La Distilleria Zuccherificio di Mirandola – L’occupazione tedesca (1944-1945)
Seguito del I° capitolo e del II° capitolo .
Ricordiamo che, per una lettura più approfondita, il libro si trova ancora presso alcune edicole mirandolesi.
L’occupazione tedesca ( 1944-1945 )
All’inizio del 1944, dopo l’occupazione del territorio da parte dei tedeschi, l’amministrazione pubblica passa alle autorità germaniche.
La produzione e la vendita dell’alcol prodotto dalla Distilleria di Mirandola sono controllate dai tedeschi, che fanno capo al comando germanico di stanza a Verona. La consegna, la vendita e la fatturazione dell’alcol alle Forze Armate Germaniche sono gestite dal sig. Heermann del comando Konzert di Verona. Anche l’approvvigionamento del carbone alla distilleria viene autorizzato dal Comando Tedesco.
Riportiamo la descrizione degli avvenimenti fatta dal Direttore della distilleria dott. Bonfiglio Tesi alla direzione della Società Italiana per l’Industria degli Zuccheri di Genova. La situazione è critica e la vita quotidiana, tesa e drammatica, è scandita da notizie belliche disastrose:
“Da diversi giorni la situazione si è aggravata a tal punto che ritengo giusto ragguagliare. Gli allarmi aerei si susseguono con un crescendo impressionante, sempre seguiti da passaggi di aerei e da azioni di bombardamento e di mitragliamento. Nella notte del 26 giugno ’44 alcuni caccia bombardieri, dopo aver incrociato sulla Distilleria, sganciano le loro bombe sulla via di Quarantoli a circa 1 chilometro in linea d’aria dalla fabbrica. Successivamente, sempre caccia bombardieri, da bassa quota hanno colpito gli impianti ferroviari della linea Bologna-Verona, relativamente vicina a noi.
Ieri mattina hanno cercato di colpire il ponte ferroviario a Camposanto; nel pomeriggio una forte formazione dopo aver sorvolato la fabbrica, ha centrato a Revere il deposito carburante (si nota ancora in lontananza la densa colonna di fumo proveniente dagli incendi).
Questa mattina hanno sganciato ancora a Camposanto, più tardi a Carpi ed il passaggio degli apparecchi continua.
Il personale della fabbrica è impaurito oltre ogni limite e, mentre nei giorni scorsi fuggiva veloce al primo segnale di allarme, da oggi, avendo constatato che i segnali non vengono più trasmessi tempestivamente, abbandonano il lavoro al primo rumore di apparecchi, per tornarvi poi con tutto comodo. Né vale trattenerli la calma e lo sprezzo di ogni pericolo che si cerca di ostentare.
In questo stato di cose non è più possibile un rendimento del lavoro neppure ridotto, né realizzare i ns. impianti, sia pure con incredibili maggiori spese.
Nel mese scorso, con materiale avuto da Bologna, abbiamo allestito un rifugio antischegge lontano dalla fabbrica, nelle immediate vicinanze del bacino di scarico acque nocive, il bacino Belfiore, ove il personale accorre in gran parte, mentre il rimanente si dilegua per le campagne circostanti.
Ritengo che si debba procedere ora, con precedenza assoluta sovra ogni altro lavoro, alla preparazione di un buon rifugio in fabbrica, che dia quel minimo di tranquillità ai pochi elementi che dovrebbero rimanere al proprio posto durante la campagna; dico dovrebbero, perché non è detto che ci stiano. Prima non era possibile pensare a questo lavoro per l’assoluta mancanza di cemento.
La manutenzione della fabbrica è ormai a buon punto, il raccolto delle barbabietole è promettente e, ad onta della limitata superficie investita, si dovrebbero lavorare 300.000 quintali di prodotto. Si potrà fare la lavorazione? Avremo il carbone? La ferrovia potrà effettuare i trasporti? I coltivatori provvederanno alle consegne? Troveremo il personale disposto a lavorare?
Questi sono interrogativi di cui auspichiamo risposta positiva.
Pare che le Autorità Germaniche abbiano disposto che l’allarmi venga dato ora solo quando vengono segnalate grandi formazioni, il che non lascia affatto tranquillo il personale che si allontana al primo rumore sospetto.
Quest’oggi, d’accordo con gli operai, ho proposto al Podestà di istituire un posto di avvistamento e segnalazioni in fabbrica, nella fiducia di poter perdere meno tempo e domani ne sarà parlato al Prefetto.
Ma non bisogna farsi illusioni, perché il passaggio degli aerei comincia a diventare continuo.”
