La casa rurale nella Bassa Modenese 2- La Casa a Corte
Leggi anche il primo capitolo ” La casa rurale nella Bassa Modenese”
LA CASA RURALE NELLA BASSA MODENESE.2.
LA CASA A CORTE
- Premessa.
Col nome «corte» generalmente viene indicato uno spazio interno, o cortile, attorno al quale vengono disposti i diversi edifici; nella Bassa Modenese, però, il termine acquista un significato più lato e molto spesso sta ad indicare l’intera azienda.
La casa a corte è un tipo di dimora rurale molto diffusa nella pianura lombarda, confinante a nord con i territori di Mirandola e Concordia, ma poco in uso nel nostro Comprensorio. Tuttavia nella nostra indagine sulle abitazioni rurali abbiamo riscontrato alcuni esempi degni di essere citati anche se presentano caratteristiche molto dissimili tra loro.
La casa a corte è tipica delle aziende di notevoli dimensioni, per le quali occorre un numero elevato di rustici, e per di più, di dimensioni adeguate: granaio, cantina, legnaia, porcilaie, magazzini, ripostigli per piccoli attrezzi, pozzo, forno, ecc…, oltre naturalmente al complesso stalla-fienile, presenti anche nelle altre forme di case già descritte. Generalmente in questo insieme di costruzioni ci sono due o più abitazioni; infatti oltre alla casa padronale troviamo le modeste dimore per le famiglie dei contadini e dei braccianti al servizio del «padrone».
Questi edifici possono essere staccati tra loro, ma sempre raggruppati secondo un certo ordine intorno ad un ampio spazio, oppure uniti uno all’altro e disposti in forma generalmente quadrangolare in modo da formare un vasto cortile interno: le due forme vengono chiamate rispettivamente «corte aperta» e «corte chiusa».
- La corte aperta.
Questa varietà di corte è caratterizzata dalla presenza di numerosi edifici staccati tra loro, collocati in un ampio cortile al quale si può accedere attraverso tutti gli spazi lasciati liberi fra una costruzione e l’altra; non esiste cioè un muro o una continuità negli edifici che chiuda e limiti il suddetto cortile. Il molti casi però questo complesso di costruzioni è una corte chiusa incompleta (nel caso in cui non sia stato portato a termine un progetto iniziale e quindi, manchi qualche elemento, rimane «aperta») oppure trasformata (quando cioè sono state abbattute le mura di cinta o si sono rovinati alcuni edifici e di conseguenza sono stati soppressi). Non è comunque confondibile, questa varietà tipologica, con la casa ad elementi separati: quest’ultima infatti potrebbe essere formata da più costruzioni generalmente collocate in ordine sparso o le une accanto alle altre, senza la minima preoccupazione di creare spazi interni riparati o chiusi. Questi complessi di edifici, molto diffusi nel nostro Comprensorio, non sono schedabili perchè sono spesso il risultato di una serie di modifiche e di ammodernamenti apportati ad una casa ad elementi separati, come appare abbastanza chiaramente nella «Ca’ Nova» di Finale Emilia (vedi foto n° 1) in cui sono presenti bensì cinque costruzioni separate tra loro, ma disposte in ordine sparso o comunque tale da non creare quello spazio interno o cortile caratteristico appunto della casa a corte.
Altro esempio di raggruppamento di edifici (abitazioni e rustici) molto interessante, ma senza alcuna pretesa di essere casa a corte, è la villa «Castelvetro», dove spicca la maestosa casa padronale di proprietà del Sig. Vecchi Mario. È un complesso di edifici (foto n° 2) che si incontra sulla strada che da Staggia porta a S. Pietro in Elda (entrambe frazioni di S. Prospero).
Gli edifici, che qui appaiono, sono senz’altro di epoche diverse, anche se alcuni sono strettamente legati fra di loro, come ad es. la torre e la casa padronale, o la casa rurale ed il rustico. Fanno parte di questo insieme ben otto edifici: un caseificio, una porcilaia, un’abitazione colonica, una barchessa, una stalla-fienile, un’altra abitazione ed infine la villa padronale e la torre. Molto interessanti sono queste ultime costruzioni (foto n° 3): risalgono probabilmente alla metà del XVI secolo, come appare inciso su un mattone nella torre. Notizie sicure comunque non si hanno, se non qualche accenno alla famiglia Castelvetro nell’archivio della famiglia Tacoli, conservato nella «Raccolta Gavioliana».
