Via Milazzo – Il Nuto

Via Milazzo – Il Nuto

4 Maggio 2015 0

Via Milazzo (6) – Il Nuto

(23 febbraio 2015)

Per raccontare il Nuto penso che niente possa essere più indicato di una cartolina di Milano, probabilmente risalente a una cinquantina di anni fa, con una piazza del Duomo incorniciata dalla pubblicità dove, là in alto a destra, su palazzo Carminati, c’è la reclame del Brill.
Cosa lega l’omino del Brill (l’umen dal lustar) con il Nuto e via Milazzo? Presto detto.
Sentii raccontare da mio padre che, mentre davanti la bottega stava scaricando cassette di frutta, qualcuno da lontano, dall’altra parte del listone, gli urlasse:
– Veh, Zamian, al sat che al Nuto, apena arivaa a Milan, l’è già dvintaa famos? I g’han miss la so fotografia in piassa, propria in simma a un palass ad front al Dom-.

Nuto

Brill

Ma chi era il Nuto? Benvenuto Formigoni, originario del Dragoncello, a Mirandola gestiva insieme alla moglie (forse sarebbe meglio dire che la gestione era della Maddalena, la moglie) un banco di frutta e verdura in piazza, proprio di fianco alla bancarella di Peppo Panzani e a quello dei polli della Carolina, davanti al portico chiamato apposta “della frutta”.
Il Nuto poi, il pomeriggio, si dedicava a piccoli lavoretti dalla Fernesta (insaccava salumi) e poi in cucina al Commercio. Il barroccio, che fungeva anche da banco vendita, lo ricoveravano la sera sotto casa, in una specie di rimessa.
Abitavano nell’altra parte di via Milazzo, al di là di via Verdi.
Avevano tre figli, la Malvina (mi aveva tenuto a battesimo), Franco (poi tranviere a Milano) e Bruno.
Le nostre famiglie erano da sempre molto amiche. Capitava a volte che il sabato, qualcuno dei figli, occupata la madre per il mercato, si fermasse a pranzare da noi.
Del resto anche casa loro la ricordo come una sorta di trattoria, sempre aperta a tutti e per tutti.
Lo ricordò molto bene qualche tempo fa su “L’Indicatore” Alberto Mantovani descrivendo la varia umanità che abitava Via Milazzo nel secondo dopoguerra.
Nonostante si trasferissero a Milano verso la fine degli anni 50, quando seguirono Franco che già ci stava per lavoro, rimase tra le nostre famiglie, e dura tuttora, un legame molto forte, ben oltre quello di una semplice amicizia.
Ne ebbi prova diretta quando, neo diplomato (era la fine del 68) mi ospitarono a casa loro in seguito alla mia assunzione presso una azienda milanese. Vissi in casa loro al pari di un figlio.
Costituirono per me un punto di riferimento preciso ed affidabile (provate ad immaginare quanto potesse pesare la lontananza e la solitudine per un ragazzo di vent’anni sradicato dal proprio ambiente e catapultato in una metropoli e, per giunta, del tutto sconosciuta).
Abitavamo a Cologno Monzese, all’estrema periferia nordest di Milano, (ancora molto lontana da quella capitale della pubblicità e della TV che sarebbe diventata poi) in un enorme condominio, un vero e proprio coacervo di qualche migliaio di persone, immigrati provenienti da ogni parte d’Italia. Vi coesistevano, non senza frizioni, operosità e sottoccupazione, solidarietà e malaffare.
Qui il Nuto, con la disponibilità e l’intraprendenza che gli era propria, si era creato un proprio spazio come aiuto del custode in quel porto di mare affollato che era la portineria.
Non c’era mattina che, quando uscivo per andare al lavoro, presto o tardi che fosse, il Nuto mi facesse mancare un suo molto singolare incitamento: – Dai, corri, fa prest! A Milan angh’è minga post par chi dorm! Levat primma la matina, a lett as pussa da mort!-
Rimasi in casa loro per un anno finché non decisi, a fine 69, di metter su casa.
Per un anno intero, ogni sabato pomeriggio (la mattina del sabato si lavorava a quei tempi) prendevo il treno per tornare a casa.
Sabato sera gli amici e la domenica la morosa.
La domenica sera il treno del ritorno. In Centrale, puntuale come un orologio svizzero, non mancava mai Franco che mi aspettava per riportarmi a Cologno.
Morì dopo qualche anno; mi ero già trasferito a Ivrea.
Questo però non mi impedì di esserci.
Il Nuto ora riposa nel cimitero di San Maurizio al Lambro.
Questi erano, e sono, i Formigoni della Mirandola.…. e non ho ancora parlato della Maddalena!

Franco Gambuzzi