La casa rurale nella Bassa Modenese 2- La Casa a Corte

La casa rurale nella Bassa Modenese 2- La Casa a Corte

24 Luglio 2019 0

Leggi anche il primo capitolo ” La casa rurale nella Bassa Modenese”

LA CASA RURALE NELLA BASSA MODENESE.2.

LA CASA A CORTE

  1. Premessa.

Col nome «corte» generalmente viene indicato uno spazio inter­no, o cortile, attorno al quale vengono disposti i diversi edifici; nella Bassa Modenese, però, il termine acquista un significato più lato e molto spesso sta ad indicare l’intera azienda.

La casa a corte è un tipo di dimora rurale molto diffusa nella pia­nura lombarda, confinante a nord con i territori di Mirandola e Con­cordia, ma poco in uso nel nostro Comprensorio. Tuttavia nella no­stra indagine sulle abitazioni rurali abbiamo riscontrato alcuni esempi degni di essere citati anche se presentano caratteristiche molto dissimi­li tra loro.

La casa a corte è tipica delle aziende di notevoli dimensioni, per le quali occorre un numero elevato di rustici, e per di più, di dimen­sioni adeguate: granaio, cantina, legnaia, porcilaie, magazzini, riposti­gli per piccoli attrezzi, pozzo, forno, ecc…, oltre naturalmente al com­plesso stalla-fienile, presenti anche nelle altre forme di case già de­scritte. Generalmente in questo insieme di costruzioni ci sono due o più abitazioni; infatti oltre alla casa padronale troviamo le modeste dimore per le famiglie dei contadini e dei braccianti al servizio del «pa­drone».

Questi edifici possono essere staccati tra loro, ma sempre raggrup­pati secondo un certo ordine intorno ad un ampio spazio, oppure uni­ti uno all’altro e disposti in forma generalmente quadrangolare in modo da formare un vasto cortile interno: le due forme vengono chia­mate rispettivamente «corte aperta» e «corte chiusa».

  1. La corte aperta.

Questa varietà di corte è caratterizzata dalla presenza di numerosi edifici staccati tra loro, collocati in un ampio cortile al quale si può accedere attraverso tutti gli spazi lasciati liberi fra una costruzione e l’altra; non esiste cioè un muro o una continuità negli edifici che chiu­da e limiti il suddetto cortile. Il molti casi però questo complesso di costruzioni è una corte chiusa incompleta (nel caso in cui non sia sta­to portato a termine un progetto iniziale e quindi, manchi qualche elemento, rimane «aperta») oppure trasformata (quando cioè sono sta­te abbattute le mura di cinta o si sono rovinati alcuni edifici e di con­seguenza sono stati soppressi). Non è comunque confondibile, questa varietà tipologica, con la casa ad elementi separati: quest’ultima infatti potrebbe essere formata da più costruzioni generalmente collocate in ordine sparso o le une accanto alle altre, senza la minima preoccupa­zione di creare spazi interni riparati o chiusi. Questi complessi di edi­fici, molto diffusi nel nostro Comprensorio, non sono schedabili per­chè sono spesso il risultato di una serie di modifiche e di ammoderna­menti apportati ad una casa ad elementi separati, come appare abba­stanza chiaramente nella «Ca’ Nova» di Finale Emilia (vedi foto n° 1) in cui sono presenti bensì cinque costruzioni separate tra loro, ma di­sposte in ordine sparso o comunque tale da non creare quello spazio interno o cortile caratteristico appunto della casa a corte.

Altro esempio di raggruppamento di edifici (abitazioni e rustici) molto interessante, ma senza alcuna pretesa di essere casa a corte, è la villa «Castelvetro», dove spicca la maestosa casa padronale di proprie­tà del Sig. Vecchi Mario. È un complesso di edifici (foto n° 2) che si incontra sulla strada che da Staggia porta a S. Pietro in Elda (entram­be frazioni di S. Prospero).

Fig.1 - Finale Emilia - Fondo Cà Nova
Fig.1 – Finale Emilia – Fondo Cà Nova
Fig.2 - San Prospero . Villa Castelvetro. Veduta d'insieme
Fig.2 – San Prospero .
Villa Castelvetro. Veduta d’insieme
Fig.3 - San Prospero Villa Castelvetro - Torre e villa padronale
Fig.3 – San Prospero Villa Castelvetro – Torre e villa padronale
Fig.4 - Mirandola - Fondo Motta. Veduta d'insieme (foto del 1970)
Fig.4 – Mirandola – Fondo Motta. Veduta d’insieme (foto del 1970)
Fig.5 - Finale Emilia. Villa Spinelli. Veduta d'insieme
Fig.5 – Finale Emilia. Villa Spinelli. Veduta d’insieme
Fig.6 - Particolare del soffitto a cassettoni della casa padronale
Fig.6 – Particolare del soffitto a cassettoni della casa padronale

