I Santi de Al Barnardon dal 25 Sett. al 1 Ottobre
25 settembre
Secondo la leggenda s. Firmino nacque a Pompaelo (l’attuale Pamplona), figlio di un senatore pagano di nome Firmo, un alto funzionario romano che governò Pamplona nel III secolo. L’insegnamento di San Honesto, che era arrivato alla penisola dopo esser stato miracolosamente liberato dalla sua prigione a Carcassonne, commosse i genitori, che tuttavia non si convertirono fino a quando sentirono San Saturnino di Tolosa. Il santo avrebbe battezzato Fermin e i suoi genitori nel luogo che oggi si chiama comunemente pocico de San Cernin. Sotto la tutela di Honesto il giovane Fermin apprese la religione e l’arte della predica. Ai 18 anni di età fu mandato a Tolosa, dove sarebbe stato ordinato sacerdote. Dopo aver predicato in Navarra, andò in Francia, dove si stabilì ad Amiens. Avendo organizzato la costruzione della chiesa locale fu nominato vescovo all’età di 24 anni. L’opposizione del potere ufficiale alla dottrina cristiana gli procurò il carcere dove, dopo essersi rifiutato di smettere di predicare, fu decapitato Nel 1186 il vescovo Pietro di Parigi portò da Amiens a Pamplona una reliquia della testa di Firmino. Attualmente la sua festa viene celebrata il 7 luglio. A Pamplona, si festeggia l’evento con un encierro di fama internazionale, i Sanfermines.
26 settembre
Figlia di un sacerdote pagano, Giustina aveva davanti a sé un futuro ricco e tranquillo. La tradizione la vuole gentile d’animo e di modi, bella d’aspetto e nobile di carattere. Una giovane che dalla vita avrebbe potuto avere tutto quello che una ragazza della sua età avrebbe sognato: uno sposo all’altezza, dei figli e un futuro tranquillo tra gli agi di quei tempi. A tutto volle rinunciare in nome del suo amore per Cristo. Convertitasi dopo aver ascoltato la predica di un diacono, scelse la verginità e in nome di questo suo altissimo ideale rifiutò le insistenti avances di uno spasimante sfortunato che per convincerla ad innamorarsi di lui, non esitò a ricorrere ai sortilegi del noto mago Cipriano. Questi le inviava i demoni, ma la tradizione racconta che Giustina li cacciava con un semplice soffio della sua bocca e con il segno della Croce. La potenza straordinaria di questa fragile creatura stupì il mago, che finì a sua volta per convertirsi a Colui che è il più potente di tutti: il Cristo. Cipriano comprese che la magia e i suoi sortilegi non potevano nulla sull’Onnipotente. Si lasciò allora conquistare dall’amore per Gesù, il Signore. Uniti dallo stesso amore travolgente per il Crocifisso, Giustina e Cipriano condussero due esistenze esemplari finché furono catturati nel corso delle feroci persecuzioni degli Imperatori Diocleziano e Massimiano. Morirono entrambi martiri; dopo essere stati bolliti, vennero decapitati sulle sponde del fiume Gallo presso Nicomedia. Correva l’anno 302.
27 settembre
Nato verso il 1040 a Osimo, nelle Marche, da nobile famiglia, Bonfiglio entrò nell’abbazia di Santa Maria di Storaco di cui, più tardi, divenne abate. Fu vescovo di Foligno e succedette ad Azzo verso il 1070. La sua vita è stata scritta da san Silvestro Guzzolini fondatore della Congregazione monastica benedettina silvestrina e suo primo biografo, un secolo dopo la morte del santo. Bonfiglio, già vescovo, partecipò alla crociata in Terra Santa, dove rimase dal 1096 al 1104, conducendo vita penitente in solitudine perfetta. Rientrato in Italia, si recò a Roma, poi tornato alla sua diocesi di Foligno, la trovò occupata dal giovane vescovo Andrea, nominato dal papa alla richiesta del popolo che da molto tempo non aveva più notizie dal loro vescovo precedente. Bonfiglio ne riconobbe umilmente l’elezione e si ritirò nell’abbazia di Storaco. Qui, alcuni suoi monaci gli resero la vita impossibile e Bonfiglio costretto a fuggire nell’eremo di Nostra Signora della Fara, in diocesi di Cingoli, morì, logorato dall’austerità e dalla penitenza, il 27 Settembre 1115.
28 settembre
Fausto nacque nella Bretagna, probabilmente insulare, un po’ prima del 410 e presto divenne monaco a Lérins, dove trovò ancora s. Onorato, fondatore e primo abate, che sarà promosso al seggio di Arles verso il 427. Quando Massimo, secondo abate, divenne vescovo di Riez (434), Fausto gli succedette. Egli ebbe a difendere l’autonomia del governo interno dell’abbazia (verso il 452) contro Teodoro, vescovo di Fréjus. Alla morte di Massimo (verso il 460), gli succedette anche come vescovo di Riez. Mortificatissimo, conservò l’austerità della vita monastica anche in età avanzata: “rigorem veteris disciplinae non relaxaveris”, scrisse il suo amico Sidonio Apallinare. Egli non risparmiava le proprie forze nel lavoro di edificazione del suo gregge e nel sollievo dei poveri. Assistette a un concilio romano (fine del 462), esercitò la sua influenza su tutto il sud-est della Gallia sforzandosi di addolcire la dominazione dei Visigoti, dal cui re, Eurico, fu mandato in esilio per aver combattuto l’arianesimo. Ritornato verso il 484-85, sarebbe morto intorno al 495 venerato per la sua virtù, in particolare la sua forza di carattere, e per la scienza, specialmente della Sacra Scrittura.
