Il Ranaro – Società “La Rana”
Mestiere per vivere nella Bassa Mirandolese
Società “La Rana”
La pesca delle rane, negli anni 1840-90, avveniva nei fossati, nei maceri e nelle valli del Mirandolese, Ferrarese, Mantovano e Bolognese.
Gli strumenti erano molto semplici: canne con appeso un filo assai robusto alla cui estremità veniva applicato un amo formato da un batuffolo di seta di bavella.
Oltre alle canne si servivano del così detto retino, composto di un lungo o corto bastone, secondo il luogo dove si pescava, alla cui estremità era inchiodata un’assicella di 70 o 80 cm. di lunghezza e di 8 o 10 cm. di larghezza: alle estremità veniva fissato a forma di semicerchio un ramo, generalmente di salice perchè più sensibile alla piegatura, e al tutto veniva applicata una rete la cui lunghezza variava dai 60 o 80 cm., la cui forma assomigliava ad un cono rovesciato.
Dopo la pescagione le rane venivano pulite dalle interiori. Il fegato veniva smerciato sul mercato, il grasso bollito posto in anfore di terracotta verniciate in giallo in attesa di essere venduto come farmaco per guarire il male della sciatica.
Le rane venivano vendute nei giorni stabiliti di magro ed in modo particolare nelle vigilie.
Per la conservazione ogni commerciante di rane aveva una o più buche (ghiacciaie) che nell’inverno venivano fornite di ghiaccio raccolto a tempo opportuno nei fossati e nei maceri.
La vita di questi pescatori di rane era soggetta alla malattia della malaria, dato i luoghi poco salubri ove avveniva la pesca, specie nelle valli con acque stagnanti.
Essi erano tenuti per la pesca lontani dai loro familiari ed il lavoro non era certo uno dei più comodi perchè tante volte trovavano delusioni ed incappavano in dolorose incognite.
Molto ci sarebbe da dire intorno a questo commercio ormai scomparso nella nostra Bassa Mirandolese causa il prosciugamento delle valli e l’interramento della quasi totalità dei maceri e per il mutamento del modo di vivere della nostra gente e perciò ad altri più esperti in pescagione il compito di approfondire il problema.
Detti ranari si erano costituiti in Società eleggendo quale loro Presidente il Signor Guido Magnanini e che ogni anno al tempo di Carnevale si radunavano in convito mangiando un boccone in allegria, confezionato a base delle rane e bagnato da un buon bicchiere di vino il quale dava a tutti la possibilità di parlare del loro umile mestiere.
È certo che la Società era ancora in vita ai primi anni del 1900 e poi, come tutte le cose del mondo, in silenzio scompare lasciando dietro di se un semplice ricordo.
Don Francesco Gavioli
Le immagini sono tratte dalla “Raccolta Gaviolana”