Salvatore Rotagiana
Prima degli sfortunati eventi che ci hanno colpito ( per chi non lo sapesse due terremoti ) ho conosciuto a Finale Emilia Maurizio Goldoni.
Mirandolese di nascita e finalese di adozione è un personaggio eclettico, fotografo di professione, musicista e scrittore per diletto ( suoi i romanzi “Memorie di un fecondatore” e “Due lati oscuri” un giallo ambientato a Finale Emilia) e di una gentilezza e disponibilità uniche.
Tra le tante chiacchere si era impegnato a fornirmi la foto di un certo Salvatore Rotagiana un misero personaggio mirandolese vissuto negli anni trenta e quaranta che era diventato lo zimbello (come spesso accadeva ) dei suoi compaesani. Oltre alla foto c’è anche un breve articolo pubblicato sulla Finestra di non si sa quale anno e a firma di chi. Il Barnardon, come ormai tutti sanno, raccoglie, oltre a fotografie, testimonianze su personaggi ormai scomparsi.
Qualche amico mirandolese è in grado di raccontarci qualcosa di Salvatore Rotagiana?
Salvatore Rotagiana
Si sentivano il suo pianto e le sue urla di lontano, amplificate dal silenzio delle strade di quei tempi; i bambini correvano esultanti ed anche qualche adulto, purtroppo, si faceva avanti perchè “c’era da ridere”; qualcuno che non era d’accordo tirava via svelto ringhiando che era uno scandalo che le autorità tollerassero simili cose; qualche donna tentava inutilmente di mandare a casa i più piccini.
La scena si ripeteva con frequenza negli anni tra il ’30 ed il ’40: bastava che qualcuno, incontrando questo povero vecchio (di cui ignoro il cognome), gli dicesse “Rota Giana” per provocare una reazione incontrollata ed isterica in lui, che da tali parole si sentiva ingiustamente accusato di aver rotto chissà dove, come o quando, una damigiana di non si sa che. Si creava così, intorno a lui, un piccola folla che si beava alle sue urla e ripeteva il vergognoso slogan quando sembrava che la stanchezza mettesse fine a quel degradante spettacolo.
Non partecipai mai a questo maligno divertimento: benché bambino sentivo che non era lecito prendersi gioco di quell’uomo ed anzi mi allontanavo il più possibile perchè quelle urla e quei pianti mi ispiravano una pena profonda.
Ora, a tanti anni di distanza, la sua figura sgraziata, vestita approssimativamente, ferma in mezzo alla strada e piangente, mi si ripresenta con vivezza davanti agli occhi e la ripropongo alla riflessione ed alla pietosa memoria di chi lo conobbe.
( da La Finestra)