Santi de Al Barnardon dal 23 al 29 Ottobre
23 Ottobre
La nascita di san Benedetto viene datata intorno all’anno 480. Proveniva, così dice san Gregorio, “ex provincia Nursiae” – dalla regione della Nursia. I suoi genitori benestanti lo mandarono per la sua formazione negli studi a Roma. Egli però non si fermò a lungo nella Città eterna. Come spiegazione pienamente credibile, Gregorio accenna al fatto che il giovane Benedetto era disgustato dallo stile di vita di molti suoi compagni di studi, che vivevano in modo dissoluto, e non voleva cadere negli stessi loro sbagli. Voleva piacere a Dio solo; “soli Deo placere desiderans” (II Dial., Prol 1). Così, ancora prima della conclusione dei suoi studi, Benedetto lasciò Roma e si ritirò nella solitudine dei monti ad est di Roma. Dopo un primo soggiorno nel villaggio di Effide (oggi: Affile), dove per un certo periodo si associò ad una “comunità religiosa” di monaci, si fece eremita nella non lontana Subiaco. Lì visse per tre anni completamente solo in una grotta che, a partire dall’Alto Medioevo, costituisce il “cuore” di un monastero benedettino chiamato “Sacro Speco”. Il periodo in Subiaco, un periodo di solitudine con Dio, fu per Benedetto un tempo di maturazione. Qui doveva sopportare e superare le tre tentazioni fondamentali di ogni essere umano: la tentazione dell’autoaffermazione e del desiderio di porre se stesso al centro, la tentazione della sensualità e, infine, la tentazione dell’ira e della vendetta. Era infatti convinzione di Benedetto che, solo dopo aver vinto queste tentazioni, egli avrebbe potuto dire agli altri una parola utile per le loro situazioni di bisogno. E così, riappacificata la sua anima, era in grado di controllare pienamente le pulsioni dell’io, per essere così un creatore di pace intorno a sé. Solo allora decise di fondare i primi suoi monasteri nella valle dell’Anio, vicino a Subiaco. Nell’anno 529 Benedetto lasciò Subiaco per stabilirsi a Montecassino. Alcuni hanno spiegato questo trasferimento come una fuga davanti agli intrighi di un invidioso ecclesiastico locale. Ma questo tentativo di spiegazione si è rivelato poco convincente, giacché la morte improvvisa di lui non indusse Benedetto a ritornare (II Dial. 8). In realtà, questa decisione gli si impose perché era entrato in una nuova fase della sua maturazione interiore e della sua esperienza monastica. Secondo Gregorio Magno, l’esodo dalla remota valle dell’Anio verso il Monte Cassio – un’altura che, dominando la vasta pianura circostante, è visibile da lontano – riveste un carattere simbolico: la vita monastica nel nascondimento ha una sua ragion d’essere, ma un monastero ha anche una sua finalità pubblica nella vita della Chiesa e della società, deve dare visibilità alla fede come forza di vita. Di fatto, quando, il 21 marzo 547, Benedetto concluse la sua vita terrena, lasciò con la sua Regola e con la famiglia benedettina da lui fondata un patrimonio che ha portato nei secoli trascorsi e porta tuttora frutto in tutto il mondo.
24 ottobre
Raffaele è l’angelo dell’amore sponsale e della salute. È, nella chiesa cattolica, come in quella ortodossa, il patrono di giovani, fidanzati, sposi, farmacisti, educatori, viandanti e profughi. Nell’iconografia cristiana i suoi simboli sono il pesce e il vaso dei medicamenti. Raffaele è il terzo angelo di cui parla la Bibbia, nel libro di Tobia nel quale appare in forma umana col nome di Azaria. Da notare che questo libro è riconosciuto come canonico per i cattolici, ma apocrifo per i protestanti. Raffaele è la guida ed il difensore del giovane Tobia o Tobiolo, inviato da Dio per aiutarlo nel compito affidatogli dal padre ormai cieco di riscuotere un credito che questi aveva lasciato in una città della Media. Nel viaggio Raffaele procura a Tobia un felice matrimonio con la giovane Sara, la guarigione della stessa dai tormenti del demonio e del padre di Tobia dalla cecità. Solo al termine della sua missione, prima di lasciarli per tornare al cielo, egli si rivela, dichiarandosi “uno dei sette spiriti che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore” e incaricando di scrivere l’accaduto.
