Le nostre Frazioni – Camurana – Villafranca
Frazioni di Medolla: Camurana, Villafranca e alcune località minori come Malcantone, Montalbano e Bruino
Camurana - Antica Pieve di San Luca
Da Mirandola verso Medolla, dopo meno di un chilometro, si giunge a Camurana nota soprattutto per la sua antica Pieve e per il piccolo nucleo abitato che faceva corona al sacro edificio. La prima menzione di Camurana è addirittura remota. Il Tiraboschi afferma che già nel 776 Carlo Magno fece donazione della Pieve di Camurana alla Badia di Nonantola e se questo dato è vero, la chiesetta locale è senza dubbio fra le più antiche di tutta la Bassa modenese. La pieve fu oggetto di lunghe controversie fra il Vescovo di Modena e l’Abate di Nonantola. Tuttavia, mentre sotto il profilo ecclesiastico Camurana ebbe sempre notevole importanza, dal punto di vista politico non rappresentò mai un centro di grossa consistenza.
Nella descrizione dei confini del modenese, fatta nel 1222, non vi si nominano che alcune case.
L’attuale chiesa, dedicata a S. Luca, medico ed evangelista, fu consacrata il 7 settembre 1783, da mons. Francesco Maria d’Este, abate di Nonantola, poi Vescovo di Reggio.
Conserva un buon quadro ottocentesco raffigurante il santo patrono e uno splendido organo, costruito dai Traeri, famosi organari, nella prima metà del Settecento.
Intorno al 1950, sotto la cripta della chiesa, fu fatto uno straordinario rinvenimento. Furono infatti scoperti i corpi di dodici ex parroci del luogo, sepolti nella cripta e disposti in circolo, seduti come in un coro.
Sempre nella pieve di Camurana erano conservate fino a qualche tempo fa alcune stupende aquile asburgiche scolpite in legno, dono dei Duchi di Modena.
Non lontano dalla chiesa si nota la splendida settecentesca Villa Molinari, contornata da uno stupendo parco. È forse una delle più belle ville del Mirandolese.
È opportuno ricordare che nei pressi di Camurana esisteva un importante convento di Carmelitani, fondato nel 1495 dal Conte Galeazzo di Baccarino da Canossa. Fu soppresso nel 1 768 e con i mattoni del convento della Galeazza fu costruito il campanile di San Giacomo Roncole.
Nei pressi di Medolla, quasi al confine con il comune di Cavezzo, suscita un notevole interesse la collina artificiale di Montalbano, nata inizialmente come luogo di vedetta ai confini fra gli stati Estensi e quelli dei Pico. Il rilievo, a forma tronco-conica, è del diametro di circa 50 metri ed è alto circa 10 metri.
Sicuramente la collinetta fu eretta utilizzando materiali delle arginature di un antico alveo del fiume Secchia. Servì alle truppe francospagnole per piazzarvi le loro artiglierie in occasione dell’assedio di Mirandola del 1705. Fu utilizzata anche dalle truppe spagnole del Duca di Montemar in occasione di un nuovo pauroso assedio a Mirandola nel 1735, quando sulla città piovvero circa 1 5.000 cannonate e 1.500 granate esplosive. Non è escluso che la collina sia servita anche come una grande ghiacciaia per la conservazione delle carni.
Infatti Montalbano ha sempre avuto, nel corso dei secoli, una caratteristica di “territorio franco”. Mentre la fiera di Bruino rappresentava una fonte di entrate per la Camera Ducale, cioè le imposte andavano a favore del sovrano, Montalbano era terra franca, esente da dazi e gabelle. Di Montalbano, infatti, si parla già nel 1500, quando i pochi abitanti del luogo ebbero la pretesa, a quei tempi assurda, di non essere soggetti nè a Modena nè a Mirandola. “Un caso storico specialissimo”, come afferma lo Spinelli.
L’esenzione del dazio poteva in sostanza consentire agli abitanti di Montalbano di accumulare grosse quantità di carne, soprattutto suina, di poterla lavorare e rivendere a prezzi decisamente concorrenziali. Di cui l’esigenza di avere una consistente ghiacciaia per la conservazione della carne.
È una peculiarità, questa di Montalbano, che potrebbe essere oggetto di ulteriori approfondimenti storici da parte di qualche studioso.
Di fronte alla collinetta artificiale di Montalbano si erge il piccolo oratorio della Madonna della Ghiaia (o della Ghiara), costruita nella seconda metà del ‘600 e che riproduce in scala ridotta l’omonimo grande santuario che è il principale monumento di Reggio Emilia, opera dell’architetto Francesco Pacchioni.
