Ricordi
Ricordi
Da me, come in ogni casa, si lavora per l’inverno.
Intanto si mette via tutto quello che con il freddo la campagna non ci potrà dare.
Le mele campanine, che prima si lasciano fuori all’aperto, sopra uno strato di paglia, così la pioggia e l’umidità scivolano di sotto e non le fanno marcire; e poi si conservano in casa, sopra il guardaroba.
L’uva, che si appende in solaio dentro i sacchetti di carta.
Le patate, prima fatte asciugare all’aria, poi portate in solaio, dentro le ceste.
Le zucche: se ne fa una montagnetta in cortile al sole, poi quando si è sicuri che si siano asciugate, si portano in solaio.
Fra settembre e ottobre si mettono le uova nelle damigiane con il collo largo, e si conservano con la calce, così più avanti, quando le galline ne faranno di meno, ne avremo lo stesso per le nostre necessità.
Nelle damigiane sigillate si conserva il mosto, così nell’inverno si potrà fare anche un po’ di sughi.
E poi si comincia a fare il vino: si pigia l’uva coi piedi, si riempie il tino. Le botti sono già state messe fuori “a bussare”(1)
Coi primi freddi si accende il camino; mia madre mette le patate grosse a cuocere nella cenere. Mangiamo la salsiccia infilata nella forchetta e arrostita sulla brace.
Le giornate si accorciano, succede tutti gli anni.
Si pulisce la stufa e le condutture del fumo.
La domenica si riprende a fare il brodo, con la gallina. Sulla stufa, una volta alla settimana, la pignatta.
Si fa la sfoglia e si tagliano le tagliatelle, finissime, poi il lesso, la salsa, la mela.
Mauro
1) E’ la complessa preparazione delle botti: venivano coricate su una scala stesa sul terreno, ricoperte con tela di iuta inumidita; quindi vi si versava dentro un po’ di mosto scaldato, e le si faceva dondolare. In questo modo il legno che, nel periodo in cui era restato vuoto, si era seccato per il caldo estivo, si rigonfiava e le fessure tra le assi si richiudevano: così si sarebbe potuto riempire le botti sicuri che il vino non sarebbe fuoriuscito. Un’altra fase delle operazioni preliminari consisteva nella picchiettatura dei cerchioni delle botti, che si fossero spostati, per risistemarli nelle loro giuste posizioni, assicurandone così la tenuta
Tratto da: Il setaccio della memoria
Autore: Chiara Fattori
Anno 2000