1841 – Vallalta – Via Confine, contrabbandieri e il “Dialetto in Bagàssa”.

1841 – Vallalta – Via Confine, contrabbandieri e il “Dialetto in Bagàssa”.

5 Marzo 2023 0

Il passaporto di valenza annuale dell’agricoltore Angelo Bellardi di Vallalta, rilasciato dal duca di Modena Francesco IV il 9 maggio 1841, è un documento di eccezionale rilevanza sul ver­sante della viabilità e dello spostamento di merci e bestiame nelle zone di Frontiera.

Tutti i sudditi del Duca Estense che per esigenze di lavoro, come nel caso di Bellardi che doveva recarsi a Bondanello nel mantovano per accudire il proprio bestiame, erano muniti di passaporto per poter attraversare senza problemi i posti di blocco e di controllo della frontiera fra lo Stato Estense e l’austriaco Lombardo-Veneto.

Il confine era segnato da un antico segno idrografico dato dal canale Rame, che si snodava sinuosamente a fianco della strada o nella fertile campagna da via Cappelletta-Stoffi a Ponte Bizzarro. Il luogo di transito per merci e persone si concentrava perlopiù nell’incrocio della “Cappelletta-Stoffi”, dove ancora oggi si può osservare la settecentesca cappellina devozionale dedicata alla Ma­donna, di fronte al caseggiato Bertoli, ormai in stato di abbandono, che al tempo era la Caserma dei Dragoni del Duca di Modena, poi il forno di Lelio Bonomi e l’agglomerato di case adibite a residenza.

Il posto blocco e il confine fra i due Stati (Pico e Gonzaga e successivamente ducato di Modena Regno d’Italia e Lombardo-Veneto), contrassegnato dal dugale Rame e dalla Via Confine era un ostacolo superabile da parte di tutta quella schiera di contrabbandieri che a quel tempo prolifera­vano in tutte le zone di frontiera e battevano i sentieri di campagna. E’ ancora in auge e conosciuto dalla gente di confine il detto popolare: “Gent da cunfin, o ladar o sasìn”.

La frontiera è stata in vigore dal 1386 al 1866, ma con l’avvento dell’Unità d’Italia del 1861 per transitare dal modenese al mantovano non sarà più necessario il Passaporto, ma solamente un Passo Provvisorio rilasciato dalla pubblica sicurezza del comune di Concordia. Come è riportato nel quaderno di ricerche storiche ed etnografiche “Storia di Vallalta e dintorni” di Giuseppe Malaguti dell’aprile 2003, al tempo della Frontiera si contrabbandava di tutto: tabacco, stoffa, vino, formaggio, sale ed altri generi alimentari.

In via Valle a Santa Caterina abitava la famiglia dei “Buidor” (bollitori) che dal vino ricavavano la grappa senza alcuna autorizzazione, pertanto da contrabbandare. A San Giacomo delle Segnate vivevano i Fratelli “Caplon” che smerciavano stoffe e pelli non tutto in modo regolare. A Vallalta la famiglia di Prospero Mantovani “Prusparet” vendeva vino nei paesi del mantovano.

Una curiosa e significativa storia di via Confine, tramandata nel tempo, fa riferimento ad una scrofa che avendo appena partorito era stata legata al palo per tenersi vicino i suoi maialini. Mangiata la corda, l’animale incominciò a bighellonare sino ad attraversare il canale Rame e finendo all’estero. Quando i proprietari si accorsero dell’evento, preoccupati di perdere la scrofa o di prendere una fucilata passando il confine per andare a riprenderla, pensarono di escogitare un piano basato sull’attaccamento materno. Infatti andarono a recuperare i maialini e li portarono sulla riva op­posta del canale, in modo che la loro mamma sentendoli gridare per la fame, attivasse per istinto il ritorno a casa.

Altro elemento di straordinaria rilevanza etnografica della “Gente di confine” era l’abitudine di affibbiarsi un soprannome, una semplice modalità per rimanere nell’anonimato e cercare di sfug­gire alle eventuali liste dei ricercati. Questa gente di Vallalta per motivi di sicurezza e segretezza parlava tra loro e comunicava con una originale lingua, un proprio gergo criptico noto come “Dia­letto in bagàssa”, conosciuto e trasmesso oralmente sino alla prima metà del XX secolo. L’ultimo personaggio in grado di parlare questo particolarissimo idioma di confine, è stato un certo Zorè Gozzi detto “L’umin”, che abitava in via Confine e scomparso nel 1998. Nella ricerca di Malaguti è riportata una frase con “Dialetto in bagàssa” con traduzione, che trascriviamo: “Ber incorsa ad tlarton parchè quand al baglian al va a li trumi at truare la smars mal baghida e l’erbosa svàna”, che significa “Ragazzo mangia di questo pane perché quando il sole va al tramonto troverai la polenta mal cotta e l’insalata mal condita”.

Quando a conclusione della III Guerra di Indipendenza del 1866 furono abolite le barriere doga­nali fra il modenese e il mantovano, il gergo non fu più segregato e divenne nella zona di Vallalta di dominio pubblico, pertanto in un primo momento si trasmise di padre in figlio ma poi si di­sperse sotto la polvere del tempo.

Il misterioso dialetto in “Bagàssa” è ancora percepito dalla popolazione anziana della frazione concordiese con un certo orgoglio, come una memoria storica di un linguaggio che affonda le sue radici in un antico micro-sistema lessicale.

Con l’intento di dare una certa continuità conoscitiva e linguistica a questo straordinario gergo ottocentesco dei contrabbandieri, si riportano alcuni vocaboli del “Dialetto in Bagàssa”, raccolti da Nello Bozzini nel “Quaderno della Bassa Modenese” n. 33 del giugno 1998.

albarèi (uovo), arbósa (insalala), baglìr (cuocere), bèr (ragazzo), bilia (danaro), brumbél (mela), cài (malato), capunéra (prigione), cariméht (bevuta), carir (bere), catrùli (zucche), crai (cavallo), fèning’ (sciocco, oggetto di scarso valore: deriva dal­la moneta austriaca che nel secolo scorso era di infimo valore), fucialm (soldi), gàn (gendarme), ganìa (mano), gàrga (ragazza), grìm (vecchio), gó (anormale), gròla (bottiglia), incorsar (mangiare), lampét (occhi), lussìa (acqua), maràia (gentaglia), maròk (pane), murfìr (mangiare), mustós (seno), pàbi (bocca), par Pél (formaggio), pistul (scaldaletto), pulég’ (letto), ramn (uva), raspant (pollo), rundulìn (grano), rustidur (ladro), rustìr (rubare), scultèli (orecchie), jmar (polenta), sufàr (piacere), supòrt (cappello), svari (bello), skàbi (vino), tlartón (pane), trìnko (trucco), trumi (tramonto), ucialìn (fagioli), ufèli (paste dolci), ukèla (uva).

Tratto da: Storia e Storie – Toponomastica, eventi e personaggi di Concordia.

Autori: Vittorio Negrelli – Disma Mantovani

Anno 2011

Edizioni E.Lui

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