Livio Bonfatti – Non è mai troppo “presto”

Livio Bonfatti – Non è mai troppo “presto”

11 Febbraio 2025 0
Livio Bonfatti

Livio Bonfatti, mirandolese di nascita (1947), ha conseguito il diploma di geometra nel 1968. Ha svolto l’attività lavorativa presso l’Ufficio Tecnico del Comune di Mirandola. Dal 1985 al 1988 ha collaborato alle iniziative editoriali della casa editrice “Al Barnardon” mediante articoli e con impegni redazionali. Dal 1988 è socio della Associazione culturale Gruppo Studi Bassa Modenese e partecipa attivamente alla elaborazione di progetti editoriali. Contemporaneamente pubblica numerosi articoli sulla Rivista semestrale dell’ Associazione. Gli argomenti trattati spaziano dalla idrografia antica, alla geomorfologia storica, ovvero mettendo a fuoco quella che definiamo la “storia del paesaggio”, accompagnata da una puntuale ricerca archivistica. Il territorio preso in esame è quella parte di Pianura Padana  che si distende dalla via Emilia sino al Po.

Non è mai troppo “presto”

Una volta si diventava nonni in una età, diciamo giovanile, a metà dei cinquant’anni, quando si era ancora occupati in un lavoro stabile e ci si dedicava agli amici nel tempo libero. Ora, vuoi per la durata  di studio dei nostri figli od anche per trovare un lavoro di soddisfazione, la nascita dei nipotini è ritardata di dieci o più anni e i nonni sono sempre più anziani, per accudire teneri “pargoli”. Cioè si diventa nonni quando questa tipo di assistenza all’infanzia costituisce la vera ed unica occupazione quotidiana. Il nipote rappresenta “un concentrato d’affetto” che fa trascurare ogni altro impegno. I nonni dedicano ai nipoti una attenzione che fa dire:« Neanche con i miei figli ho provato tanta emozione nell’accompagnarli negli anni della loro crescita!».

La prematura scomparsa di mia moglie Donata mi ha convinto a svolgere, nei confronti dei miei nipoti, Caterina e Carlo, i compiti abitualmente sostenuti dalle nonne. Quindi mi sentivo impegnato con loro, non solo, ad accompagnarli a casa, dopo l’uscita dall’asilo nido o dalla scuola materna, ma di coadiuvare la mia consuocera nel somministrare la merendina pomeridiana o di sollecitare giochi o passatempi che li tenessero impegnati sino al ritorno dei genitori. Erano ore gioiose, allegre, trascorse coi miei bimbi e le loro cuginette. Però bisognava prestare attenzione in quanto i bimbi, impegnati nei giochi, avvertivano solo all’ultimo momento, dell’esigenza impellente di recarsi in bagno. Infatti raramente i loro “bisogni” fisiologici venivano espletati nelle ore scolastiche, poiché solo la tranquillità di casa consentiva un rilassamento che facilitava l’evacuazione. Ed allora erano corse in bagno, per evitare di “farsela addosso”. Per ovviare a questo inconveniente, che avrebbe costretto, noi nonni, a cambiare loro gli indumenti, escogitammo di invogliare i bimbi a recarsi in bagno promettendo che:« Vieni che ti leggo una “favoletta”, anzi ti farò scegliere il racconto più bello!». Quante volte, a turno tra me e l’altra nonna, ci si accomodava sul bidet a leggere il racconto scelto da Carlo, che posto sul water, “risolveva il suo problema”! Carlo ricordava sempre il punto di sospensione della lettura del giorno precedente, per cui difficilmente noi adulti avremmo riletto le stesse pagine due volte di seguito. Questo “accompagnamento” doveva conseguire due risultati, il primo di vedere se la “popò” del bimbo era regolare, il secondo di provvedere, noi adulti, alle abluzioni nel bidet, in quanto Carlo era troppo sollecito nello svolgere questa mansione, ottenendo esiti scarsi.

Devo però ammettere che il vero risultato positivo di tutto quanto sopra era l’interesse che Carlo manifestava, ascoltando con attenzione la trama sviluppata nella favoletta, per i personaggi citati ed il loro comportamento, ricordando, con vivo interesse, le loro malefatte. Rammentava perfettamente i nomi degli interpreti, le loro fattezze, pronto a correggerci, se noi lettori ci fossimo, qualche volta, sbagliati. L’immaginazione del bimbo sopperiva alla eventuale mancanza di figure illustrate e si “sbizzarriva” alle descrizioni dei “suoi eroi”, persone, animali o cose, in modi del tutto fantastici o irreali. Poi Carlo, nel corso dell’anno 2023, ha iniziato la scuola primaria, però il “rito del bagno” è continuato, senza differenze, per tutta la classe prima. Nell’autunno dello scorso anno il bimbo ha iniziato a frequentare la classe seconda e qualche cambiamento si avvertiva “nell’aria”. Infatti in un pomeriggio di novembre, raggiungo la casa di Cosetta, non c’è Carlo assieme alle altre bimbe e allora chiedo alla nonna: « Scusa, Cosetta, ma non c’è Carlo?» ed ella mi ha così risposto:« È in bagno!». Mi permetto di insistere dicendo:«C’è andato da solo?», «Si!». Mi avvicino “quatto, quatto” al bagno e sento una vocina uscire dalla porta, è Carlo che si stava leggendo la “favoletta”. Devo dire che, da nonni attempati, abbiamo la “lacrimuccia” facile e anche in questo caso, forse, ho dovuto tirar fuori il fazzoletto.

Didascalia della foto: Carlo impegnato nei primi esercizi di lettura.

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