L’estate di San Martino

L’estate di San Martino

27 Ottobre 2020 0

dipinto di Aleardo Cavicchioni

L’ESTATE DI SAN MARTINO

La festività di San Martino cade l’11 di novembre e una volta nelle scuole si faceva vacanza perché era il compleanno del re Vit­torio Emanuele III, anche se era difficile pensare che la cosa fosse da festeggiare. Comunque l’antica tradizione vuole che attorno a San Martino sia sorta qualche leggenda. In primo luogo è noto a tutti che in questo periodo si verifica la cosiddetta “estate di San Martino”, vale a dire alcuni giorni insolitamente tiepidi rispetto al normale. Purtroppo non è sempre vero, è anche capitato che in questi giorni nevicasse, ma è anche vero che negli ultimi decenni il clima autunnale è meno freddo che in passato. Lo ha dimostrato, ad esempio, il novembre del 2002 e ancora di più, secondo le sta­tistiche, il novembre del 1977, che vide la temperatura in Emilia salire fino ai 26 gradi centigradi.

Ma chi era San Martino? Martino era un cristiano vissuto dal 315 circa al 397. Era di origine orientale e arrivò in Occidente come soldato nelle fila di uno dei tanti eserciti imperiali del tempo e sol­tanto intorno all’anno 360, in Francia, fu ordinato sacerdote da Sant’Ilario di Poitiers. Celebre nei secoli fu la sua figura di tauma­turgo, che ha dominato l’agiografia e la pittura del Medio Evo, so­prattutto grazie al famoso tema del mantello diviso con un povero mendicante, che secondo la leggenda celava Gesù Cristo. Di qui il racconto del cattivo tempo che si trasformò in tiepide giornate. Martino fu anche il primo santo non martire venerato dalla Chiesa, l’apostolo delle Gallie per avere diffuso il Vangelo nelle città e nei villaggi della Francia, in qualità di vescovo di Tours. Anzi, fu lui il primo vescovo ad introdurre la vita monastica oltre le Alpi. La leg­genda, come è noto, spiega che dopo avere diviso il suo mantello con il povero mendicante in una giornata di grande freddo, il cielo improvvisamente si aprì e apparve un tiepido sole, dando così vita all’estate di San Martino che, sempre secondo la leggenda, dura tre giorni, dal 10 al 12 novembre.

Dalle nostre parti, le nonnette, prudentemente sedute accanto al camino, hanno sempre raccontato che in questi tre giorni (e un pochino, che fa rima con San Martino) il triste e piovoso autunno concede agli uomini un po’ di meritata tregua donando loro anco­ra un po’ di tepore, proprio come fece il buon San Martino. Il qua­le, a somiglianza di San Michele, ha sempre goduto di una specia­le venerazione dalle nostre parti, vedi la presenza di paesi a lui dedicati, come San Martino in Spino, San Martino Carano e San Martino Secchia, che è persino diviso a metà, un po’ sulla destra del fiume Secchia, in comune di San Prospero e metà sulla sinistra del fiume, in comune di Carpi.

Senza contare le diverse chiese e i molti altari. Questo si deve forse al fatto che San Martino fu sempre un accanito avversario delle varie eresie del suo tempo, soprattutto quella degli Ariani. Non va dimenticato che nei secoli bui del primo Medio Evo San Martino rappresentava un po’ l’ortodossia cattolica, mentre i Lon­gobardi erano “tifosi” di San Michele ma anche sostenitori dell’ere­sia predicata da Ario.

A titolo di pura curiosità, non supportata da alcun riferimento logico, qualche persona credeva che le lumache, avvertendo il cal­duccio di San Martino, si esponessero di frequente ai tiepidi raggi del sole, mettendo fuori i loro piccoli cornetti, per cui era più faci­le catturarle, metterle a “purgarsi” nella crusca per poi essere divo­rate dagli appassionati. Di qui sarebbe nata la filastrocca che dice: “Lumaga lumaghen, salta fora tri curnen, un par me, un par te e un par la veccia ad San Marten”. Non dovrebbe esserci bisogno di traduzione.

Sempre per il giorno di San Martino, il vecchio e saggio “Barnardon” ricorda, con un breve sintetico proverbio, che il vino ha già finito di fermentare nei tini ed è arrivata l’ora di assaggiarlo. Dice infatti il proverbio che “par San Marten, verrà la botta e tasta al ven”, cioè apri la botte e assaggia il vino. Su una storia come questa, i francesi, che sono molto astuti, hanno inventato il “deblocage” del loro vino novello. Da noi, nello stesso tempo, è ancora tradizione, oltre all’assaggio del vino nuovo, procedere al rito di arrostire le caldarroste, da consumarsi appunto con il vino novello.

Ma in questo periodo non è certamente sgradita la presenza di quel capolavoro che è il “gnocco sotto la brace”, una vigorosa composizione di farina bianca e strutto impastati assieme, per essere poi messa a cuocere (con o senza la presenza dei ciccioli) sotto le braci fumanti del camino.

Giuseppe Morselli

Tratto da: Antiche Tradizioni Mirandolane

Autore: Giuseppe Morselli

Anno: 2006

Edizioni Bozzoli

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