A proposito di Cicipidi

A proposito di Cicipidi

7 Gennaio 2016 0

Queste note furono scritte lo scorso gennaio subito dopo aver visto al cinema “Jimmy’s Hall”, l’ultimo film di Ken Loach.

Di questo regista ho sempre amato la capacità di esprimere al meglio le più legittime aspirazioni della “working class”, nell’accezione più ampia che questo termine possa avere.
Sono da sempre un estimatore della sua capacità di narratore (fin dai tempi del suo primo film, lo struggente e indimenticabile Family Life). Anche in questo caso ho avuto conferma di questa sua grande abilità nel descrivere la voglia incontenibile ed irrefrenabile dello stare insieme, con cultura e divertimento come collante, di una povera comunità agricola irlandese. E ne racconta anche la inevitabile, e scontata, sconfitta dovuta dall’avversione della classe dominante, chiesa e classe dirigente, che in quel circolo vedevano il diavolo, il pericolo della sovversione, la minaccia del libero pensiero e della cultura (“…ma che se ne fanno di tutti quei libri!” si meravigliava il prete).
Mentre scorrevano le immagini dell’incendio e della distruzione della “Sala” mi è stato impossibile non cogliere una certa affinità (con le dovute differenze sia per ambito temporale che sociale) con quello che avvenne a Mirandola negli anni ’50 quando fu deliberatamente distrutto un autentico capolavoro di urbanistica sociale e di arredo urbano costruito in perfetta coerenza col territorio.
Necessaria un po’ di storia.
Alla fine della guerra un gruppo di cittadini, delle più diverse provenienze, costituitesi in associazione (CiCiPiDi, Comitato Cittadino Pubblici Divertimenti e SBM, Società Bocciofila Mirandolese), costruirono una fantastica struttura dedicata alla socializzazione e al tempo libero, con notevole investimento sia in denaro (circa 5 milioni di lire del 1947) che in lavoro volontario, al fine di creare un sano ambiente di svago popolare.
Si immagina facilmente quale voglia di vivere, e di ballare felici, possano esserci stati dopo gli anni terribili della guerra, una guerra devastante e lacerante, divisiva.
Venne costruita una grande pista da ballo in cemento corredata da due costruzioni stabili in pietra, una per l’orchestra e una ad uso bar, e da un “parco giardino di rara bellezza” con più piste per il gioco delle bocce.
Il successo fu immediato e quelli che ora vengono chiamati i “giardini bassi” diventarono un polo di attrazione non solo per tutta la città, ma anche per le zone limitrofe e non solo.
Era frequentato da cittadini di ogni categoria sociale.
Il terreno su cui venne costruito faceva parte della grande area (circa 13.000 mq) comprendente anche la ex casa del fascio e, quella parte di terreno, era stato affidato in uso al Comune in attesa di una non meglio precisata destinazione. Più volte il Comune ne aveva chiesto l’acquisto ma il Governo (nella persona del Ministro delle Finanze) ne aveva sempre rigettato la richiesta in attesa di definirne una più precisa soluzione.
Per una più corretta valutazione credo sia necessario ricordare che nel 1949 lo stato vendette alla Parrocchia per 700.000 lire l’intera area (valore di mercato presumibile 7-8 milioni) a fianco del palazzo ex-Milizia, in via Fenice, su cui venne poi costruito l’oratorio (e il cinema Italia) attraverso l’utilizzo di cantieri-scuola, ovviamente pagati dallo stato.
Nella seconda metà degli anni ’50 arrivò lo sfratto per le associazioni e la conseguente distruzione degli impianti al fine di consentire all’INA CASA, cui fu venduta (su richiesta delle autorità governative locali: leggasi questura, prefettura e…. Chiesa), la costruzione di case popolari che ….non videro mai la luce.
Gli atti parlamentari, che ho consultato in rete (e i cui link li potete trovare sul sito de Al Barnardon) documentano le vane richieste del deputato Oreste Gelmini (fu nostro sindaco dopo la Liberazione) prima, per richiederne la vendita al comune (1953), poi, per protestare contro la vandalica distruzione (1957) e la cessione a INA nonostante il Comune avesse messo gratuitamente a disposizione di INA stessa altri terreni in altre zone della città. Ma tant’è!
Di quello che fu la rinomata “Conca del CiCiPiDi” non resta che la pista da ballo e quella che diventerà poi la Baracchina di Clauco.
Il terreno della bocciofila, abbandonato e lasciato a se stesso, diventò per noi ragazzi il “Campetto”, teatro per le nostre infinite partite a pallone.
Questo è!

Franco Gambuzzi

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