Cavezzo – Cenni storici – Impariamo a conoscerci
Lo stemma di Cavezzo rappresenta nella parte inferiore la zona paludosa in cui sorgeva un tempo l'isola di Sant'Egidio, le zolle significano la terra dissodata dai cittadini e il rudere una colonna della distrutta Pieve di Roncaglia da cui Cavezzo dipendeva, sotto il profilo religioso. Lo scudo è sormontato da una corona gentilizia ducale, che indica l'ultimo dominio subito da Cavezzo a partire dal 1815, quando fu aggregata al comune di Mirandola. Lo stemma risale al 1922 e fu ideato dal segretario comunale Luigi Zanoli. È circondato di corone di lauro e quercia.
CAVEZZO
Cavezzo è certamente uno dei centri più attivi della Bassa modenese, ricco di iniziative artigianali e di piccole industrie e dotato di buon tessuto produttivo in campo agricolo. La popolazione al 31/12/81, era di 6.434 abitanti. Altitudine 24 metri sul livello del mare. Frazioni: Motta, Disvetro e Uccivello.
CENNI STORICI
Certamente, tutto il territorio oggi compreso nel comune di Cavezzo era un tempo cosparso di paludi e acquitrini. Fece comunque parte della notissima donazione di Astolfo, re dei Longobardi, che regalò tutto il territorio all’abbazia di Nonantola. Il luogo fu poi prosciugato, almeno in parte, ad opera dei Benedettini, che provvidero anche a una parziale arginatura del fiume Secchia, il cui corso attraversava proprio le terre su cui oggi sorge Cavezzo.
Su un’isola emergente dalle acque o proprio in prossimità dell’argine del Secchia sorse, poco dopo il Mille, “Cavezali”: è nominato per la prima volta, secondo il Tiraboschi, in una carta del 1140, poi in altri documenti del 1160, del 1179 e del 1182. S
i trovava presso il Secchia e quasi coincideva con l’isola di Sant’Egidio delle Casare. Una carta nonantolana del 1203 recita infatti “In Caxario, in contrata que dicitur insula de Sancti Egidii, in curte Runcaliae, a mane Ecclesia Sancti Egidii, a meridie flumen Situle, a sero idem flumen“. Il luogo, più tardi, venne chiamato Cavezalis de Capitaneis. Intorno al 1174 dovrebbe aver avuto inizio la costruzione di un piccolo oratorio, dedicato a Sant’Egidio, la cui prima menzione è del 1183. Il nome di isola delle Casare o di Sant’Egidio si fonde poi, poco per volta, nel nome di Cavezali, da cui deriva l’attuale Cavezzo, che tuttavia entra nell’uso comune solo nel 1500.
La chiesa di Sant’Egidio è sempre stata sotto la giurisdizione della pieve di Roncaglia, di cui parleremo, e che comunque perde la sua importanza nel secolo XV. La chiesa di Sant’Egidio è così importante da avere giurisdizione su quelle di Motta e di Disvetro e da ricevere, il 3 maggio 1340, la visita pastorale del vescovo-abate Quillelmo.
Il comune della Casare e poi di Cavezzo non ha avuto un grosso rilievo storico.
Era spesso meta dei mirandolesi che cadevano in disgrazia dei Pico nella vicina Signoria di Mirandola, con cui Cavezzo, dominio Estense, confinava. Politicamente infatti, Cavezzo seguì sempre le vicende di Modena e degli Estensi. È da ricordare che nel 1 539 alcuni membri delle famiglie Bernardi e Quistelli tentano di uccidere il conte Galeotto II Pico. Sono scoperti, alcuni sono squartati in piazza, altri trovano scampo proprio a Cavezzo.
Nella sua “Secchia Rapita”, Alessandro Tassoni afferma che “quelli della Motta e del Cavezzo” sono tutti personaggi un po’ ….scomodi, vale a dire gente piuttosto violenta e facile ad usare armi.
Oggi Cavezzo, divenuto comune autonomo dopo l’unione al Regno d’Italia, è uno dei più importanti centri emiliani per la produzione e il commercio dei mobili, dove vanta una tradizione di altissimo livello. È sede di varie industrie importanti e di un tessuto produttivo assai diversificato.
La chiesa parrocchiale, più importante monumento cittadino, risale al secolo XIV, ma fu ricostruita in forme composite (un po’ romaniche e un po’ barocche) nel 1620. Dopo un importante intervento avvenuto nel 1748, fu interamente rifatta fra il 1909 e il 1912.
Lo stile dell’interno è di carattere rinascimentale, con una sola navata e archi a tutto sesto. La facciata invece è di stile greco-ionico e rappresenta una sorta di arco trionfale neoclassico di buon effetto. Il campanile è del 1779 e rifatto nel 1921. Sulla facciata figura una bella “Annunciazione” di Giuseppe Ascari (1939).
Il territorio di Cavezzo è ricco di belle ville ottocentesche sparse in varie zone del comune. Si tratta, in prevalenza, di residenze padronali di campagna, erette dai proprietari della media borghesia.
