Un Secolo Di Imprese – Carrozzeria Barbi – Mirandola
La sede storica di Mirandola (collezione famiglia Barbi)
Carrozzeria Barbi
Risale al 1905 la nascita della Carrozzeria Barbi, una delle aziende più longeve, tra quelle ancora in attività, dell’Area Nord di Modena e, probabilmente, dell’intera provincia.
Il fondatore fu Galileo Barbi, nato in una famiglia di contadini, il quale, dopo alcuni anni di tirocinio presso artigiani mantovani che costruivano carrozze a cavallo, decise di mettersi in proprio fondando un piccolo laboratorio per la costruzione di carrozze a Fossa di Concordia. Nel 1910 la ditta si trasferì a Concordia e dopo appena un anno ottenne un prestigioso primo premio ad un’esposizione di Parigi. Dopo la parentesi di inattività dovuta alla Grande Guerra, la produzione riprese nel 1918, specializzandosi fino alla fine degli anni Trenta nella “Baracchina”, veicolo largamente in uso soprattutto tra la popolazione benestante.
Nel 1927, in un periodo attraversato da forti cambiamenti e dall’avvento della prima motorizzazione, Barbi trasferì il proprio lavoro a Mirandola, trasformando la propria attività dalla produzione di carrozze a trazione animale alla riparazione di carrozzerie di veicoli a motore. Nella città dei Pico l’imprenditore acquistò un terreno con un piccolo capannone e con un primo ampliamento dell’attività e l’acquisto di nuove attrezzature iniziò a produrre carrozzerie per vetture fuoriserie su telai Fiat, Alfa Romeo, Ansaldo, OM, Lancia e Bianchi. La difficoltà di reperire manodopera specializzata indusse Barbi ad abbandonare questa produzione per dedicarsi alla costruzione di veicoli industriali, cabine per autocarri, furgoni e ambulanze. Progressivamente venne abbandonato l’uso del legno a favore del ferro, dell’alluminio e dei loro derivati. Nel 1932 Barbi ampliò la superficie dello stabilimento, che occupava circa 70 lavoratori, e passò alla costruzione di carrozzerie per autobus, che verranno collocati sul mercato nazionale ed anche internazionale. Iniziò in quegli anni la collaborazione con Fiat e Siamic, una delle più importanti aziende di autotrasporti collettivi d’Italia.
Le maestranze, all’epoca, erano essenzialmente formate da lavoratori-artigiani (falegnami e fabbri) ed il lavoro era
«estremamente frazionato e privo di meccanismi gerarchici di coordinamento: ogni lavoratore artigiano era responsabile del proprio pezzo. I lamieristi battevano le lamiere per togliere ogni resistenza interna e plasmavano il metallo con le proprie mani e gli attrezzi; i falegnami piallavano e sagomavano il legno per “vestire” le parti meccaniche. Un lavoro improntato all’autonomia e alla responsabilizzazione personale. In caso di difficoltà, tuttavia, non mancava la possibilità di riferirsi a coloro che, in mancanza di figure ufficiali, erano stati “investiti” capi-reparto dal gruppo, in virtù della loro esperienza maturata con l’anzianità in officina».
Dopo l’8 settembre 1943 la fabbrica venne occupata dai tedeschi e la produzione fu convertita alla produzione e riparazione di camion militari. Gli effetti della guerra non risparmiarono la ditta: due operai, partigiani, furono uccisi durante la lotta di liberazione. Terminato il conflitto, dopo quindici giorni di astensione dal lavoro l’officina ripartì dedicandosi interamente alla produzione di carrozzerie per autobus, con la Fiat come principale fornitore dei telai e delle parti meccaniche e la Siamic come unico acquirente. Negli anni Cinquanta, in coincidenza con un forte sviluppo dei trasporto pubblico su gomma, la ditta Barbi si espanse, producendo allestimenti per autobus su diverse meccaniche. Dai 35 esemplari l’anno del 1952 si passò ai 50 del 1955 e ai 48 del 1959.
