lavorano la Sig. ra Anita Spelta e Franco Cavicchioli; in questo ufficio, negli ultimi anni vi si tenne anche la sede della Federcac-cia che sbrigava le normali pratiche dei cacciatori e vi si tenevano lezioni per i neofiti onde prepararli a sostenere gli esami per la “licenza di cac­cia”, con frequenza bisettimanale.

Nel piano superiore, (sottotetto) abitava ancora la famiglia del cu­stode Malavasi Waldo, fra gli ultimi ad abbandonare la Galleria.

A piano terra stesso lato sud, nell’angolo con la via Battisti e la Piazza Mazzini, dapprima la sede delle Assicurazioni Generali gestita dall’agente Veronesi e da Golinelli Gustavo e successivamente mostre va­rie.

Proseguendo sempre sullo stesso lato, a piano terra, affacciati alla Galle­ria, gli Uffici Postali e nell’angolo sulla via Fenice, il negozio di Ferruc­cio Artioli, barbiere, che fu tra gli ultimi ad abbandonare la Galleria.

Sul lato nord, in angolo con la Piazza Mazzini, dopo che il negozio della Cooperativa Mandamentale di Consumo di Mirandola, gestito dai Belluzzi, si era trasferito sulla facciata della via Fenice, il locale rimase vuoto. Affacciati alla Galleria gli uffici del Monte, che sarà l’ultimo ad abbandonarla dopo la metà degli anni ’60, ove lavorava in quel periodo il rag. Franco Gavioli.

Il negozio musicale di Mussini si era trasferito e nell’angolo della via Fenice e la Cooperativa Mandamentale di Consumo di Mirandola aveva già chiuso prima della metà degli anni ’60.

Dichiarato inabitabile fu sbarrato al passaggio del pubblico con grandi lamentele dal “Barnardon” che vedeva andar tutto in rovina, an­che nel 1975 quando prevedeva che entro il 2000 tutto avrebbe potuto trovare una sistemazione.

Dopo almeno 15 anni di attese e di speranze, come accenna il “Bar­nardon” (che così non ha più ragione di lamentele) … il 3/5/1982 si dà inizio ai lavori di restauro della Galleria.

Anche questa volta su progetto di un mirandolese: l’ing. Giuseppe Bonini e da parte della Cooperativa Muratori del Comprensorio di Mi­randola.

Durante la demolizione di tutte quelle parti che erano da rinnovare, molte sono state le sorprese per esempio le arcate che poggiavano sulle colonne non erano solide come si pensava, ma costruite con abbondanza di legno e arelle.

Nella parte alta a fronte della Via Fenice sul lato sud-ovest, nel sot­totetto, difficilmente raggiungibile dai piani abitati a causa del modo in cui era costruito, i muratori hanno trovato tracce di un rifugio nascosto ove erano rimasti degli ammassi di paglia foggiati a giaciglio, degli scar­poni chiodati militari e tante scatolette militari italiane aperte, che aveva­no contenuto della carne e altri alimenti…

Estratto da “LA SGAMBADA 1984” .