Giugno – La Notte di San Giovanni
…E quasi tutta questa atmosfera magica si concentra nella notte che comincia il 23 giugno e arriva fino all’alba del 24, festa di San Giovanni Battista, il cosiddetto precursore di Gesù Cristo. Premesso che il nome di Battista gli deriva dal fatto di essere stato l’”inventore” del battesimo, essendo stato il primo a battezzare i fedeli della Palestina nelle acque del fiume Giordano, compreso lo stesso Gesù, Giovanni era di nobile famiglia sacerdotale ebraica. In seguito, avendo disapprovato a chiare lettere il matrimonio di Erode Antipa con la cognata Erodiade, ma con il segreto intento di sedurre la di lei figlia, cioè la giovane e bella Salomè, fu decapitato per ordine dello stesso Erode, re dei Giudei. Insomma, un santo la cui vicenda umana, nobilitata da un’assoluta integrità morale, ha fatto molto parlare di sé.
Secondo una prima tradizione che risale al Medio Evo, gli agricoltori della pianura padana credevano che nella notte che precede la festività di San Giovanni avvenissero fatti a dir poco prodigiosi: soprattutto grazie alla magica rugiada di questa notte che, immancabilmente, scende a bagnare ogni cosa, si credeva che le piante acquistassero poteri miracolosi, atti anche a sanare qualunque malattia e a rendere prodigiosamente ricche di frutti le stesse piante. Si pensava anche che se in quella straordinaria notte fosse piovuto (cosa che accadeva di rado) tutta la restante estate sarebbe stata particolarmente asciutta.
Anche perché, pochi giorni prima, si era verificato il solstizio d’estate in cui cadeva il giorno più lungo dell’anno. Sempre nella notte di San Giovanni, in quasi tutti i paesi d’Europa si accendevano fuochi propiziatori, soprattutto nei punti più emergenti, come le sommità delle colline e gli argini dei fiumi (dove esistevano): questi falò servivano a conservare la salute almeno fino al prossimo giorno di San Giovanni, allontanando le malattie, in particolare quelle epidemiche. Non solo ma il fuoco notturno aveva la sua brava importanza anche ai fini della salvaguardia dei beni, contro qualsivoglia calamità, come le alluvioni, i terremoti, gli incendi e le pestilenze.
Si racconta che in certi paesi dell’Europa nord occidentale, dove l’influsso celtico era più evidente, era anche necessario saltare sui fuochi e così si prevenivano le coliche e si stipulava una sorta di virtuale assicurazione contro gli incendi.
Nelle Venezie e anche nella nostra “Bassa”, c’era la credenza (o per meglio dire, la sicurezza) che i fuochi di San Giovanni tenessero lontane tre categorie di soggetti da evitare, e cioè le streghe, i mori che avevano la pelle troppo abbronzata e i lupi, che qui da noi praticamente non c’erano, ma che si potevano sempre inventare nel raccontare le favole ai bambini. Nel Mirandolese, e soprattutto nella zona della “Spianata”, le streghe e gli stregoni erano praticamente di casa. E questa non era una fantasia, poiché vari scrittori hanno affermato che nel Cinquecento, ad esempio, i luoghi deputati per i convegni delle streghe più noti in Italia, erano il monte Tonale fra Trentino e Lombardia, il Barco nei pressi di Ferrara, la Spianata della Mirandola, il colle Paderno sopra Bologna e il più famoso noce di Benevento. E se qualcuno non crede a noi, deve credere almeno a quanto scritto nel libro XV della “Storia Universale” del celebre Cesare Cantù. Comunque tutti sapevano che la relazione fra i falò notturni di San Giovanni e le streghe era molto stretta, tanto più alla Mirandola dove si tenevano grossi “sabba” culminanti con l’”orribil gioco della donna”. E tutto questo non era certamente una novità, la faccenda era ben nota anche al Signore della Mirandola Giovanni Francesco II Pico, che fu costretto a chiedere l’intervento della Santa Inquisizione, che agì con parecchia convinzione, mettendo a morte qualche dozzina di streghe e di stregoni, fra cui un sacerdote, don Benedetto Berni di 72 anni, accusato, fra le altre cose, di avere una relazione carnale con una bellissima strega chiamata “Armelina dai ladri occhi”, che era invisibile a tutto il popolo, tranne che al vecchio sacerdote che fu poi regolarmente bruciato vivo nella piazza della Mirandola, con la “sua” Armelina nascosta tra la folla che don Benedetto riusciva a vedere con le lacrime agli occhi.
Ebbene, la notte di San Giovanni aveva un suo strano fascino proprio perché nel corso di questa nottata, breve ma intensa, le streghe si davano convegno per celebrare i loro orgiastici sabba e le loro misteriose riunioni, fatte di sesso, libagioni estreme e amori trasgressivi, tuttavia senza fare del male a nessuno. Non tutti lo sapevano, ma c’era un buon sistema per osservare le riunioni delle streghe senza essere visti da loro: era infatti sufficiente mettersi al centro di un crocicchio, appoggiando il mento sopra l’ansa di un forcale, di quelli che servivano a “studiare” il fieno. Bisognava comunque essere molti attenti ad aguzzare la vista e a non essere scoperti. In questo caso erano previste parecchie maledizioni.
Oltre ai rituali falò, allo scopo di allontanare queste scomode streghe, gli ancora più temibili demoni e l’arrivo del malocchio, nella notte di San Giovanni era una buona abitudine precauzionale raccogliere e poi bruciare alcune particolari varietà di erbe antimalocchio. In ogni caso, molte erbe erano idonee a scacciare diversi tipi di malattie e a prevenire brutte notizie sugli affari e in amore.
Tratto da: Antiche tradizioni mirandolane
Autore Giuseppe Morselli
Edizioni Bozzoli
Anno: 2006