I Santi de Al Barnardon dal 2 all’8 Ottobre
2 ottobre
La Chiesa cristiana primitiva ereditò il concetto di “angelo” dal mondo ebraico, in cui l’esistenza di un anello intermedio fra Dio e l’uomo era garante della trascendenza divina e la presenza di una “corte” di angeli attorno a Dio era una necessaria conseguenza della sua maestà regale. Nello stesso ambiente precristiano era anche comune assegnare agli angeli il controllo dei fenomeni naturali (ad esempio nel Libro di Enoch il gelo, la neve e altri fenomeni) e in particolare identificare gli angeli con le stelle fisse e gli arcangeli con i sette astri mobili (cinque pianeti più il sole e la luna). Il culto degli angeli aveva spesso eccessi, contro i quali la Chiesa lottò sin dall’inizio (cfr. san Paolo in Colossesi 2, 18). L’opera di riflessione dei Padri della Chiesa trovò un primo tentativo di sistematizzazione dell’angelologia nel De coelesti hierarchia dello Pseudo-Dionigi l’Areopagita. Fra i compiti degli angeli ben documentati nell’Antico Testamento vi era quello di guidare e proteggere l’uomo e la donna (ad esempio nel Libro di Tobia). Altro ruolo degli angeli descritto dall’Antico Testamento è quello di essere messaggeri di Dio per l’umanità. L’idea di uno spirito inviato dalla divinità a sorvegliare gli esseri umani o a comunicare loro la volontà divina, era già presente anche nella filosofia greca antica e nello stesso Platone nel suo Fedone. L’idea, però, che ogni singola persona fosse affidata ad uno specifico angelo, benché esplicitamente accennata (ad esempio in Matteo 18, 10), era molto meno diffusa. Essa si impose solo gradualmente nel Cristianesimo primitivo e una delle prime esplicite affermazioni è quella sostenuta da San Basilio Magno: « Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore per condurlo alla vita ».
3 ottobre
Nei pressi del Passo della Cisa, c’è una località nota agli appassionati delle escursioni in montagna e chiamata Fonte di San Moderanno. Ricorda un pittoresco episodio avvenuto ben mille e duecento anni fa e che ebbe per protagonista San Moderano, o Moderanno, vissuto nell’VIII secolo. E’ sorprendente come il ricordo di questo lontanissimo personaggio sia ancora vivo, legato durevolmente al nome di una località, o, come si dice, a un toponimo. Benché ricordato sull’Appennino tosco-emiliano, Moderano non fu un santo di origine locale. Veniva da lontano, dalla Francia, ed era Vescovo di Rennes, l’antica capitale del Ducato di Bretagna. Per compiere il pellegrinaggio a Roma. per onorare la sepoltura dell’Apostolo Pietro, il Vescovo Moderano lasciò la sua città e si spinse verso il Mezzogiorno. Lungo la sua strada c’era Reims, la città dov’era sepolto San Remigio, il convertitore dei Franchi: Moderano ottenne qualche reliquia, da portare con sé verso Roma. Giunto al Passo della Cisa, si fermò per riposarsi, e attaccò ai rami di un albero le reliquie di San Remigio. Ripartendo, si dimenticò di quel prezioso bagaglio e quando, accortosene, tornò indietro per riprenderle trovò che non poteva più raggiungere il ramo, inspiegabilmente sollevatosi. Visto inutile ogni sforzo, il pellegrino promise di donare le reliquie, se avesse potuto riottenerle, al monastero della vicina Berceto, e soltanto allora il ramo si abbassò, permettendo a Moderano di raccogliere le reliquie, come un prodigioso frutto di santità. Fu così che Berceto, nota località montana sull’Appennino parmense, venne ad avere, nel suo monastero benedettino, alcuni resti di San Remigio, mentre il Vescovo di Rennes, Moderano, venne nominato da Liutprando, Re dei Longobardi, Priore di quello stesso monastero. Moderano tornò in Francia, ma non per rimanervi. A Reims fece simbolico dono del monastero di Berceto all’abbazia di San Remigio; a Rennes, dette le dimissioni da Vescovo, e fece eleggere un successore. Poi tornò a Berceto, e vi restò fino alla morte, sopraggiunta pochi anni dopo. Soltanto nel secolo scorso le sue reliquie vennero trasferite a Rennes, accolte con molto onore dalla città che, tutto sommato, avrebbe potuto considerare a buon diritto San Moderano come un Vescovo rinunziatario e fuggitivo.