Prima del 25 luglio 1943 nella zona di Mirandola erano già vivi alcuni fermenti antifascisti, ma erano di persone isolate non ben organizzate. Occorreva fare delle scelte, e le persone compromesse dovettero passare alla clandestinità. Alcune partirono per la montagna e si arruolarono nelle bande partigiane dell’Appennino; la pianura era ritenuta tatticamente non idonea ad azioni militari.
Gli attivisti mirandolesi del Partito d’Azione parteciparono militarmente nella zona solo quando iniziarono i combattimenti finali della Liberazione. Quelli che restarono a Mirandola fecero attività di volantinaggio e di sabotaggio. Questo significò un inizio di ribellione al regime: l’armistizio del ’43, le notizie delle sconfitte del regime fascista e delle armate tedesche, l’avanzata delle truppe americane ed inglesi, provocarono una certa atmosfera nella fabbrica, tanto che si ebbe notizia della diffusione, sui banchi di lavoro degli operai, di manifestini antiregime e vennero disegnati un po’ dovunque i simboli di falce e martello.
Nel mese di luglio del 1944 continuarono gli allarmi ed il passaggio degli aerei. I cacciabombardieri sulla via per Concordia, vicinissima a Mirandola, mitragliarono e uccisero un asino che trainava un carico di fieno ed incendiarono parte di un treno di munizioni che era fermo alla stazione FF.SS. di Cividale.
L’inizio della campagna bieticola 1944, a causa della guerra e delle difficoltà ad essa connesse, venne procrastinato al 20 settembre. Si dovettero risolvere alcuni problemi, tra cui quelli importantissimi del rifornimento di carbone e dei mezzi di trasporto.
Per quanto riguarda il carbone, il Ministero riuscì a metterne a disposizione un certo quantitativo, da prelevare dai depositi esistenti in Italia presso varie ditte. Il relativo trasporto agli zuccherifici venne affidato a terzi, specialmente alle ditte dolciarie e produttrici di marmellate, che vennero compensate con assegnazioni straordinarie di zucchero ai coltivatori.
….Già verso la fine del mese di settembre 1944 si era pensato di rendere inattiva la distilleria. Così verso ottobre iniziò lo sfollamento di materiale presente nello stabilimento verso vari magazzini esterni a scopo di salvaguardia.
….In seguito alle numerose requisizioni di equini e di molti autocarri, gli imprenditori, i carrettieri e i camionisti si erano trovati con una ridotta disponibilità di automezzi. Il trasporto quindi era avvenuto coi soli mezzi aziendali, in prevalenza carri trainati da bovini.
Il comando militare tedesco aveva precettato gli uomini, requisito animali e mezzi di trasporto diretti alla fabbrica per adibirli a lavori di difesa. Gli agricoltori avevano sospeso la consegna delle barbabietole.
A causa dell’insufficiente approvvigionamento lo stabilimento, pur funzionando a potenzialità fortemente ridotta, era stato costretto a interrompere più volte la lavorazione, per riprenderla allorché avesse accumulato una sufficiente scorta di materia prima. In tal modo si rese necessario un notevole prolungamento della campagna.
“Alla fine di ottobre, epoca in cui normalmente la campagna terminava, erano stati lavorati in tutt’Italia appena 3.500.000 quintali di barbabietole (quantitativo che oggi viene lavorato in una trentina di giorni e in una sola fabbrica) e prodotti 314.000 quintali di zucchero e Edri 11.600 di alcol.
Data la necessità di mettere a disposizione del Paese il maggior quantitativo di zucchero possibile, il Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste invitava le Società saccarifere a considerare l’opportunità di effettuare una campagna complementare. Vennero così presi accordi per la ripresa della lavorazione, che ebbe inizio il 1 ° novembre 1944”.
“Fin dai primi mesi del 1945 si ebbe una intensa ripresa delle azioni belliche, specialmente bombardamenti aerei, che ostacolarono fortemente, e, nelle zone più vicine alle linee di combattimento, paralizzarono addirittura i lavori di preparazione dei terreni per le semine primaverili. In tale particolare situazione le aziende non poterono seguire criteri razionali nell’investimento agricolo, ma dovettero adattarsi alle limitate possibilità consentite dal momento.”
Il Ministero per la Produzione Agricola e Forestale approntò comunque un piano delle colture nel quale veniva assegnata alla bietola una superficie di ha. 40.000 da coltivarsi, naturalmente, nell’Italia Settentrionale. Di tale superficie, ha. 33.000 avrebbero dovuto essere coltivati, con carattere di obbligatorietà, nel Veneto, nella Lombardia e nel Piemonte, e ha. 7.000, con carattere facoltativo, nelle province dell’Emilia che si trovavano più vicine al fronte”33.