Un vero esempio di «corte aperta» è forse identificabile nell’azienda «Fondo Motta», situata nella omonima via nel Comune di Mirandola (foto n° 4) di proprietà Pezzini. La presenza di due copie di colonne, collocate le une di fronte alle altre, attraverso le quali si accede ai campi nella parte occidentale e alla strada nella parte orientale, fa pensare ad una possibile esistenza di mura di cinta, abbattute in un secondo momento, o progettate e mai realizzate. Alcuni decenni fa, comunque, come risulta dalla testimonianza di alcune persone anziane residenti nei dintorni, gli edifici erano circondati da un’alta siepe viva, ora sostituita da un filare di alberi da frutta. I terreni dell Azienda un tempo erano prevalentemente coltivati a cereali e foraggi, come testimoniano gli spazi ed i magazzini esistenti nella struttura, adibiti alla conservazione dei prodotti. I fabbricati sono sei, legati tra di loro da motivi architettonici abbastanza simili: hanno tutti infatti una struttura molto massiccia, piuttosto bassa, ed il tetto è a quattro spioventi; sembrano però essere stati costruiti in epoche diverse; alcuni di essi, come ad esempio la casa padronale, sono stati ristrutturati; altri sono stati riadattati ed ora non hanno più la destinazione di un tempo.
La costruzione più imponente rimane, anche in questa varietà tipologica, il fabbricato stalla-fienile; esso richiama con dimensioni ancora più ampie gli stessi motivi strutturali del rustico nella casa ad elementi separati; è caratterizzato infatti dalla presenza di un ampio spazio semiaperto nella sua parte anteriore che serviva sia per il ricovero momentaneo dei carri di foraggio provenienti dalla campagna, sia per abbeverare il bestiame che veniva fatto uscire dalla stalla almeno due volte al giorno per tale operazione.
- La corte chiusa.
Questa varietà di corte è caratterizzata dalla presenza, ordinata e molte volte simmetrica, di numerosi fabbricati intorno ad un cortile interno, chiuso e riparato: corrisponde alla «maison à cour fermée» dei francesi. Nel territorio comprensoriale è poco diffusa: ne troviamo solo alcuni esempi, collocati spesso nelle vicinanze dei fiumi che un tempo costituivano una delle vie principali di comunicazione. La particolarità che caratterizza maggiormente questo complesso di costruzioni è l’assenza di porte comunicanti con l’esterno: solo un portone, infatti, generalmente in legno, posto in un luogo protetto dalle intemperie, garantisce l’accesso al cortile interno su cui sono aperti tutti gli ingressi dei singoli edifici.
La casa padronale è quasi sempre situata di fronte a questo portone ed è affiancata da una serie di costruzioni, molto spesso comunicanti tra loro e collocate l’una accanto all’altra, secondo una tendenza del tutto naturale, intorno ad una corte spesso quadrangolare. Là dove i fabbricati sono staccati, un muro alto due o tre metri congiunge la loro parte estrema. In questo complesso di edifici, la casa padronale, o villa, ha sempre una posizione di preminenza e di privilegio rispetto alle altre costruzioni per motivi architettonici e strutturali, ma più spesso per motivi di prestigio. È questo infatti generalmente un edificio di dimensioni notevoli, che prevale sugli altri e se ne stacca. I vani all’interno, sono sempre numerosi e molto ampi, a volte decorati con soffitti a cassettoni o con affreschi alle pareti; le singole stanze spesso sono arredate con mobili antichi autentici che i proprietari possiedono da generazioni.
Come si noterà dagli esempi, questa tipologia non ha più nulla di rurale, se non il fatto che è situata vicino ai campi gestiti a volte direttamente dal «padrone». Sono queste, infatti, ville padronali di campagna dove la famiglia del «signore» trascorreva a volte solo parte dell’anno (generalmente l’estate), mentre il resto lo trascorreva in città, dove il capofamiglia svolgeva un’attività professionale ed i figli erano più vicini alle scuole.