4 ottobre
Francesco nacque ad Assisi nel 1182, nel pieno del fermento dell’età comunale. Figlio di mercante, da giovane aspirava a entrare nella cerchia della piccola nobiltà cittadina. Di qui la partecipazione alla guerra contro Perugia e il tentativo di avviarsi verso la Puglia per partecipare alla crociata. Il suo viaggio, tuttavia, fu interrotto da una voce divina che lo invitò a ricostruire la Chiesa. E Francesco obbedì: abbandonati la famiglia e gli amici, condusse per alcuni anni una vita di penitenza e solitudine in totale povertà. Nel 1209, in seguito a nuova ispirazione, iniziò a predicare il Vangelo nelle città mentre si univano a lui i primi discepoli insieme ai quali si recò a Roma per avere dal Papa l’approvazione della sua scelta di vita. Dal 1210 al 1224 peregrinò per le strade e le piazze d’Italia e dovunque accorrevano a lui folle numerose e schiere di discepoli che egli chiamava frati, fratelli. Accolse poi la giovane Chiara che diede inizio al secondo ordine francescano, e fondò un terzo ordine per quanti desideravano vivere da penitenti, con regole adatte per i laici. Morì nella notte tra il 3 e il 4 ottobre del 1226. Francesco è una delle grandi figure dell’umanità che parla a ogni generazione. Il suo fascino deriva dal grande amore per Gesù di cui, per primo, ricevette le stimmate, segno dell’amore di Cristo per gli uomini e per l’intera creazione di Dio.
5 ottobre
Tullia era la figlia del Vescovo di Lione, Eucherio. Non si pensi a disordini né a unioni irregolari. Nel V secolo, al tempo di Eucherio, nessuna norma vietava infatti ai Vescovi di avere famiglia; o meglio di eleggere Vescovi che avessero già moglie e magari figli. Al contrario, la consorte e la prole, con la loro condotta e le loro virtù, potevano contribuire a far cadere, sul padre e marito, la scelta della comunità cristiana bisognosa di un Vescovo. La donna sposata da Eucherio si chiamava Galla. Gli aveva dato due figlie: Tullia e Consorzia. Fanciulle, furono affidate ad un monastero, dove vennero educate accuratamente e santamente allevate. Ad una certa età, d’accordo con la moglie, anche Eucherio si ritirò nel monastero della celebre isola di Lérins. Ne uscì soltanto quando venne chiamato sulla cattedra episcopale di Lione. Esemplare come pastore, ammirato come scrittore, il Vescovo Eucherio, dopo la morte, venne onorato come un Santo. E Sante furono considerate anche le sue due figlie: Tullia, festeggiata oggi, e Consorzia, ricordata il 22 giugno. Esse trascorsero tutta la loro vita nel monastero, santificandosi segretamente, in umiltà e in preghiera.
6 ottobre
Fede nacque da nobili genitori; era fanciulla di dodici anni quando, scoppiata la persecuzione, il prefetto Daciano la fece arrestare e non riuscendo ad indurla a sacrificare agli idoli, la fece dapprima porre sopra una graticola di ferro arroventata e poi decapitare insieme con Caprasio, un cristiano che, nascostosi per paura dei tormenti, si era poi presentato spontaneamente al giudice, indotto da un miracolo.
7 ottobre
La memoria Mariana del rosario è di origine devozionale e si collega con la vittoria di Lepanto (1571), che arrestò la grande espansione dell’impero ottomano. Nel 1212 san Domenico di Guzman, durante la sua permanenza a Tolosa, vide la Vergine Maria che gli consegnò il Rosario, come risposta ad una sua preghiera, a Lei rivolta, per sapere come combattere l’eresia albigese. Fu così che il Santo Rosario divenne l’orazione più diffusa per contrastare le eresie e fu l’arma determinante per vincere i musulmani a Lepanto. Come già per Poitiers (ottobre 732) e poi sarà per Vienna (settembre 1683), la battaglia di Lepanto fu fondamentale per arrestare l’avanzata dei musulmani in Europa. E tutte e tre le vittorie vennero imputate, oltre al valore dei combattenti, anche e soprattutto all’intervento divino.
8 ottobre
Simeone il Vecchio, noto anche come San Simeone, era un ebreo, “uomo giusto e timorato di Dio”, che compare fugacemente nel Vangelo secondo Luca (2,22-35). Il Vangelo secondo Luca riporta che quando Gesù fu presentato al Tempio, i suoi genitori Giuseppe e Maria incontrarono Simeone. Secondo il vangelo, Simeone era un anziano a cui lo Spirito Santo aveva preannunziato che avrebbe visto il Messia. Simeone prese tra le braccia Gesù bambino e rese gloria a Dio con la preghiera tramandatasi come Nunc dimittis. Egli inoltre profetizzò a Maria la sua partecipazione alle vicende dolorose della vita del figlio Gesù.