Il vescovo di Reggio volle che l’oratorio fosse costruito in quella zona di confine anche religioso per ribadire nei confronti dell’Abbazia di Nonantola e del vescovo di Modena la propria sovranità spirituale sulla zona.
Sulla strada statale N. 468 che conduce da Medolla a S. Felice sul Panaro, appare di singolare interesse storico e artistico la zona di Malcantone.
È un lembo di territorio il cui studio dovrebbe essere attentamente approfondito, poiché nel tardo medio evo e fino al secolo XVII era probabilmente il punto più fortificato e munito dell’intera Bassa pianura modenese, una sorta di piccola San Gimignano sparsa fra i campi.
A quanto risulta la zona di Malcantone fu per lungo tempo in possesso della famiglia Montecuccoli, originaria della montagna modenese, che vi eresse intorno al 1430 un importante castello, di cui ora, purtroppo, resta soltanto una splendida torre in parte manomessa, ma precisa testimonianza del rilievo che i feudatari frignanesi attribuivano alla zona di Malcantone.
Nella zona sorgono comunque altre tre o quattro abitazioni turrite, di epoca cinquecentesca.
Il nome di Malcantone, almeno secondo quanto sosteneva Alessandro Tassoni (1565-1635) nella sua Secchia Rapita, deriva dal carattere un po’ inquieto degli abitanti e dal fatto che vi si annidassero soggetti abili nelle armi e poco raccomandabili. La stessa fama di cui godevano un tempo gli abitanti della Motta e del Cavezzo.
Comunque il tratto di strada che attraversa la località di Malcantone è uno dei più suggestivi e inquietanti della Bassa modenese, un tema che dovrebbe essere più ampiamente sviluppato.
Assai interessante la bella villa ottocentesca di proprietà della famiglia Wegmann – Escher, circondata da uno splendido parco con magnifiche piante d’alto fusto.
A proposito di questa villa vale la pena ricordare alcuni fenomeni geologici di particolare interesse segnalati nel comune di Medolla da Spinelli e Cuoghi Costantini nel 1893.
Presso le case Wegmann e Casino venne riscontrata una anomalia termica: sembrerebbe trattarsi di un fenomeno di decomposizione anaerobica, con moderato sviluppo di colore, di sostanze organiche contenute nel terreno. Il fenomeno si riscontra ancora oggi ed è soprattutto visibile durante l’innevamento, per la minore permanenza al suolo del manto nevoso in corrispondenza delle aree interessate da questa debole anomalia termica. Presso la casa colonica La Sartora si trova un pozzo di acqua “salsa”, cioè ad elevato contenuto aiogenico. Il fenomeno, come affermano Gasperi e Pellegrini, andrebbe comunque approfondito e studiato.
Lasciata Medolla, una comoda strada comunale conduce a Villafranca, la frazione più a sud del comune di Medolla.
La parrocchia si stende dalla strada statale del Brennero fino ai confini con l’ex bosco della Saliceta ed è terra fertilissima, dove si ottengono buoni raccolti di frutta, cereali e barbabietole.
Il territorio di Villafranca era compreso fin dall’antichità sotto il dominio dell’Abbazia di Nonantola.
In particolare la chiesa di Villafranca e le zone circostanti dipendevano dalla pieve e dalla corte di Roncaglia, che avevano giurisdizione su quasi tutta la Bassa modenese. La prima citazione è dell’anno 1273, ma probabilmente gli insediamenti hanno origine più antica e certamente avevano qualche particolare previlegio in fatto di dazi e gabelle, da cui il nome di Villafranca, o località affrancata da qualche disposizione di carattere impositivo. Negli ultimi anni del ‘200 o nei primissimi del ‘300 Villafranca era infeudata alla famiglia dei Bozzalini, che probabilmente estendeva la sua influenza fino all’argine del Secchia in territorio di Cavezzo. Ma nel 1318, in un periodo di grandi convulsioni e di terribili guerre, il leggendario Rinaldo Bonaccolsi, detto il Duca Passerino, assediò il castello di Villafranca, distruggendolo completamente e spargendo di sale le rovine in segno di perpetuo sterminio. Evidentemente i Bozzalini erano alleati dei Pico e dei Visconti, avversari del Duca Passerino. Gherardo Bozzalini, signore di Villafranca, fu esiliato e certamente dovette ringraziare il cielo perchè il Passerino, come abbiamo visto, aveva abitudini assai più spietate.
