Via Milazzo – La Giovanna
La Giovanna, la figlia della Ninfa, io me la ricordo bene. Anche lei, con la sua famiglia, abitava in via Milazzo, nella stessa casa dei Formigoni, al piano di sopra. Di quel periodo, di lei, non ho particolari ricordi. Ricordi che invece si fanno più vivi quando già i Mantovani si erano trasferiti nella loro nuova casa alla Favorita, all’angolo con Tagliate.
In via Milazzo si diceva della Ninfa, con una nota mista di ammirazione, apprezzamento e invidia, che la casa se l’era fatta a forza di lavare e sbattere panni per conto degli altri.
Tutto cominciò con un intervento per una appendicite che subii ad inizio 1958. Intervento reso complicato per una peritonite acuta che mi impedì di tornare a scuola in tempi rapidi (all’epoca frequentavo la prima media).
In pratica persi quasi tutto il secondo trimestre. Rientrai a scuola solo ai primi di marzo.
Seguendo i consigli dei professori i miei decisero di farmi prendere lezioni private.
Di certo condizionati dal costo, invece di un insegnante patentato, la scelta dei miei cadde proprio su Giovanna, ventenne universitaria, amica di famiglia, di cui peraltro si diceva un gran bene.
La fiola d’la Ninfa la va a Buloggna a l’universitaà, l’è tant brava!
Iniziò per me un periodo di duro lavoro e fatiche inenarrabili per recuperare il tempo perso
Anche per la Giovanna non deve essere stato facile visto che la frequenza dei corsi la costringeva ogni giorno, avanti e indree tra curera e treno, al rientro solo verso sera. Mi faceva lezione a casa sua dopo aver mangiato di corsa qualcosa, spesso anche solo del pane inzuppato nel caffelatte. A volte invece, soprattutto quando tardava, si fermava lei a casa mia e, spesso, accettava di buon grado un invito a cena.
Ricordo ancora con tenerezza quella volta che, già chiusi i libri e pronta per andarsene, annusando il profumo che veniva dalla cucina, saputo che si trattava di cozze, non ebbe alcuna esitazione ad accettare di fermarsi: – Che buone, non le avevo mai mangiate!- disse sorridente e felice come una bambina.
Mi piaceva il suo sorriso e quel modo tutto suo di quando mi parlava, spiegandomi una qualche regola. Guardandomi dritto negli occhi mi aveva letteralmente conquistato.
Superfluo dire come apparisse ai miei occhi di dodicenne, occhi che già cominciavano a perdere quell’innocenza tipica dei bambini. Non faccio fatica ad ammettere di essermene anche un po’ innamorato.
Era infatti, oltre che brava, una bellissima ragazza. So, da discorsi orecchiati, fosse molto corteggiata tra i suoi coetanei e che parecchi ragazzi persero la testa per lei.
Facemmo in ogni caso un ottimo lavoro tanto che riuscii a recuperare in tutte le materie.
All’ultimo colloquio con la prof di lettere però, mia madre si sentì dire, dopo gli elogi per il recupero insperato, che si preferiva rimandarmi ad ottobre perché così avrei avuto modo di utilizzare al meglio l’estate svolgendo temi. Mi avrebbe fatto bene.
Ricordo la furente delusione della Giovanna quando lo seppe.
Subì la situazione come una sua personale bocciatura.
Quel che successe poi è un’altra storia.
Non ebbi più modo di rivedere la Giovanna se non saltuariamente, di tanto in tanto, alla lontana.
Mi spiace non avere di lei alcuna foto.
Di lei mi è rimasto però il ricordo della vitalità di una persona che sapeva trasmettere conoscenza ed entusiasmo con un coinvolgimento che solo poche altre volte avrei incontrato tra gli insegnanti che ho avuto in seguito.
Franco Gambuzzi
P.S.: Mia zia Assunta, memoria storica della famiglia, mi fa sapere che una foto della Giovanna Mantovani io ce l’ho.
E’ quella che la raffigura in un gruppo felice e spensierato di amiche della via Milazzo in vacanza a Sestola nell’immediato dopoguerra (settembre 1945).
Anche questo è un piccolo segno di quanto fosse importante l’amicizia, l’aggregazione solidale, direi quasi parentale, tra vicini di casa….
Da sinistra: la Malvina (figlia del Nuto e della Maddalena), mia zia Laura con la figlia Lucia, la Giovanna e mia zia Assunta.
Ma quanto è bella sta foto!