All’inizio del 1945 la Distilleria di Mirandola comunicò all’Ufficio Provinciale del Lavoro di Modena, che, a seguito del fermo della lavorazione dello stabilimento, si era provveduto alla riduzione del personale. Si prospettava la chiusura definitiva della distilleria.
La situazione venutasi a creare, in seguito ai bombardamenti dei mesi di gennaio e febbraio, riguardante il materiale chimico del laboratorio sperimentale e dei laboratori di fabbrica, può essere illustrata riportando quanto scritto dal Direttore della distilleria alla Direzione della Società:
“Gli apparecchi, i mezzi di laboratorio di valore ed i libri possono di massima considerarsi salvati. Per essi era stato predisposto una sistemazione in luoghi ritenuti via via meno esposti.
La perdita delle vetrerie è stata invece sensibile ed aggravata dal gelo intenso sopraggiunto nelle notti successive al bombardamento. Nel corso di questi ultimi tempi il laboratorio chimico si è spostato dal locale diffusione al laboratorio bietole e quindi negli uffici, dopo lo sgombero dell’amministrazione.
I bombardamenti del 17 e 18 gennaio 1945 distrassero il laboratorio chimico della distilleria e danneggiarono quello di fabbrica, che a sua volta è stato distrutto dal bombardamento del 24 febbraio 1945 .
Il materiale di valore del laboratorio sperimentale è stato salvato pressoché al completo e si trova ora negli uffici in città, dove si è realizzata un’attrezzatura di fortuna per continuare i lavori in corso. Una parte dei prodotti e di vetreria sono ancora custoditi in fabbrica nel sottosuolo del fabbricato uffici.”
In data 2 marzo la Direzione della Distilleria riduce il personale e, per i licenziati vengono prestati attrezzi di lavoro, facilitando la ripresa dell’attività artigiana. Per quelli che si dedicano ai lavori nei campi viene affidato in compartecipazione parte del terreno di fabbrica.
La situazione economica era talmente precaria che il Comune di Mirandola mandò un avviso di requisizione per 7 quintali di fieno alla Società Italiana per l’Industria dell’Alcoole che rispose con un diniego causa la distruzione del raccolto dei bombardamenti.
Il Direttore della Distilleria dovette rifiutare pure un accorato appello per la richiesta di carburante da parte del Pastificio Maselli Augusto, impossibilitato a far funzionare l’impianto di essiccazione della pasta.
“Quello giacente appartiene all’Armata Tedesca ed è controllato dal Capitano tedesco; il carbone serve per le imprescindibili necessità militari.”
Mirandola era compresa nella IIA zona dei GAP, sotto la direzione del CLN, e nel suo territorio operavano numerosi partigiani, che attaccavano di notte le forze di occupazione naziste. Di giorno stavano nascosti in rifugi, nei casolari e nelle stalle, aiutati e sostenuti dalla popolazione civile. Quest’ultima, però, era ormai stremata dalla fame e dalla guerra e la Resistenza si trovava in gravi difficoltà.
Fu in questo periodo di profonde trasformazioni politico-militari che la Distilleria di Mirandola, resa per il momento inattiva a causa dei bombardamenti subiti, aveva rischiato che i suoi macchinari e apparecchi di laboratorio fossero, su diposizione delle autorità germaniche che sovrintendevano alle distillerie, smontati e trasferiti in Germania. Ma la determinazione della Direzione e degli operai di salvaguardare macchinari ed apparecchi portò ad occultarli, convinti che sarebbero serviti per riprendere l’attività alla fine della guerra.
Nel maggio del 1945 viene aperta una sottoscrizione da devolvere a favore dei Patrioti [così, in una lettera del Direttore della distilleria, venivano definiti i Partigiani] da parte delle ditte presenti nel Comune di Mirandola. Il Direttore della distilleria Ing. Tesi così scrive alla Direzione della Società.
“Abbiamo tardato qualche giorno a scrivere per conoscere l’entità delle offerte fatte da altre Ditte della Piazza. Ci risulta che la Ditta Montorsi abbia offerto lire 50.000, la Ditta Baratta lire 100.000, altra Ditta, per ragioni particolari, ha offerto molto di più. L’offerta che si attende da noi, sembra si aggiri sulle lire 150/200.000.
Si ha notizia di una riunione delle maestranze della distilleria indetta per decidere come procedere alla designazione degli indesiderabili, indipendentemente dalle epurazioni politiche, da allontanare dalla fabbrica; ne farà le spese un capo fabbrica inviso agli operai per il suo carattere, ma anche per le sue simpatie fasciste.”
Tratto da: La Distilleria – Zuccherificio di Mirandola (1936 – 1986 )
Autore: Franco Bianchi
Gruppo Studi Bassa Modenese – Anno 2008