Antichi palazzi – Villa Ferri – San Felice sul Panaro
Villa Ferri - Veduta aerea
Le prime notizie circa un casino di proprietà allodiale di Francesco IV a San Felice, collocato poco fuori l’abitato verso sud, datano intorno al 1826. Il fabbricato, già Frigieri e prima ancora identificabile forse nel «Palazzo del S. Fran. co Campi» riportato in una mappa secentesca (Modena, Archivio di Stato, Mappano Estense, Territori 13), consisteva all’epoca dell’acquisizione ducale in un corpo di fabbrica con torre addossata a nor-est e fabbricato rustico ad uso rimessa di lato (Modena, Archivio di Stato, Mappario Estense, Genio Militare, Città 13). Intenzione del Duca, subito chiaramente espressa e messa in atto, fu di ricavarne un casino di più armoniche proporzioni, ad uso del Principe Ereditario nei suoi soggiorni di caccia nel Bosco della Saliceta, riserva personale degli Estensi fin dal XV secolo.
Numerose mappe tra il 1826 ed il 1827 riportano il complesso nell’assetto originario su cui si sovrappone il progetto della lunga provana in direzione sud, sulla quale avrebbe poi prospettato il fronte principale, rivolto pertanto non al paese, ma alla campagna, verso il Bosco, (Modena, Archivio di Stato,Acquisti 2300, Topografie 12; 14. Mappario Estense, Mappe del Genio Militare, Terreni 14). Un disegno del 1826 mostra già il futuro assetto della villa con la nuova ala di ponente simmetrica a quella preesistente e due fabbricati di servizio (scuderia ed alloggio del fattore), scenograficamente speculari, a far da quinta alla facciata del casino.
Nel 1828 ha inizio la costruzione della scuderia, un edificio di ventiquattro poste, su progetto del capo mastro muratore Luigi Pivetti e con la supervisione di Gusmano Soli, «Ingegnere Ispettore alle Reali Fabbriche» (Modena, Archivio di Stato, Archivi Privati, Archivio Parisi, b.I). Alle proposte presentate il Duca muove alcuni appunti sul dimensionamento e l’organizzazione degli spazi. Segue dunque un nuovo progetto del Parisi, approvato da Francesco IV nel maggio del 1829. In questo ultimo l’interno è caratterizzato da voltine a vela e il fronte da un portico ad arcate su colonne in cotto. Quanto all’avvicendamento Soli-Parisi, è probabile che in un primo tempo i lavori di sistemazione del casino fossero stati affidati al Soli e che questi per motivi di salute (morirà nel 1830) abbia ben presto dovuto rinunciare a favore del Parisi.
Nel 1841 il fabbricato padronale è ancora completamente da ristrutturare. Il Duca medita infatti di sistemarvi un «Quartiere per 100 Uomini Militari lavoratori, e per due Ufficiali». E’ il Parisi a farlo desistere, non stimando idoneo il casino ad un tale uso, tanto più che dal 1838 era stato predisposto un progetto di intervento con perìzia e capitolato d’appalto per la nuova ala, poi eseguite.
Dello stesso periodo sono alcuni progetti e due bozzetti per la soluzione della facciata, tutti conservati nell ‘archivio Parisi. Fra questi di particolare interesse lo schizzo richiesto dal Parisi a Giacinto Paltrinieri — noto maestro di disegno, cultore di storia locale e membro della Commissione di Ornato a Mirandola — che presenta un prospetto grandiosamente impostato su un’ampia loggia, coronata da un timpano retto da colonne ioniche. La soluzione, di effetto certamente più elegante dell’attuale, fu scartata a favore di un fronte tripartito con l’aggetto pronunciato delle ali laterali e con uno scalone più contenuto, ridisegnato una volta rifiutata anche l’ulteriore proposta a rampe semiellittiche.
Le trasformazioni sul corpo del casino furono dunque radicali.
Al completo riassetto dei prospetti fecero riscontro all’interno la ricostruzione dei corpi scala, una nuova distribuzione degli ambienti, la creazione di una piccola cappella al piano novile, a lato del salone, con altare in marmo rosso di Renno, oggi scomparsa, il risarcimento di quasi tutti i solai e di parecchie murature.
Alle opere di finitura, seguite personalmente da Francesco IV e dal Principe Ereditario, lavorarono, oltre al Parisi, cui si deve la bella cancellata in ferro battuto, maestranze locali e modenesi.
Alla caduta del Ducato, il complesso passò al Demanio e successivamente alla Società Martini e Rossi. Nei primi decenni del XX secolo fu acquistato dal senatore Giacomo Ferri, sindaco di San Felice, che fece apporre le proprie iniziali sulla rosta del portone e sul cancello ed uno stemma marmoreo in facciata, prelevato dall’antico palazzo di famiglia, e riprodotto sull’arazzo del sopracamino.
Alessandra Ontani
Arazzo con stemma della famiglia Ferri
Casino del Duca, ora Ferri. Decorazione
1841-1846
San Felice sul Panaro, via Bergamini.
Le decorazioni e gli arredi del ducale Casino di San Felice furono eseguiti fra il 1841 — data in cui stanno per essere iniziati i lavori di ristrutturazione del fabbricato padronale — e il 1846, quando vengono registrati gli ultimi pagamenti.
Anche a questi lavori di rifinitura e abbellimento Francesco IV e il Principe Ereditario sovrintesero di persona, indirizzando la scelta dei materiali e dei tipi di decoro, come testimoniano le perizie e i carteggi con l’ingegnere camerale Giacomo Parisi.
Alla fastosa soluzione dei prospetti fa riscontro un interno ormai quasi borghese per dimensioni, gusto e scelta dei decori, da realizzare — come notano i documenti — senza eccedere dalle spese preventivate, facendo largo impiego di certi materiali: stucco lucido un po’ ovunque, «apparati a carta» — «mazzetti di fiori… l’una su fondo bianco, l altra su fondo giallo» per le camere a mezzodi’ e a levante, come notano i dettagliati elenchi e alcune piante del piano nobile. Per i restanti ambienti al piano nobile, pitture «a stampo», e chiaro scuri ai soffitti.
Stucchi lucidi, rilevati da «cornici da farsi in legno, che siano semplici», anche per le pareti dell’ambiente di rappresentanza, la Sala ovale, appena un po’ più ornata. Al soffitto, monocromi a grisaille su fondo ocra e verdino danno forma ai consueti repertori d’ornato — medaglioni, fregi, cartigli, volute… qui, come altrove nella Bassa, replicati da maestranze verosimilmente locali, spesso indifferentemente adibite alle funzioni di imbianchini o di decoratori. Come quel «pittore» Miglioli ricordato nei documenti della fabbrica che, incaricato di dipingere diversi ambienti — forse la stessa sala ovale — si offrì di eseguire anche i lavori di verniciatura dei ferramenti, interrotti per la morte di «certo Francesco Rizzi», pittore di San Felice. Precisi e dettagliati anche gli elenchi relativi alle «mobiglie, acquistate e fatte costruire per ordine di S.A.R. il Principe Ereditario», come detta la nota dell’archivio Parisi datata al 15 novembre 1842 (Modena, Archivio di Stato, Archivi Privati, Archivio Parisi b.1. Gran parte di tali arredi, realizzati espressamente per la fabbrica ducale, è stata alienata in anni recenti.
Maria Pace Marzocchi
Tratto da: Architetture a Mirandola e nella Bassa Modenese
A cura della Cassa di Risparmio di Mirandola
Anno 1989