Gli edifici, che qui appaiono, sono senz’al­tro di epoche diverse, anche se alcuni sono strettamente legati fra di loro, come ad es. la torre e la casa padronale, o la casa rurale ed il ru­stico. Fanno parte di questo insieme ben otto edifici: un caseificio, una porcilaia, un’abitazione colonica, una barchessa, una stalla-fienile, un’altra abitazione ed infine la villa padronale e la torre. Molto inte­ressanti sono queste ultime costruzioni (foto n° 3): risalgono probabil­mente alla metà del XVI secolo, come appare inciso su un mattone nella torre. Notizie sicure comunque non si hanno, se non qualche ac­cenno alla famiglia Castelvetro nell’archivio della famiglia Tacoli, conservato nella «Raccolta Gavioliana».

Un vero esempio di «corte aperta» è forse identificabile nel­l’azienda «Fondo Motta», situata nella omonima via nel Comune di Mirandola (foto n° 4) di proprietà Pezzini. La presenza di due copie di colonne, collocate le une di fronte alle altre, attraverso le quali si ac­cede ai campi nella parte occidentale e alla strada nella parte orienta­le, fa pensare ad una possibile esistenza di mura di cinta, abbattute in un secondo momento, o progettate e mai realizzate. Alcuni decenni fa, comunque, come risulta dalla testimonianza di alcune persone anziane residenti nei dintorni, gli edifici erano circondati da un’alta siepe viva, ora sostituita da un filare di alberi da frutta. I terreni dell Azienda un tempo erano prevalentemente coltivati a cereali e foraggi, come testi­moniano gli spazi ed i magazzini esistenti nella struttura, adibiti alla conservazione dei prodotti. I fabbricati sono sei, legati tra di loro da motivi architettonici abbastanza simili: hanno tutti infatti una struttu­ra molto massiccia, piuttosto bassa, ed il tetto è a quattro spioventi; sembrano però essere stati costruiti in epoche diverse; alcuni di essi, come ad esempio la casa padronale, sono stati ristrutturati; altri sono stati riadattati ed ora non hanno più la destinazione di un tempo.

La costruzione più imponente rimane, anche in questa varietà ti­pologica, il fabbricato stalla-fienile; esso richiama con dimensioni an­cora più ampie gli stessi motivi strutturali del rustico nella casa ad elementi separati; è caratterizzato infatti dalla presenza di un ampio spazio semiaperto nella sua parte anteriore che serviva sia per il rico­vero momentaneo dei carri di foraggio provenienti dalla campagna, sia per abbeverare il bestiame che veniva fatto uscire dalla stalla almeno due volte al giorno per tale operazione.

  1. La corte chiusa.

Questa varietà di corte è caratterizzata dalla presenza, ordinata e molte volte simmetrica, di numerosi fabbricati intorno ad un cortile interno, chiuso e riparato: corrisponde alla «maison à cour fermée» dei francesi. Nel territorio comprensoriale è poco diffusa: ne troviamo solo alcuni esempi, collocati spesso nelle vicinanze dei fiumi che un tempo costituivano una delle vie principali di comunicazione. La par­ticolarità che caratterizza maggiormente questo complesso di costru­zioni è l’assenza di porte comunicanti con l’esterno: solo un portone, infatti, generalmente in legno, posto in un luogo protetto dalle intem­perie, garantisce l’accesso al cortile interno su cui sono aperti tutti gli ingressi dei singoli edifici.

La casa padronale è quasi sempre situata di fronte a questo porto­ne ed è affiancata da una serie di costruzioni, molto spesso comuni­canti tra loro e collocate l’una accanto all’altra, secondo una tendenza del tutto naturale, intorno ad una corte spesso quadrangolare. Là dove i fabbricati sono staccati, un muro alto due o tre metri congiunge la loro parte estrema. In questo complesso di edifici, la casa padrona­le, o villa, ha sempre una posizione di preminenza e di privilegio ri­spetto alle altre costruzioni per motivi architettonici e strutturali, ma più spesso per motivi di prestigio. È questo infatti generalmente un edificio di dimensioni notevoli, che prevale sugli altri e se ne stacca. I vani all’interno, sono sempre numerosi e molto ampi, a volte decorati con soffitti a cassettoni o con affreschi alle pareti; le singole stanze spesso sono arredate con mobili antichi autentici che i proprietari pos­siedono da generazioni.