La «Villa Spinelli», di proprietà dell Avv. Spinelli, è forse uno degli esempi più rappresentativi di questa tipologia: in essa, infatti, possiamo trovare tutte le caratteristiche generali suddette. E’ una costruzione situata nelle immediate vicinanze del Panaro, in un insenatura che il fiume descrive nel suo percorso in territorio finalese nella località «Ca’ Bianca»; è composta da una serie di costruzioni, l’una adiacente all’altra, raccolte intorno ad uno spazio interno chiuso; accanto alla villa appaiono due case coloniche, l’abitazione del personale di servizio ed i rustici. Assieme alle costruzioni compare una chiesetta od oratorio, alla quale si accede sia dall’esterno che dall’interno, anzi, una parte della chiesa stessa penetra nella costruzione della villa. Quest’oratorio è costituito da un unico piccolo vano con il pavimento in cotto, spoglio di qualsiasi paramento; dietro un modesto altare è situata la tomba di famiglia.
La villa è disabitata ed in stato di abbandono, mentre una delle due case coloniche è occupata da un custode, che conduce anche l’intera azienda agricola, coltivata quasi tutta a frutteto. La facciata principale della casa è rivolta verso l’argine del fiume: un portone centrale molto ampio introduce in una stanza che richiama, col suo motivo a«T», la forma del cortile interno. Questo ingresso ora è stato abbandonato; infatti, mentre un tempo le comunicazioni avvenivano quasi esclusivamente per via fluviale, e quindi gli ospiti e gli stessi abitanti della villa si servivano in prevalenza di questa porta, ora invece si accede alla villa solo attraverso l’apertura rivolta verso i campi (foto n° 5). All’interno, in alcuni vani, troviamo decorazioni molto modeste e spesso mal conservate: probabilmente risalgono alla fine del secolo scorso e sono state eseguite da mano sconosciuta (foto n° 6). Il resto del complesso edilizio è formato da strutture più dimesse: è chiaro infatti che queste costruzioni sono sorte per essere al servizio della «casa padronale»’, cioè come «dependance» della villa stessa e non più, come nelle tipologie già descritte, come strutture al servizio dell’azienda (cioè con ampi rustici atti ad ospitare numerosi capi di bestiame, o vasti magazzini per i prodotti del fondo). Qui ora troviamo invece una grande cucina con un enorme camino, dove la servitù cucinava per la famiglia padronale, un’ampia lavanderia ed una cantina ricca di attrezzi (ancora esistenti) per tutte le normali operazioni della vendemmia, della pigiatura dell’uva e della produzione del vino destinato al «padrone». La stalla invece è di dimensioni modeste ed essenziali: serviva solo, infatti, per ospitare qualche bovino (per garantire il latte quotidiano) ed i cavalli da trotto e da tiro; nel magazzino adiacente sono tuttora giacenti alcune carrozze di diversa foggia, ormai da tempo inutilizzate, ma ancora di apprezzabile aspetto.
- Conclusione.
In questa indagine sono state censite numerose altre ville che in qualche modo richiamano l’aspetto della tipologia «a corte chiusa», ma presentano particolarità tali che difficilmente sono riconducibili ad un unico modello; anzi ognuna di esse è un esempio a sè, una struttura cioè con caratteristiche architettoniche tali da richiedere uno studio approfondito e non una semplice classificazione. Su questi e altri aspetti si spera di ritornare in un prossimo articolo.
Iris Bergamini
Questo articolo è tratto dal capitolo II della mia tesi di laurea intitolata «Ville e case rurali nel Comprensorio della Bassa Pianura Modenese», discussa nell’Anno Accademico 1971/72 presso la Facoltà di Magistero di Bologna, corso di Laurea in Materie Letterarie, relatore la prof.ssa Anna Maria Matteucci, docente di Storia dell’Arte presso detta facoltà; pertanto anche le notizie ed i relativi esempi riportati e le foto stesse qui allegate risalgono a quell’epoca.
Tratto da: La Bassa Modenese – Quaderno n.4 – Anno 1983