Via Milazzo – Il cortile ( Franco Gambuzzi 28/10/2014)
Mi capita spesso, dopo il terremoto, ripensare a quello che mi lega così visceralmente a quelle macerie che ancora oggi, dopo quasi tre anni, si vedono passeggiando per Mirandola. Un esempio credo possa spiegare bene quel che voglio dire.
Qualche giorno, fa mentre parlavo al telefono con un geometra in merito alla possibilità di costruire una canna fumaria in un cavedio, mi ritrovai, quasi a scandire quanto stavo sostenendo, a tirare su un foglio qualche riga come per confermare quanto stavo dicendo. A fine conversazione, riguardando lo schizzo che avevo improvvisato, senza rendermene conto, presi a completarlo dandogli le caratteristiche di quel cortile che mi aveva visto crescere, prima bambino e poi adolescente.
A sera, ho ripreso quello schizzo e ho cominciato ad arricchirlo di particolari andandoli a cercare, non senza fatica, in ogni angolo remoto della mia memoria.
Consapevole dei limiti e del rischio che il disegno possa risultare fantasioso, ci sono tuttavia immagini così reali e presenti di quel luogo (un incastro inestricabile di case e di vite vissute) che restano indelebili nel mio ricordo.
Il terrazzo come luogo della fantasia, della scoperta e delle scorribande sui tetti (se l’avessero saputo i miei!), oltre che sala da bagno estiva con la tinozza piena d’acqua riscaldata dal sole; la vite che si arrampicava su per il muro e che, con i suoi tralci che si ramificavano e raggiungevano le finestre e la terrazza, ci offriva grappoli d’uva da me molto apprezzati, anche se non proprio dolcissimi; i colombi con il loro continuo, interminabile tubare; la falegnameria di Guagliumi con l’assordante, e al tempo stesso rassicurante, rumore delle seghe elettriche e delle fresatrici; l’enorme “falce e martello” dipinta di bianco sulla parete della segheria, probabilmente un ricordo del Fronte Popolare e delle elezioni del 1948; il pozzo dove si metteva in fresco la frutta con cocomeri e meloni.
Risento ancora le voci che si rincorrono da una finestra all’altra così come lo sbattere dei panni sugli assi da bucato. Iride, Ariella, Assunta, Edda, Sofia … sono nomi, non a caso di donne, che si confondono con quelle pietre e, come quelle, ne segnano la memoria.
Come non considerare quale e quanta importanza abbiano avuto quelle pietre nella mia formazione umana e culturale oltre che sulla vita di tutti coloro che hanno condiviso quei luoghi?
Franco Gambuzzi