Antichi palazzi – Palazzo Bresciani – Rodriguez – Finale Emilia

Antichi palazzi – Palazzo Bresciani – Rodriguez – Finale Emilia

14 Agosto 2020 0

Facciata

Palazzo Bresciani – Rodriguez

secc. XVIII-XIX

Finale Emilia, via Saffi.

E’ insieme al Palazzo Borsari uno dei più noti e citati di Finale, tuttavia sono assai scarse e contrastanti le notizie che possano fornire un quadro delle vicissitudini architettoniche e degli avvicendamenti della proprietà.

Il Frassoni nelle sue «Memorie», riporta che nel 1721 «Carlotta Aglae d’Orleans, sposa del Principe Ereditario Francesco, fu tratte­nuta a Finale con un ‘Opera in Musica prepa­ratale da questa Accademia musicale detta del Rosario, e con altri diversi pubblici spet­tacoli. Alloggiò essa nella magnifica abita­zione di Bartolomeo Bresciani…», e così con­clude: «E bene se più viveva avrebbe egli Bartolomeo perfezionata la nobile idea della riferita sua abitazione da lui costrutta».

Se ne deduce che la fondazione dell’edificio si colloca verosimilmente tra la fine del Seicen­to ed i primi anni del secolo successivo, coe­rentemente con la commistione stilistica tut­tora leggibile, dal basamento a scarpa ai coronamenti delle finestre ormai settecente­schi. Ad un restauro del 1846 — data incisa su un mensolone della facciata posteriore — si debbono le fasciature in pietra sui portali e lo zoccolo dal forte aggetto e dal fitto disegno a bugnato.

Morto prematuramente Bartolomeo Bre­sciani, pare che il palazzo sia passato in pro­prietà ai Taveggi di Milano. Poiché alcune recenti indagini (C.A.R.C., 1982) identificano il palazzo Taveggi con il palazzo Ramondini di via Oberdan, quanto detto dal Frassoni sarebbe pertanto da riferirsi a quest’ultimo; tanto più che nel 1702 Innocenzo Bresciani, zio di Bartolomeo, «Provveditore» e «Servitor nobile» del Principe Cesare, acquistò ef­fettivamente un terreno con piccola casa nel­la zona detta la Fossa per ampliarvi una fab­brica già di sua proprietà (Carpi, ArchivioStorico Comunale, Archivio Grillenzoni, Cassetta 17, n. 5)

D’altro canto lo stesso Frassoni ricorda che Giulia Bresciani, moglie di Clemente Gril­lenzoni, «ha data la successione ad una linea de’Miari nel giovane vivente Conte Carlo di lui figlio», e proprio a Carlo Miari è intestato il possesso del palazzi di via Saffi in una mappa del perito Monelli datata 1789 (Finale Emilia, collezione privata).

Non è neppure noto in quali circostanze il pa­lazzo assuma il nome di Rodrìguez che un re­cente studio sulle grandi dimore storiche in Emilia Romagna identifica in un medico spagnolo vissuto a Finale nel XVIII secolo.

Alessandra Ontani

Scaloncino

Decorazione della loggia al piano nobile

Palazzo Bresciani – Rodriguez. Decora­zione.

secc. XVIII – XIX

Finale Emilia, Via Saffi.

Dall’atrio pausato da pilastri smussati si di­parte lo scaloncino a tre rampe sovrastato dallo stemma della famiglia e corredato di «arredi» – l’esile balaustra in ferro e nella nicchia la statua di Diana in legno stuccato siglata G.B.F. – di fattura tardosettecentesca.

Nel palazzo i lavori continuarono per tutto il XVIII secolo e oltre, come attesta anche la- decorazione della loggia al piano nobile, di
gusto ancora neoclassico, scandita da una partitura architettonico-decorativa che la ri­copre per intero fungendo da cornice alle scene e alle immagini mitologiche, e che può es­sere agevolmente confrontata con gli esiti verosimilmente coevi di Palazzo Borsari di Final Vecchio. Alle pareti riquadri e incorni­ciature a monocromo simulanti stucchi con motivi a girali formano due vaste specchia­ture campite da soggetti e paesaggi declinati secondo moduli di tardo classicismo alter­nati a più circoscritti ovali con figure mitolo­giche. Sulla volta ribassata quasi un casset­tonato a trompe-l’oeil simulante un soffitto a lacunari tripartito da fasce a candelabre, che affida il suo decoro a ornati a finta pasti­glia dorata, secondo motivi ben presenti a tutta la tradizione emiliana, e nel modenese replicati per gran parte dell Ottocento.

Al centro di ciascuna delle tre zone, meda­glioni a forma di ottagono di cui quello cen­trale raffigurante Leda col cigno.

Si deve purtroppo segnalare l’inadeguatezza dei recenti restauri, (avvenuti alla fine degli anni Settanta) del tutto inconsapevoli della realtà storica dell’edificio: dall’incongruo in­tonaco applicato sulla facciata e nel vano scala, al pavimento della loggia al primo pia­no sostituito da improprie piastrelle in cera­mica. Non sono state risparmiate neppure le pitture della loggia, che appaiono quasi com­pletamente ritoccate; del tutto illeggibile ad esempio la scena che faceva da controparte a Diana cacciatrice, e ora ridotta al solo pae­saggio. Compromessa anche l’originaria di­stribuzione dell’edificio a seguito della fram­mentazione della proprietà.

Maria Pia Marzocchi

Tratto da: Architettura a Mirandola e nella Bassa Modenese

A cura della Cassa di Risparmio di Mirandola

Anno 1989

Particolare della decorazione della loggia : Paesaggio con Diana cacciatrice

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