Come si noterà dagli esempi, questa tipologia non ha più nulla di rurale, se non il fatto che è situata vicino ai campi gestiti a volte diret­tamente dal «padrone». Sono queste, infatti, ville padronali di campa­gna dove la famiglia del «signore» trascorreva a volte solo parte del­l’anno (generalmente l’estate), mentre il resto lo trascorreva in città, dove il capofamiglia svolgeva un’attività professionale ed i figli erano più vicini alle scuole.

La «Villa Spinelli», di proprietà dell Avv. Spinelli, è forse uno degli esempi più rappresentativi di questa tipologia: in essa, infatti, possiamo trovare tutte le caratteristiche generali suddette. E’ una co­struzione situata nelle immediate vicinanze del Panaro, in un insena­tura che il fiume descrive nel suo percorso in territorio finalese nella località «Ca’ Bianca»; è composta da una serie di costruzioni, l’una adiacente all’altra, raccolte intorno ad uno spazio interno chiuso; ac­canto alla villa appaiono due case coloniche, l’abitazione del persona­le di servizio ed i rustici. Assieme alle costruzioni compare una chie­setta od oratorio, alla quale si accede sia dall’esterno che dall’interno, anzi, una parte della chiesa stessa penetra nella costruzione della villa. Quest’oratorio è costituito da un unico piccolo vano con il pavimento in cotto, spoglio di qualsiasi paramento; dietro un modesto altare è si­tuata la tomba di famiglia.

La villa è disabitata ed in stato di abbandono, mentre una delle due case coloniche è occupata da un custode, che conduce anche l’in­tera azienda agricola, coltivata quasi tutta a frutteto. La facciata prin­cipale della casa è rivolta verso l’argine del fiume: un portone centrale molto ampio introduce in una stanza che richiama, col suo motivo a«T», la forma del cortile interno. Questo ingresso ora è stato abbando­nato; infatti, mentre un tempo le comunicazioni avvenivano quasi esclusivamente per via fluviale, e quindi gli ospiti e gli stessi abitanti della villa si servivano in prevalenza di questa porta, ora invece si ac­cede alla villa solo attraverso l’apertura rivolta verso i campi (foto n° 5). All’interno, in alcuni vani, troviamo decorazioni molto modeste e spesso mal conservate: probabilmente risalgono alla fine del secolo scorso e sono state eseguite da mano sconosciuta (foto n° 6). Il resto del complesso edilizio è formato da strutture più dimesse: è chiaro in­fatti che queste costruzioni sono sorte per essere al servizio della «casa padronale»’, cioè come «dependance» della villa stessa e non più, come nelle tipologie già descritte, come strutture al servizio dell’azien­da (cioè con ampi rustici atti ad ospitare numerosi capi di bestiame, o vasti magazzini per i prodotti del fondo). Qui ora troviamo invece una grande cucina con un enorme camino, dove la servitù cucinava per la famiglia padronale, un’ampia lavanderia ed una cantina ricca di at­trezzi (ancora esistenti) per tutte le normali operazioni della vendem­mia, della pigiatura dell’uva e della produzione del vino destinato al «padrone». La stalla invece è di dimensioni modeste ed essenziali: ser­viva solo, infatti, per ospitare qualche bovino (per garantire il latte quotidiano) ed i cavalli da trotto e da tiro; nel magazzino adiacente sono tuttora giacenti alcune carrozze di diversa foggia, ormai da tem­po inutilizzate, ma ancora di apprezzabile aspetto.

  1. Conclusione.

In questa indagine sono state censite numerose altre ville che in qualche modo richiamano l’aspetto della tipologia «a corte chiusa», ma presentano particolarità tali che difficilmente sono riconducibili ad un unico modello; anzi ognuna di esse è un esempio a sè, una struttu­ra cioè con caratteristiche architettoniche tali da richiedere uno studio approfondito e non una semplice classificazione. Su questi e altri aspetti si spera di ritornare in un prossimo articolo.

Iris Bergamini

Questo articolo è tratto dal capitolo II della mia tesi di laurea intitolata «Ville e case rurali nel Comprensorio della Bassa Pianura Modenese», discussa nell’Anno Acca­demico 1971/72 presso la Facoltà di Magistero di Bologna, corso di Laurea in Materie Letterarie, relatore la prof.ssa Anna Maria Matteucci, docente di Storia dell’Arte presso detta facoltà; pertanto anche le notizie ed i relativi esempi riportati e le foto stesse qui allegate risalgono a quell’epoca.

Tratto da: La Bassa Modenese – Quaderno n.4 – Anno 1983

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