Oratorio del SS. Sacramento – Mirandola
Sec. XVII, inizi
Oratorio del SS. Sacramento
Mirandola
È questa l’antica sede della Confraternita del SS. Sacramento, aggregatasi attorno al 1573, in pieno clima di Controriforma.
Da vario tempo non officiato, l’oratorio fu costruito a partire dal 1606 con larghe sovvenzioni della famiglia Pico e in particolare di Alessandro I, alto protettore della pia unione, che radunava numerosi esponenti della corte. Consacrato il 17 maggio del 1609, il tempio sorse sul fianco meridionale della Collegiata, e dunque nel cuore urbanistico della città. Fu ultimato nel 1631, a opera del capomastro Giovanni Zenaroli di Solara. L’impianto ad aula unica, con sei cappelle di ridotta profondità, sviluppa una spazialità convergente verso l’altare maggiore, fulcro ideale dell’edificio, secondo i dettami del Concilio di Trento, mentre il coro, relativamente vasto — ampliato in tempi successivi — si prestava ad accogliere le riunioni dei confratelli.
Nel 1620, per volere di Alessandro I, l’oratorio venne affrescato da certo «maestro Tomaso» con raffigurazioni dell’ Ultima Cena e del Miracolo di Bolsena, soggetti inerenti alla celebrazione eucaristica, tema centrale della liturgia controriformata. Nel 1775 si ampliò la zona del coro e, su disegno del padre servita Giorgio Fedele Menghini da Budrio, si intraprese il riassetto della facciata che, pur incompiuta e di non grandiose dimensioni, esprime tuttavia un forte carattere di monumentalità, sottolineato dal rapporto con gli esigui spazi dei circostanti percorsi stradali. Fra le pale che si ergevano sugli altari — alcune perdute durante i lavori del 1775 —, le più cospicue erano quelle di Alessandro Tiarini con la Madonna col Bambino e S. Felice da Cantalice, eseguita nel 1612 per la famiglia Mazzuola (ora nella Collegiata), e l’altra, perduta, di Sante Peranda con la Visitazione di S. Elisabetta, commissionata dalla nobile Elisabetta Donati da Mezo, sita in una cappella di patrocinio di Alessandro I; infine, un dipinto con S. Giuseppe, di autore ignoto, fregiava l’altare innalzato dalla principessa Livia Pico Rondinelli, zia dello stesso duca Alessandro, al fine della «conservazione della Casa Pico» (Ceretti).
Una confraternita, dunque, prediletta dai Pico e di carattere senz’altro elitario, radunando numerosi appartenenti alla corte ducale.
G.M.B.
Tratto da: Committenze dei Pico
A cura di Graziella Martinelli Braglia
Cassa di Risparmio di Mirandola
Anno 1991