29 settembre
Alarico visse nel sec. X. Alternò la vita eremitica nell’isola di Ufnau sul lago di Zurigo (dove morì ca. il 973) a quella monastica nell’abbazia benedettina di Einsiedeln, dove ebbe l’ufficio di «custos» (addetto all’assistenza dei pellegrini?). Per ispirazione divina avrebbe trattenuto santa Wiborada (martire nel 926) da eccessi di penitenza e avrebbe compiuto miracoli, fra cui quello di camminare sul lago. La santità della vita e i miracoli avvenuti per sua intercessione dopo la morte gli meritarono gli onori dell’altare. Le sue ossa furono probabilmente esumate nel 1141 dal cardinal Theodwin, vescovo di Porto e legato pontificio a Ufnau, traslate a Einsiedeln nel 1659 e riportate a Ufnau il 1° ottobre 1663. La sua festa, un tempo fissata al 30 settembre, si celebra ora il 28 dello stesso mese. La sua memoria ricorre il 29 settembre nel Menol. Ord. S. Benedicti di Bucelino, e un’immagine del santo è, alla stessa data, in Ranbeck, Kalend. Annuale Bened., Augusta 1677.
30 settembre
Gregorio l’Illuminatore è l’apostolo degli Armeni, nazione che si convertì al cristianesimo nel 301. Nato nel 260 circa scampò a una strage della sua famiglia e venne educato alla fede dalla nutrice. Vicino al re Tiridate, si rifiutò però di sacrificare agli dèi pagani, come egli voleva. Fu imprigionato. Poi Tiridate, malato, lo liberò e ne venne guarito. Così la nazione divenne cristiana. Morì nel 328. Alcune reliquie sono nella chiesa di San Gregorio Armeno a Napoli, nell’omonima via, celebre per i presepi. Altre a Nardò e Costantinopoli. La più importante è il braccio destro, con cui in Armenia si benedice il nuovo Katholikos.
1 ottobre
Nato cittadino romano, Remigio vede crollare nel 476 l’Impero di Occidente e sparire il dominio di Roma nella sua Gallia, che passa in mano alle tribù barbariche di Burgundi, Alamanni e Visigoti. Sul finire del V secolo, il popolo germanico dei Franchi occupa via via il Paese, al quale darà infine anche il proprio nome: Francia. Remigio appartiene al ceto dei gallo romani, legati da generazioni alla cultura latina, da cui ora provengono molti uomini di Chiesa. Viene acclamato vescovo di Reims prima di compiere i trent’anni, e un suo fratello di nome Principio sarà vescovo di Soissons. All’epoca, la Gallia è un arcipelago di isole e isolette cattoliche, in un mare formato da Burgundi e Visigoti di fede ariana, mentre le campagne sono ancora pagane, come a loro modo pagani sono anche i Franchi, condotti in Gallia dal re Childerico. Meno evoluti degli altri popoli, i Franchi sono però dei grandi combattenti (non portano elmo né corazza) e hanno reso buoni servizi militari a Roma in passato. Morto nel 482 Childerico, gli succede il figlio Clodoveo quindicenne. A lui Remigio, vescovo cattolico in territorio franco, scrive lettere rispettose e insieme autorevoli. Una di esse dice: “Vegliate a che il Signore non distolga lo sguardo da voi. Consigliatevi con i vostri vescovi. Divertitevi con i giovani, ma deliberate coi vecchi”. Da un lato lo ammonisce, dall’altro riconosce la sua sovranità: un muoversi anche da politico, che è inevitabile per Remigio, “evangelizzatore a vita” tra i Franchi. E’ un aiuto prezioso per Clodoveo, perché favorisce l’adesione degli altri vescovi e dei gruppi galloromani. Così il re giungerà a essere padrone del Paese, dopo la vittoria del 507 a Vouillé sui Visigoti, dando così l’inizio alla dinastia dei Merovingi. Ma non c’è soltanto la politica. Su di lui influisce fortemente in senso religioso la moglie Clotilde, che è già cattolica; influisce Remigio, che lo istruisce personalmente nella fede. E molti atti successivi del re Clodoveo rivelano una religiosità personale autentica. Si arriva così al suo battesimo, per opera del vescovo, a Reims, in un giorno di Natale di un anno incerto. Alcuni sostengono fosse il 497. In un’iscrizione della fine del XV secolo a Reims si legge: “L’an de grace cinq cent le roy Clovis – receut a Reims par saint Remy baptesme”. Saremmo allora al 500. Ma dopo quel Natale, quale che sia, riprende il lungo, feriale lavoro di Remigio per annunciare il Vangelo a chi non è re né principe; senza poeti e cronisti al seguito. Una fatica durata quasi settant’anni, secondo una tradizione. Un’immersione totale nei suoi doveri, oscuramente portata avanti, e di cui si parlerà soltanto dopo la sua morte, quando Remigio sarà acclamato santo direttamente dalla voce popolare.