25 ottobre
Nel mosaico dell’abside della celeberrima chiesa fiorentina che porta il suo nome, il protomartire Miniato è raffigurato come re, mentre la tradizione lo ritiene un soldato. Una leggenda lo identifica, infatti, con una testa coronata armena di passaggio in città intorno al 250, durante la persecuzione di Decio. Si rifiutò di venerare gli dèi pagani e venne messo a morte. Dopo molti supplizi, la narrazione vuole che prendesse in mano la testa mozzata e si recasse sul «mons florentinus». Ciò forse per giustificare l’edificazione del tempio su una collina fuori città, mentre il martirio sarebbe avvenuto nell’anfiteatro. Oggi si ritiene fosse un fiorentino, forse di umili origini, ucciso nei pressi di un’ansa dell’Arno, detta «gorgo», dove i fiorentini hanno a lungo venerato una Croce del gorgo.
26 ottobre
Le scarse notizie sulla vita di Liberato da Loro Piceno, in diocesi di Fermo, sono state fornite per la prima volta da frate Mariano da Firenze nel XV secolo. Secondo questi Liberato era un nobile che si fece frate. E forse ciò avvenne durante il quarto viaggio di san Francesco nelle Marche. L’Assisano, infatti, predicò a Roccabruna e ricevette tra i frati un ricco e gentile cavaliere (Fioretti, cap. 37). Identificato con il santo anonimo di cui parlano i Fioretti (cap. 47), morì, probabilmente nel 1234, nell’eremo di Soffiano, dopo aver ricevuto il conforto della Madonna e di tre Vergini circondate da angeli.
27 ottobre
In Francia, nella diocesi di Reims, Balsamia viene onorata come nutrice di San Remigio, vescovo di quella città. Un dato che la rende particolarmente importante per l’Oltralpe. San Remigio, infatti, convertì nel V secolo la regina Clotilde e il marito Clodoveo. E con la conversione del re franco iniziò la storia cristiana della Francia. La figura di Balsamia si accosta a quella della madre di Remigio, Celina, anch’essa santa. Il nome della balia, però, appare tardivamente, nel X secolo quando oltre che nutrice viene identificata anche come madre di santi: san Celsino sarebbe stato, infatti, uno dei suoi figli. La leggenda dice che, benché venerata in Francia, Balsamia sarebbe stata di origine italiana. Da Roma sarebbe giunta a Reims proprio in tempo per svolgere la sua delicata mansione di nutrice. una lettura della storia che stabilisce un legame forte tra Roma e la Francia: il latte, come un «balsamo», che ha nutrito il «padre della Chiesa francese», sarebbe venuto da Roma.
28 ottobre
Santa Cirilla, romana dei III secolo, battezzata con la madre Trifonia e con la madre martirizzata perché cristiana. Una leggenda che ebbe una certa diffusione, narrava come i parenti pagani avessero voluto darle uno sposo. Ella avrebbe risposto, come tante altre Vergini, che il suo sposo era troppo più nobile e più ricco. Si trattava di quel Gesù Cristo che molti pagani ancora dileggiavano, ma che nell’anima di Cirilla già splendeva in tutta la magnificenza della sua universale regalità.
29 ottobre
Narciso aveva quasi cent’anni quando venne eletto 30° vescovo di Gerusalemme. Era nato nel 96 da famiglia non israelita. Nonostante l’età, governò a lungo e con fermezza. Presiedette il Concilio in cui si decise che la Pasqua dovesse cadere di domenica. E a lui si attribuisce, proprio nel giorno di Pasqua, il miracolo di aver mutato l’acqua in olio per le lampade della sua chiesa, rimaste a secco. Per il suo rigore furono sparse calunnie sul suo conto. Si allontanò da Gerusalemme e, creduto morto, vennero eletti uno dopo l’altro due successori. Ma lui, alla morte del secondo, ricomparve. L’ultima notizia su di lui è in una lettera del coadiutore sant’Alessandro: si dice che aveva compiuto 116 anni.