Tutte le fasi di lavorazioni (dalla produzione della scocca alla verniciatura fino alle realizzazione degl’interni) venivano svolte all’interno della carrozzeria, all’interno di un nuovo capannone. Tra i modelli più noti “carrozzati” da Barbi ricordiamo il “Fiat 682”, di derivazione camionistica, ed il “Leoncino’ OM, proposto in una versione “gran turismo”. Occasionalmente Barbi assunse lavori speciali, quali automezzi pubblicitari, veicoli-frigorifero e “horse-van” per cavalli da corsa. Con il modello “Fiat 306” iniziava l’era dei motori “a sogliola” e della progettazione degli autobus ex novo, e non come derivazione di camion. L’allestimento Barbi del popolare mezzo Fiat venne prodotto, in successive versioni, dal 1956 al 1982.
Nel corso degli anni Sessanta la produzione si concentrò sempre più nell’allestimento di veicoli Fiat (il “306” fu il modello più prodotto), abbandonando progressivamente gli OM. Negli abitacoli cominciarono anche a prendere posto i primi comfort per il passeggero, quali la tv in bianco e nero e la radio. La fabbrica era divisa in otto reparti o “gruppi di lavoro”, ciascuno composto da diversi operatori specializzati (battilastra, scoccai, montatori, verniciatori, ebanisti, tappezzieri, elettricisti e rifinitori). Gli anni Sessanta furono anche quelli del primo passaggio di testimone della fabbrica, che contava una sessantina di dipendenti. Nel 1962 morì infatti il signor Galileo e toccò al figlio Sirner prenderne il testimone, con la moglie Maria a seguire amministrazione e gestione dei rapporti con la clientela. Furono anche gli anni di delicate rivendicazioni sindacali. Ad agitare i dipendenti erano «questioni legate ai premi di produzione alle retribuzioni, ai ricorsi agli ammortizzatori social e al processo, in essere, di esternalizzazione di alcune fasi del ciclo produttivo». Sirner Barbi aveva infatti deciso di decentrare alcune fasi della produzione, quali la tornitura e la produzione di poltrone, permettendo peraltro ad alcuni dipendenti di mettersi in proprio aprendo laboratori artigianali ai quali la carrozzeria commissionava le parti occorrenti per le finiture dei veicoli. Il clima aziendale, pur segnato da confronti sindacali anche aspri, rimase comunque sempre contraddistinto dal rispetto tra le parti. «Appena conclusa la vertenza sindacale – ricordava un protagonista del tempo – si tornava tranquilli come prima, a parlare col Barbi Sirner anche di calcio..,».
Negli anni Settanta, la profonda riorganizzazione del trasporto pubblico locale, con la pubblicizzazione del servizio e le conseguenze della crisi energetica chiusero un epoca anche per la ditta Barbi, che cessò molte relazioni commerciali con operatori privati per aprirsi al nuovo interlocutore pubblico. Nel 1972 la ditta si aggiudicò un’importante commessa di 32 autobus (28 di linea e 4 da noleggio) con la Sefta. In quegli anni la ricerca dell’azienda mirandolese si concentrò sul comfort del passeggero: vennero introdotte «le prime poltrone imbottite e i vetri, già da qualche anno doppi», vennero «trattati esternamente in modo da essere resi sempre più riflettenti, diventano colorati e sempre più oscurati».
In quel periodo Barbi cominciò a carrozzare anche veicoli stranieri (Mercedes). A metà degli anni Settanta la produzione subì un forte impulso raggiungendo i 116 autobus del 1978. Il cavallo di battaglia dell’azienda mirandolese è il “Fiat 343”, evoluzione tecnica del precedente “306”.
In questi anni l’officina si riorganizzò in 5 gruppi di lavoro e si dotò di un ufficio tecnico a supporto della produzione. Le favorevoli condizioni del mercato avevano favorito la nascita nell’industria meccanica modenese di molte officine artigiane ed imprese di piccole dimensioni, che furono utilizzate anche dalla ditta Barbi per la produzione di alcuni modelli.
