Mirandola negli anni 50 – L’edilizia è in grande fermento – La manifattura decolla
L'immagine è stata gentilmente concessa da Roberto Neri
L’edilizia è in grande fermento
Che qualcosa stia cambiando lo dimostra anche lo stato delle finanze comunali. Nel giro di quattro anni l’avanzo di amministrazione aumenta costantemente, passando dai quasi 28 milioni di lire del 1956 ai 55 milioni del 1959. Ciò consente di realizzare diverse opere pubbliche «senza ricorrere a finanziamenti straordinari».
Per i lavori più importanti l’Amministrazione comunale non esita a ricorrere all’indebitamento, accendendo mutui, evitando di inasprire la tassazione e lasciando alle casse comunali “ossigeno” per interventi nel sociale.
Nuove scuole (tra cui la sede dell’Avviamento Professionale Industriale di via Mazzone), ampliamento della rete fognaria a molte vie del centro e delle frazioni, giardini pubblici all’ex Enal (oggi parco “Lolli”) e in via Roma, miglioramento del mercato bestiame, bitumatura delle strade e interventi per servizi vari (come i bagni pubblici, aperti nel 1954). Sono queste realizzazioni a caratterizzare l’operato del Comune nel corso degli anni Cinquanta. E ancora, il potenziamento dell’assistenza, il miglioramento dei servizi igienico-sanitari, l’erogazione di sussidi agli asili, la promozione della cultura e dello sport, l’avvio di bambini alle colonie marine e montane.
Soprattutto, viene avviato a soluzione uno dei problemi più assillanti per la popolazione: quello della casa. La popolazione che vive in case sparse è quasi la metà del totale nel 1951, mentre dieci anni dopo sarà poco più di un terzo, a sottolineare un ampliamento dell’offerta abitativa in centro e nei borghi frazionali ma anche un progressivo processo di inurbamento.
Nel 1951 in tutto il comune vi sono 5.254 abitazioni occupate, con 17.703 vani. Dieci anni dopo le case occupate diventano 5.843, per un totale di 20.804 vani. Le abitazioni dotate di acqua potabile all’interno sono appena 1.004 nel 1951, ma diventano 4.084 dieci anni dopo (quando però ancora 998 famiglie devono ricorrere all’acqua del pozzo); le case con latrina interna raddoppiano nel decennio (da 1.211 nel 1951 a 2.379 nel 1961), quelle con vasca o doccia passano da 347 a 1.501. Accanto a lavandino e fornello cominciano intanto a farsi strada gli elettrodomestici: bastano un frullatore, un tostapane e un frigorifero per fare la felicità delle famiglie. I consumi di elettricità, di conseguenza, aumentano. Dai 942 mila kilowattora consumati nel 1955-56 per l’illuminazione privata si passa a 1 milione 535 mila nel 1960-61 (mentre la pubblica passa da 91 mila a 110 mila kilowattora).
In questi dieci anni sono tanti i mirandolesi che riescono a coronare il sogno di possedere “quattro mura”: nel 1951 le abitazioni in proprietà o usufrutto sono 1.399 (il 25% del totale), mentre nel 1961 sono già saliti a 2.335 (il 40% del totale). In parte si tratta delle cosiddette “case della domenica”, costruite in economia il fine settimana da operai, artigiani e piccoli imprenditori per le proprie famiglie, su aree urbanizzate messe a disposizione dal Comune (come al Villaggio Canova, in viale Gramsci, al Villaggio Spalti o al Villaggio Rotonda); ma in questo periodo assume rilievo anche l’intervento diretto dell’ente locale e di Ina-Casa, che porta alla realizzazione di alloggi popolari in via Curiel (costruiti dalla Coop Muratori) ed in via del Macello.
Il fermento nell’edilizia è notevole: tra il 1956 ed il 1962 vengono costruite 916 nuove abitazioni con 6.381 vani ed il settore passa da 613 a 691 addetti tra il 1951 e il 1961. La Cooperativa Muratori, nata nel 1902, «si sviluppa rapidamente fino ad aprire, nel corso di un decennio, cantieri in tutta Italia». ‘
È in questi anni che iniziano ad operare alcune delle principali ditte mirandolesi, tra quelle tuttora esistenti. È il caso della ditta di asfalti fondata nel 1956 da Bentivoglio Maini (ma già attiva dall’anno precedente) e dell’attività dei fratelli Rino, Tonino e Arturo Zaccarelli, che nel 1956 fondano un’impresa di costruzioni in via del Mercato.
