I dolci della tradizione
Un breve sguardo ai dolci di casa nostra:
la specialità più tipica della “Bassa” è senza dubbio quella leggendaria ciambella senza età che nel Mirandolese si chiama “basulan” ma che in altri paesi della “Bassa” si chiama “bensone” (in dialetto “balson”), come ad esempio a Cavezzo o a Medolla. In quest’ultimo paese, Medolla, verso l’inizio di luglio, si tiene ogni anno l’antichissima “Fiera di Bruino”, con un’intera giornata dedicata al “bensone” che viene offerto gratis a tutti. Il “basulan”, come si è detto, è una ciambella dolce, dal classico colore giallino, generalmente di forma allungata, fatta con farina, uova e zucchero e poi cotta al forno. Il suo destino preferito è quello di essere consumata intinta (meglio ancora “pucciata”) nel vino amabile, meglio se è Lambrusco.
Di assoluta tipicità è anche il “pane di Natale” della nostra terra, una antica risposta della “Bassa” al panettone milanese. Per fare questo “pane di Natale”, dal caratteristico colore scuro, si usano parecchi ingredienti: la farina di grano tenero, che viene impastata spesso con la “saba”, poi gherigli di noce, fichi secchi, uva sultanina, arachidi, qualche pezzo di zucca, pezzetti di mele campanine e mele cotogne, un bel po’ di “sapore”, qualche chiodo di garofano e lievito.
Tutto viene impastato per vario tempo e poi messo al forno, non prima però di avere tracciato un profondo segno di croce sulla sommità dell’impasto ormai rossastro. Dopo la cottura, che non sarà breve, il “pane” a forma semisferica viene bagnato di nuovo con la “saba”. La tradizione vuole che alcune fette di questo “pane di Natale” debbano essere lasciate sul tavolo di cucina nella notte della vigilia, affinché Gesù Bambino, se per caso entra in quella casa, se ne possa cibare.
Ma, dato che Gesù Bambino è appena nato, era logico mettere sulla tavola anche un bicchiere di latte. Altri dolci caratteristici erano (e in parecchi casi sono ancora) i “tortelli” che venivano fatti con il ripieno di “sapore” e potevano essere sia fritti che cotti al forno, talvolta anche con il ripieno di castagne secche. Venivano consumati soprattutto nei periodi di Natale e di Carnevale. Ma per Carnevale, soprattutto il “giovedì grasso”, erano di rigore le già citate frappe chiamate “Chiacchiere”, le nastrine di pasta sfoglia dolce di cui abbiamo già parlato.
Due brevissime parole, infine, sui vini,: si fa presto a dire vino, perché in tutta la “Bassa”, ieri come oggi, regna incontrastato sua Maestà il Lambrusco, che può essere Salamino di Santa Croce, specie nella zona nord-ovest del nostro territorio, o di Sorbara, nella parte sud. Con i nostri cibi, non tutti leggerissimi, il Lambrusco è il vino più adatto, quello che ci vuole.
Ma non mancano anche certi vinelli bianchi, pure leggeri, tipo Trebbiano, che forse non avranno tipicità ma sono estremamente gradevoli, specie d’estate, freschi al punto giusto.
Questi i nostri “mangiari” tipici, quelli del buon tempo antico. Poi il mondo è cambiato, è arrivata la pizza, sono arrivate le tigelle e il tiramisù. L’unica cosa tipica che è rimasta è l’antico appetito, diete permettendo.
Si potrebbero aggiungere due parole sulla frutta: decisamente tipiche erano le famose “mele campanine”, delle quali, come ricordava lo storiografo mirandolese don Felice Ceretti, nelle sue note storiche sull’”Indicatore Mirandolese” dell’agosto 1877, “si fanno larghe provviste e si trasportano fino a Venezia e ad altre città”. Ma don Ceretti, oltre ai “pomi campanini”, ricordava anche che “Assai saporite sono le pesche di questo suolo” e, come abbiamo visto, che “ottime sono pure le uve nere chiamate d’oro” dal picciolo rosso”. Di discreta importanza anche le produzioni di mele renette, delle mele cotogne, delle prugne di Santa Rosa e delle “panigone”.
Infine, sempre per stare nel tradizionale, non vorremmo dimenticare che in tutte le case di campagna un tempo si facevano le cosiddette “ciappelle” con le mele campanine, vale a dire lunghe collane di spicchi di mela, infilate in uno spago e poi messe ad essiccare al sole autunnale. Si apprezzavano molto durante la stagione invernale e si usavano anche per preparare il “pane di Natale”.
Tratto da : Antiche tradizioni mirandolane
Autore: Giuseppe Morselli
Edizioni Bozzoli
Anno 2006