Madama Dorè e Al Campanòn
Madama Dorè
Era un gioco per bambine: due squadre di tre o quattro per parte, l’una di fronte all’altra, a turno avanti e indietro.
Oh quante belle figlie madama Dorè (avanti)
oh quante belle figlie (indietro)
Se son belle me le tengo madama Dorè (risposta)
Se son belle me le tengo
Il re ne comanda una madama Dorè
Il re ne comanda una
Che cosa ne vuol fare madama Dorè
Che cosa ne vuol fare
La vuole maritare madama Dorè
La vuole maritare
Con chi la maritereste madama Dorè
Con chi la maritereste
Col principe re di Spagna madama Dorè
Col principe re di Spagna
Entrate nel castello madama Dorè
Entrate nel castello
Le porte sono chiuse madama Dorè
Le porte sono chiuse
Noi le faremo aprire madama Dorè
Noi le faremo aprire
Entriamo nel castello madama Dorè
Entriamo nel castello
Scegliete la più bella madama Dorè
Scegliete la più bella
Veniva scelta la più bella (l’èsempar acsì).
Il gioco riprendeva scambiando le parti tra le due squadre. A turno venivano scelte anche le meno carine per non creare malumori e per non scontentare nessuna.
Si giocava al campanón. Si sceglieva un pezzetto di mattone con uno spessore di due o tre centimetri, si disegnavano sull’aia le dieci case (riquadri) più la cantina. Si faceva la conta per designare chi doveva cominciare per primo.
Aulì ulè
Che ta musè
Che ta prufìt a lusinghé
Tulilém blém blu
Tulilém blém blu
Si iniziava: si buttava al campanón nella prima casa, poi saltellando su una gamba lo si spingeva nella seconda, terza, quarta, fino a fare il giro completo. Si lanciava nel secondo, terzo riquadro. Il difficile era entrare nel quinto e nel sesto perchè se il campanón entrava nella cantina si perdevano le posizioni conquistate e si ritornava alla prima casa. Se si riusciva a fare le dieci case saltellando si poneva il campanón sulla punta del piede e si faceva il giro senza lasciarlo cadere: poi si doveva portarlo sulla testa e questo giro era il più difficile perchè i segni non si vedevano.
Le parole magiche erano: «olio, pepe e sale, se ti cade giù, non vale».
Ad ogni passo si diceva «a me salame». Il controllore rispondeva, «a me salame», se il passo era corretto, ma se con i piedi andava sul segno, salamón era la risposta e bisognava rifare la prova dando la precedenza agli altri giocatori.
Qualora si facesse il percorso netto si aveva il diritto di scegliere una casa e quando uno doveva passare si diceva «indré» obbligandolo a scavalcare e quindi inducendolo all’errore. Nella propria casa uno poteva riposare (appoggiare entrambi i piedi): era un gran vantaggio avere una casa, era molto comodo.
Vinceva colui che riusciva a fare più case.
Ezio Cesari
Molto bello e interessante. Grazie.
17 Gennaio 2018