Tuttavia il Tiraboschi afferma che il castello fu riedificato dopo la morte del Duca Passerino (avvenuta nel 1328), poiché nel 1335 la famiglia Bozzalini cedette in perpetuo il suo castello al marchese Nicolò d’Este; ormai incontrastato signore di tutte queste terre della Bassa, ad eccezione di Mirandola, Concordia e San Possidonio, restituite, dopo la morte del Passerino, ai successori di Francesco Pico, sotto la protezione dei Gonzaga e dei Visconti.
La prima citazione della chiesa di San Bartolomeo di Villafranca risale al 1313 e figura nel testamento della nobile Margherita del Fante. L’antica pieve, di modeste proporzioni, subì qualche miglioria nel corso dei secoli ma nel ‘700 era quasi cadente. I lavori di costruzione della nuova chiesa parrocchiale, sempre dedicata a San Bartolomeo, ebbero inizio nel 1761 e si conclusero nel 1764. La facciata è in stile classico, l’interno a una sola navata, semplice e austero. Di rilievo l’altare della Beata Vergine delle Grazie, eretto nel 1621, con una buona tela del pittore modenese Francesco Malagoli (1737). L’altare maggiore è del 1768.
Il campanile, che risale al 1668, fu rifatto nel 1835.
Molto interessante, nella zona di Villafranca, la villa settecentesca della famiglia Ferrari.
Di grandissimo interesse, invece, la Villa o Corte degli Abboretti, che sorge a breve distanza dalla chiesa parrocchiale. Costruita alla fine del 500 dalla famiglia Abboretti, certamente la più antica della zona (è documentato un matrimonio fra la Magnifica Donna Anna Abboretti e Ferdinando Gandolfi, che morì il 26 marzo 983), con origini al secolo X, il palazzo si presenta con una severa facciata turrita e una splendida sala interna con affreschi del ‘700. È un autentico capolavoro, esempio classico di villa-fortezza. Purtroppo, è in stato di semiabbandono e necessita di solleciti restauri.
Non distante dalla villa è l’oratorio Abboretti, costruito nel 1646, crollato nel 1897, causando 18 feriti, e ricostruito nelle attuali forme nel 1901.
Sempre nei pressi di Villafranca, è di buon valore l’oratorio Marigliani, in via Sparato, vicino al fondo Palazzetto.
Conclusa la visita a Villafranca, un breve tratto di strada ci porta sulla strada statale N. 12, l’antico Canaletto.
Svoltando a sinistra in direzione di Modena, si arriva dopo un paio di chilometri in località Tre Torri di Villafranca, una caratteristica abitazione del Settecento che fino allo scorso secolo ospitava una famosa osteria.
Poco più avanti, all’incrocio fra il Canaletto e la strada provinciale Cavezzo–Camposanto, troviamo la famosa Cappelletta del Duca. Si tratta di un piccolo oratorio a forma cilindrica, sormontato da una piccola cupola. Fu eretto nel 1850, in segno di ex voto.
Successe infatti che la mattina del 23 novembre 1849, mentre si recava a caccia nel bosco della Saliceta con la sua corte, il Duca di Modena Francesco V fu vittima di un attentato. Un giovane studente in farmacia di Cavezzo, Luigi Rizzatti, figlio di un possidente di idee liberali, tentò di ucciderlo sparandogli un colpo di fucile. Il Duca uscì illeso dall’attentato (rimase soltanto ferito leggermente il suo ciambellano Conte Guerra) e “per grazia ricevuta” fece costruire un piccolo oratorio, accanto al quale, fino a poco tempo fa, si trovava anche un artistico pilastro costruito nel 1941 dal cav. Giuseppe Cavicchioli.
Proseguendo verso San Prospero sulla strada statale, poco dopo la Cappelletta del Duca, si nota a sinistra un’antica costruzione detta la Forcirola, una casa torretta di antica costruzione (sec. XVI), forse un tempo dedicata ad oratorio. Certamente era di proprietà dell’antica famiglia modenese dei Forciroli.
Poco più avanti, sulla destra, i resti dell’antica pieve di San Silvestro, di cui parleremo più avanti, accanto ad uno dei più noti ristoranti della Bassa modenese.
Infine si arriva a San Prospero Secchia.
Giuseppe Morselli
Tratto da: Guida storica e turistica della Bassa Modenese
A cura di Giuseppe Morselli
Anno: 1982