La ditta Zaccarelli, che ben presto aumenta fatturato e numero di dipendenti, si trasferisce successivamente in via Statale Nord. Sempre alla metà degli anni Cinquanta risale l’avvio dell’attività dei fratelli Renzo, Rino ed Albertino Reggiani, che con l’acquisto di un autocarro iniziano a trasportare i prodotti dalle aziende agricole della zona (barbabietole e piselli) alle industrie di trasformazione. Per occupare il periodo invernale i fratelli Reggiani iniziano anche ad eseguire i primi lavori di ripristino di canali di bonifica e di movimentazione della terra per le fornaci di laterizi locali. Del 1957 è anche la nascita in via Curiel della ditta di prodotti per l’edilizia di Leopoldo Martinelli, “figlia” dell’impresa edile di Augusto Martinelli, sorta tra le due guerre.
Nell’agosto 1957 il Comune riscatta l’officina del gas ed amplia la rete di distribuzione, con una spesa di 20 milioni di lire. La gestione diretta segna il decollo della metanizzazione, grazia ad «una notevole diminuzione del prezzo praticato» in precedenza ed un aumento del potere calorifico. Le utenze del gas passano così dalle 625 del 1957 alle 1.135 del 1960, mentre nello stesso periodo i consumi balzano dai 165 mila metri cubi annui ai 907 mila. Nel 1961 Mirandola è il secondo comune della provincia, dopo Modena, per numero di abitazioni dotate di impianto a gas collegato alla rete di distribuzione (1.173). I successivi sviluppi vedranno la nascita, nel febbraio 1964 dell’Azienda Municipalizzata Acqua e Gas (Amag) e della sua trasformazione nel 1970 in Azienda Intercomunale Acqua e Gas (l’odierna Aimag), con la realizzazione del metanodotto della Bassa.
Aumentano anche i consumi di energia elettrica. Dai 5 milioni 685 mila kilowattora consumati nel 1955-56 dalle aziende si passa a 7 milioni 857 mila nel 1960-61.
La manifattura decolla
Nelle industrie manifatturiere lavorano 1.926 addetti nel 1951 (pari al 15% del totale)326 e 2.602 nel 1961 (25%). Il settore alimentare aumenta il numero di lavoratori (da 413 a 696), ma va incontro ad un processo di concentrazione (da 40 a 32 imprese). Il tessile aumenta il numero degli addetti (da 42 a 76) e delle imprese (da 27 a 42). Il vestiario, abbigliamento e arredamento cala invece da 280 a 200 persone. Da segnalare che nel 1951 sono presenti in viale Gramsci un’azienda che produce carta e cartoni (la Cartiera Pico), con 15 dipendenti, ed una nel settore poligrafico-editoriale, con un solo addetto; dieci anni dopo nel settore carta non lavora più nessuno, ma le aziende poligrafiche salgono a 5, con 24 addetti, ad evidenziare le esigenze di un territorio che fa sempre più ricorso a pubblicità, etichettature, ecc. Tra le nuove imprese vi sono la Tipografia Campanini e Malagoli (tuttora esistente come Tipografia Malagoli)) e quella di Franco Bozzoli che nel 1958 rileva la Tipografia Piccinini (già Grilli) presso la quale lavorava come dipendente.
Divenuto sempre meno dipendente dall’agricoltura, lo sviluppo del secondo dopoguerra prende tante strade, alcune già “battute” ed altre inedite per la città dei Pico. Lo testimoniano oggi le centinaia di lettere, fatture, oggetti e cartoline commerciali raccolte e catalogate con passione dai soci del Centro Studi Numismatici e Filatelici. Questi documenti evidenziano il lavoro di attività come quella di Pineschi nel settore del legno, della rivendita mirandolese dell’lRCA (Industrie Riunite Chimiche Alimentari), della salumeria mirandolese Salmir, della fabbrica di articoli di plastica Trebi di via Marco Polo.
Fabio Montella
Tratto da: Un secolo di imprese – 100 Anni di attività economica a Mirandola attraverso i documenti.
Edito da: Comune di Mirandola e Centro Studi Numismatici e Filatelici di Mirandola.