Livio Bonfatti – Curiosità – Un confine lungo…”mille anni”.

Livio Bonfatti – Curiosità – Un confine lungo…”mille anni”.

17 Settembre 2025 0
Livio Bonfatti

Livio Bonfatti, mirandolese di nascita (1947), ha conseguito il diploma di geometra nel 1968. Ha svolto l’attività lavorativa presso l’Ufficio Tecnico del Comune di Mirandola. Dal 1985 al 1988 ha collaborato alle iniziative editoriali della casa editrice “Al Barnardon” mediante articoli e con impegni redazionali. Dal 1988 è socio della Associazione culturale Gruppo Studi Bassa Modenese e partecipa attivamente alla elaborazione di progetti editoriali. Contemporaneamente pubblica numerosi articoli sulla Rivista semestrale dell’ Associazione. Gli argomenti trattati spaziano dalla idrografia antica, alla geomorfologia storica, ovvero mettendo a fuoco quella che definiamo la “storia del paesaggio”, accompagnata da una puntuale ricerca archivistica. Il territorio preso in esame è quella parte di Pianura Padana  che si distende dalla via Emilia sino al Po.

Principali pubblicazioni.

  1. Bonfatti, Mirandola sulla Secchia, in La Sgambada , 5ª edizione, Mirandola 1985.
  2. Calzolari- L. Bonfatti, Il Castello di Mirandola dagli inizi del Settecento alla fine dell’Ottocento: “descrizioni”, documentazione cartografica e trasformazioni planimetriche, in Il Castello dei Pico. Contributi allo studio delle trasformazioni del Castello di Mirandola dal XIV al XIX secolo, Mirandola 2005.
  3. Bonfatti, Manfredo del Fante. La Bassa Modenese sul finire del XII secolo, vista attraverso le vicende di un cavaliere medievale, «QBMo», 70 (2017).

Curiosità- Un confine lungo … “mille” anni.

Una ventina d’anni or sono, il Responsabile dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Mirandola segnalò all’Amministrazione, la necessità di rinominare una via comunale, posta nella frazione di San Giacomo Roncole, perché risultava avere due intitolazioni, creando così disguidi postali per i residenti.

Infatti, la via in questione assumeva il nome di “Stradello di confine modenese” per i mirandolesi abitanti lungo la via e di “via Modenese” per quelli collocati, sul versante di levante e quindi in Comune di Medolla. Si giunse opportunamente a regolarizzare il tutto chiamandola “via Modenese”. Ora vorrei ricordare che il dilemma posto di recente non rappresentasse una novità e che già in passato quello “stradello” avesse sollevato dubbi sulla sua appartenenza.

Nel 1222 il Comune di Modena (ora diremmo la Provincia di Modena) avvertì la necessità di definire i confini territoriali dell’episcopatus Mutinae e di identificare con ciò il distretto comunale. Sono incaricati personaggi noti che percorrono tutta la linea confinaria descrivendo gli elementi naturali, vie, corsi d’acqua, nonché abitazioni e relativi residenti dei paesi, toccati dal confine.

A questo punto mi avvarrò di brani di un contributo di Mauro Calzolari, che ha effettuato, al riguardo, una meticolosa ricerca archivistica[1].

“A partire da tale epoca il confine che definisce le varie giurisdizioni che si incontrano in questo areale, risulta sostanzialmente stabile e aperto agli scambi tra le comunità e le persone; non è certo una frontiera che divide, una zona di scontro tra diversi espansionismi. Pur tuttavia è la demarcazione di una “periferia” soggetta al controllo dell’autorità con poteri pubblici, soprattutto per quanto riguarda le esazioni fiscali (nel nostro caso, la riscossioni dei dazi sui prodotti agricoli e sulle merci in transito) e l’amministrazione della giustizia.”

Per quanto riguarda il confine individuato per la località di Medolla, a partire da Santa Liberata sino alle pertinenze della località di Camurana, è così descritto nel documento storico:

“ Eodem die terram Medole predicti invenerunt tales fines: a domo Petri Boni usque ad domum Rodulfi Gualandi, et a domo Rodulfi Gualandi prout vadit Flumesellus usque ad domum Iohannis Tritiche per medietatem domorum istius Iohannis, et vadit usque ad domum Geminiani Usavace, qui predicti pro comuni Mutinae in dictis locis fines imposuerunt Segundo Ferario, Egidio eius fratre, Bignardo de Medola, Ianello Coste de eodem loco, qui omnes iuraverunt ostendere fines bona fide, remoto odio et amore, qui predictos fines ostenderumt”

Ho voluto riportare il testo, per esteso e in latino, in quanto la pergamena costituisce una pietra miliare per lo studio di questa porzione di territorio soggetta a Modena. Volendo esplicitare le caratteristiche sopra descritte occorre sottolineare che:

  • I residenti medollesi che abitano sulla linea di confine sono (a partire da Santa Liberata e procedendo verso Camurana): Petri Boni, Rodulfi Gualandi, Johannis Tritiche, Geminiani Usavace. Sono chiamati a testimoniare la correttezza della confinazione le seguenti persone (anche loro abitanti dei luoghi descritti): Segundo Ferario, con il fratello Egidio, Bignardo de Medola, Ianello Coste. Dai nomi di questi personaggi si può capire che nel 1222 iniziano a comparire i cognomi, alcuni di essi conservatisi fino ad oggi.
  • Sempre nello stesso anno viene certificata l’esistenza dei centri abitati di Medolla (Medole) e di Camurana (Camurane)

In merito poi a questa linea confinaria Calzolari così aggiunge:

“Dunque partendo dalla corte di Medolla, la linea confinaria incontra case di privati, dei quali non abbiamo altre notizie, fino a coincidere con un tratto del Fiumicello (prout vadit Flumesellus), un corso d’acqua oggi scomparso, ma che sembra ricordare un alveo scomparso del Secchia medievale, sulla linea Cavezzo-Camurana. A poca distanza, dalla parte “reggiana sino a Camurana”, si trova la chiesa di Roncore, oggi San Giacomo Roncole, nella corte di Quarantoli”.

Fin qui lo storico, non è possibile andare oltre, a ritroso, in quanto non vi sono o non si sono conservati atti che possano certificare, con esattezza, le condizioni fisiche del territorio preso in esame. Tuttavia per l’indagine storica sono ora utilizzati strumenti che appartengono ad altre discipline scientifiche, quali: la geologia, la geomorfologia e le foto satellitari. Da quest’ultimi elementi si possono ricavare informazioni utili per definire l’evoluzione di un contesto territoriale e in primo luogo le foto satellitari ci fanno riconoscere l’esatto corso del Flumesellus, a partire dalla attuale località di San Martino Secchia sino alla periferia di San Felice sul Panaro. Sempre le foto ci illustrano il tratto fra Santa Liberata e Camurana, che combinate alle rilevazioni altimetriche ci forniscono le esatte dimensioni del dosso formato da questo fiume medievale.

 In conclusione, questi rilievi ci consentono di affermare che l’alveo relitto di questo fiume antico si trova sotto il campanile e chiesa intitolata ai SS. Filippo e Giacomo Apostoli, sotto i fabbricati costituenti il ristorante Ganzerli Da Saùl, formando, poi, un’ampia ansa in corrispondenza del parcheggio della Vantive (già Baxter) e dirigendosi verso Camurana.

La via Modenese rappresentava la carrareccia che fiancheggiava il fosso- fosso di gronda– di scolo dei terreni di pertinenza di Medolla. Non è possibile dire quando questo fiume si sia formato, ci mancano ancora nuovi strumenti d’indagine quali lo studio delle sabbie sedimentarie, la chimica dei suoli e delle sostanze organiche presenti sul fondo del canale fluviale. Per ora ci dobbiamo accontentare di ipotizzare che il ramo di Secchia passante dove ora è San Giacomo Roncole, denominato Muclena nei documenti medievali, avesse tratto origine nel periodo della “piccola era glaciale tardoantica”, ovvero fra il 536 e il 660 d.C.[2]

Ma quando la via Modenese cessa di essere un confine fra due Stati, cioè fra il Ducato dei Pico e gli Estensi? “…il 7 settembre del 1686 Anna Beatrice D’Este Pico, moglie e mandataria del duca Alessandro II Pico, si reca personalmente a Modena dal duca Francesco II d’Este, suo pronipote, per chiudere la vertenza con un accordo amichevole, che menziona soltanto Montalbano e la Cà Rossa. Il settore controverso viene diviso a metà, di modo che tocchino ad ogni parte tre case; l’oratorio di Santa Liberata spetta a Modena, mentre l’appezzamento della Cà Rossa viene donato a Mirandola [la Cà Rossa si trovava all’incrocio della attuale SS 12 con la via per Camurana, ovvero al Maróň salvàdagh, cioè l’ippocàstano] con esclusione di una striscia sui lati sud ed est, dove si realizza una strada con il relativo fosso, che viene assegnata tutta a Modena e che costeggia il confine”. In realtà solo il 28 settembre 1711 la via Modenese perderà la qualifica di confine in quanto, all’epoca, tutto il territorio appartiene al duca di Modena Rinaldo d’Este.

Foto 1: L’immagine mostra l’innesto della via Modenese nella SS 12. Sullo sfondo si intravede il luogo denominato “Maróň salvàdagh

Foto 2: La mappa topografica riporta l’abitato di San Giacomo Roncole nei primi decenni del XX secolo. Nella parte alta sono indicati gli edifici colonici costituente la Cà Rossa.

 

[1] M,Calzolari, Il confine tra Mirandola, Modena e Ferrara, dal Medioevo all’Età moderna, in Ecclesia de Motizolo. Una parrocchia rurale e il suo territorio, Atti della Giornata di Studio a cura di B. Andreolli e M.  Calzokari, Parrocchia di Mortizzuolo e Gruppo Studi Bassa Modenese, Mirandola 2009, pp. 137-162.

[2] L. Bonfatti, L’Alto Medioevo a San Possidonio (MO): l’ambiente e il territorio, in QBMo, 77, 2020, Gruppo Studi Bassa Modenese, pp.34,35.

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