A partire dagli anni Ottanta si modificò l’approccio alla lavorazione. Molte fasi che prima erano realizzate direttamente sul veicolo cominciarono ad essere effettuate separatamente, “a terra”, per poi essere assemblate. Il vantaggio fu di concedere maggiore autonomia ai singoli gruppi, svincolandoli da eventuali ritardi di una lavorazione. Nel 1986 si concluse il rapporto più che cinquantennale con Fiat, mentre avevano assunto un peso preponderante i veicoli su meccanica Volvo, con la quale nello stesso anno si concluse un accordo di esclusiva. Sul finire del decennio si cominciano ad utilizzare materiali diversi: la lamiera lasciò progressivamente il posto all’acciaio inossidabile e alla vetroresina. I veicoli cominciarono ad essere muniti di leva-cambio servoassistita e di motori vennero sempre più compressi.
Gli anni Novanta (che videro un nuovo passaggio di testimone da Sirner ai figli Carlo e Alberto) si aprirono con grandi incertezze per la ditta mirandolese, che risentiva del generale clima di contrazione nel mercato dell’autobus. A contrassegnare il momento difficile erano il calo delle immatricolazioni dei veicoli e la riduzione dei finanziamenti pubblici per il rinnovo e potenziamento del parco mezzi delle aziende di trasporto pubblico. Anche per Barbi la domanda, in forte calo, non giustificava più il mantenimento di 170 dipendenti in tre stabilimenti. Venne pertanto chiuso l’impianto di San Prospero e furono ridimensionati gli organici. Nel 1996 il mercato si riaprì: Volvo riprese ad inviare alla carrozzeria telai con maggior frequenza. Con il trasferimento nella nuova sede di San Giacomo Roncole, completato nel 1998, l’azienda potè disporre di ambienti più vasti e razioali. Nello stesso entrò in azienda Isabella, figlia di Carlo.
La crisi del settore turismo, negli anni più recenti, ha imposto ai produttori di autobus nuove scelte. Nel 2000 sono stati effettuati importanti investimenti produttivi che hanno portato alla realizzazione di un nuovo veicolo da turismo, il “Genesis”, accolto favorevolmente in Italia ed in Europa.
Fino al 2006 Barbi ha continuato a lavorare in esclusiva per Volvo. In quell’anno la partnership si è interrotta e la vendita di autobus è tornata ad essere gestita direttamente dall’azienda mirandolese.
Il 2007, in particolare, è stato un anno di grandi cambiamenti: sono stati realizzati i primi prototipi di van per trasporto cavalli da corsa ed i primi prototipi di cabine per funivie. Il 2008 ha segnato invece la ripresa di una storica sinergia con Irisbus.
Più di recente è iniziata la collaborazione con Iveco e l’avvio di una nuova partnership con Mann per la fornitura di telai.
La storica azienda di Mirandola ora punta soprattutto all’export in Europa e alla realizzazione di prodotti di nicchia, come il “Galileo Hdh”, autobus a tre assi di 13,80 metri di lunghezza, ideale per viaggi di lunga percorrenza, o l’agile “Galileo” da 10,20 metri, presentato nel 2008. Nel 2010, in occasione del nuovo motore e telaio Volvo è stato presentato l’ultimo nato: il “Galileo Hdl” da 12,20 metri.
Anche il terremoto del maggio 2012 è stato superato e la produzione prosegue nella sede di San Giacomo Roncole, ripristinata e messa in sicurezza nel giro di brevissimo tempo, grazie anche alla solidarietà della rete di fornitori.
Fabio Montella
Tratto da: Un secolo di imprese “Cento anni di attività economica a Mirandola attraverso i documenti”
Testi di: Fabio Montella
Copertina e impaginazione: Alessio Bignozzi – Tipolito Salvioli
I documenti pubblicati sono di proprietà di: Centro Studi numismatici e Filatelici di Mirandola
Anno 2013