Di rilievo alcuni edifici di buon valore: le ville Pacchioni, Ascari e Colombini in località Malaspina, tutte risalenti al Settecento, alcune belle case coloniche in via di Sotto, l’ex Convento detto della Torretta (dei secolo XVI), la Torre Cabrini in via Gavioli e infine il cosidetto “Voltone”, un singolare arco in cotto cinquecentesco che è annesso al piccolo oratorio di San Luigi, più recente.
Per concludere, diremo che Cavezzo aveva fino al 1942 uno stupendo monumento ai caduti, eretto nel 1922 e opera insigne dell’architetto Giacomo Masi. Il monumento era sormontato da uno splendido leone in bronzo che era il simbolo del paese.
Nel 1 943 il leone e la cancellata furono requisiti e fusi per fare cannoni.
Altra frazione del comune di Cavezzo è Motta, il nome deriva da una”motta”, cioè da un rilievo del terreno. Non a caso l’altitudine di Motta è di 28-30 metri sul livello del mare.
Anche le origini di questo paese sono molto antiche: il Tiraboschi riferisce di un documento che parla della “Motta de Azzolinis” risalente al 1351. La famiglia Azzolini, almeno per un certo periodo, era certamente la più cospicua della zona, poi i veri padroni della Motta divennero i Molza. Infatti la carta del 1351 concedeva a messer Iacopo della Molza l’investitura della chiesa parrocchiale di Disvetro “curri cappella Mottae de Azzolinis”.
Fino al 1400 la chiesa dipendeva dalla pieve di Roncaglia, in seguito fece parte della giurisdizione della pieve di San Luca in Camurana.
Intorno al 1510, quasi certamente per iniziativa dei marchesi Molza, che qui avevano grosse proprietà terriere fino ad assumere il ruolo di veri e propri feudatari, l’oratorio di Motta divenne chiesa parrocchiale, dedicata al culto di Santa Maria della Neve, la cui festività ricorre il 5 agosto.
A breve distanza dalla chiesa esistono due antiche costruzioni di notevole valore artistico. La prima costruzione si trova a ponente della chiesa, risale al ‘500 e fino a qualche anno fa vantava due belle torri angolari.
Altro interessante edificio è la corte Molza, una bella residenza di campagna risalente al ‘600-700 con una alta torre centrale.
Sempre nella zona di Motta, in via Sottargine, si trovano villa Morselli e villa Casarini del primo ‘800, entrambe circondate da ampio parco. Lungo via di Sotto si possono ammirare villa Zirondoli e villa Lodi, entrambe di stile settecentesco.
Interessante è anche il ponte sul Secchia, detto ponte Motta, eretto tra il 1 859 e il 1861 per ordine del generale carpigiano Manfredo Fanti. Il ponte fu una delle prime opere pubbliche realizzate nel modenese dopo la conquista dei piemontesi per facilitare le comunicazioni tra i due importanti centri di Carpi e Mirandola.
Altre due brevissime annotazioni in margine a Cavezzo e al suo territorio. La caratteristica sabbiosa del terreno e la vicinanza del fiume Secchia fanno sì che le campagne di questo territorio siano di estrema fertilità: prosperano tutte le colture, dai cereali alle barbabietole, dai frutteti ai vigneti che forniscono una eccellente produzione.
Sul piano storico non va certamente dimenticato che le frazioni di Motta e di Disvetro sono state fra i centri più attivi nella lotta per la Liberazione. Il movimento partigiano, nel difficile periodo che va dal 1 943 al 1945, ha trovato unita la grande maggioranza della popolazione nella lotta di Resistenza.
È notevole il contributo di sangue offerto dai partigiani di Cavezzo: l’eccidio della famiglia Benatti a Disvetro e l’impiccagione in piazza a Cavezzo di tre partigiani sono stati i momenti più tragici.
Un semplice monumento nella centrale piazzetta dei Tre Martiri ricorda il sacrificio di tre volontari della libertà impiccati dai tedeschi nel febbraio del 1945.
Si tratta di Ermes Saltini, di Elio Sommacal e di Ezio Pavan; gli ultimi due erano piccoli apostoli della comunità di Don Zeno Saltini.
Infine Cavezzo vanta un impianto sportivo, il velodromo, unico nella Bassa modenese.
La pista ciclistica fu costruita a tempo di record nel 1 933 dopo che un corridore di Cavezzo, Nino Borsari, conquistò la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1932, nella specialità dell’inseguimento a squadre, assieme a Pedretti, Ghilardi e Cimatti.
In pochi mesi venne costruito il velodromo, con la partecipazione volontaria di tutti i cittadini. La pista era in terra battuta ma fu rifatta in cemento nel 1949. Il velodromo è intitolato appunto a Nino Borsari.
Giuseppe Morselli
Tratto da: Guida storica e turistica della Bassa Modenese
A cura di Giuseppe Morselli
Anno: 1982
Matilde
Splendido articolo…molto ben documentato. La sua capacità di ritrovamento riferimenti storici e di saperli mettere a fattor comune è veramente pregevole.
7 Giugno 2020..Complimenti.
Sono Mirandolese da oltre 50 anni…e poco di ciò da lei narrato conoscevo.
Credo che una ricerca storica sul nostro territorio sia molto gradita ed utile….
per comprendere meglio le nostre radici.. Grazie