La rasdora
Quando il vecchio padrone della Corte Grande rimase vedovo disse al figlio maggiore:
– È ora che tu prenda moglie perché la casa non può stare senza rasdòra.
Il figlio portò a casa Emma, lei sostenne lo sguardo indagatore del vecchio mentre diceva: – Va bene.
La Corte aveva dei muri alti ed era così grande che sembrava un paese, Emma non ne uscì più.
Imparò subito a diventare la padrona e a dare ordini alle altre donne perché ognuna doveva avere il suo daffare; lei si era tenuta il compito della sfoglia. Impastava per ore senza sosta e divenne “Emma dalle forti braccia”; il suo sfoglio era sottile come carta velina, senza buchi e rotondo come un tabarro a ruota.
Al mattino si metteva sulla porta con i pugni sui fianchi e guardava gli uomini mentre si avviavano ognuno per le proprie cose, la sera a tavola dava a ognuno il suo.
Un giorno passarono i tedeschi in ritirata, dissero che avrebbero trascorso la notte. Ce n’era uno con gli occhi azzurri ed il ciuffo sulla fronte; aveva anche le mani lunghe; si prese una sberla che avrebbe stordito un cavallo.
Il capitano portò i suoi soldati a dormire altrove.
Anna Maria Spreafìchi
Tratto da: Le donne della Bassa in duecento parole
Edizioni E.Lui
Anno 2008