Antichi palazzi – Palazzo Bresciani – Rodriguez – Finale Emilia
Facciata
Palazzo Bresciani – Rodriguez
secc. XVIII-XIX
Finale Emilia, via Saffi.
E’ insieme al Palazzo Borsari uno dei più noti e citati di Finale, tuttavia sono assai scarse e contrastanti le notizie che possano fornire un quadro delle vicissitudini architettoniche e degli avvicendamenti della proprietà.
Il Frassoni nelle sue «Memorie», riporta che nel 1721 «Carlotta Aglae d’Orleans, sposa del Principe Ereditario Francesco, fu trattenuta a Finale con un ‘Opera in Musica preparatale da questa Accademia musicale detta del Rosario, e con altri diversi pubblici spettacoli. Alloggiò essa nella magnifica abitazione di Bartolomeo Bresciani…», e così conclude: «E bene se più viveva avrebbe egli Bartolomeo perfezionata la nobile idea della riferita sua abitazione da lui costrutta».
Se ne deduce che la fondazione dell’edificio si colloca verosimilmente tra la fine del Seicento ed i primi anni del secolo successivo, coerentemente con la commistione stilistica tuttora leggibile, dal basamento a scarpa ai coronamenti delle finestre ormai settecenteschi. Ad un restauro del 1846 — data incisa su un mensolone della facciata posteriore — si debbono le fasciature in pietra sui portali e lo zoccolo dal forte aggetto e dal fitto disegno a bugnato.
Morto prematuramente Bartolomeo Bresciani, pare che il palazzo sia passato in proprietà ai Taveggi di Milano. Poiché alcune recenti indagini (C.A.R.C., 1982) identificano il palazzo Taveggi con il palazzo Ramondini di via Oberdan, quanto detto dal Frassoni sarebbe pertanto da riferirsi a quest’ultimo; tanto più che nel 1702 Innocenzo Bresciani, zio di Bartolomeo, «Provveditore» e «Servitor nobile» del Principe Cesare, acquistò effettivamente un terreno con piccola casa nella zona detta la Fossa per ampliarvi una fabbrica già di sua proprietà (Carpi, ArchivioStorico Comunale, Archivio Grillenzoni, Cassetta 17, n. 5)
D’altro canto lo stesso Frassoni ricorda che Giulia Bresciani, moglie di Clemente Grillenzoni, «ha data la successione ad una linea de’Miari nel giovane vivente Conte Carlo di lui figlio», e proprio a Carlo Miari è intestato il possesso del palazzi di via Saffi in una mappa del perito Monelli datata 1789 (Finale Emilia, collezione privata).
Non è neppure noto in quali circostanze il palazzo assuma il nome di Rodrìguez che un recente studio sulle grandi dimore storiche in Emilia Romagna identifica in un medico spagnolo vissuto a Finale nel XVIII secolo.
Alessandra Ontani
Scaloncino
Decorazione della loggia al piano nobile
Palazzo Bresciani – Rodriguez. Decorazione.
secc. XVIII – XIX
Finale Emilia, Via Saffi.
Dall’atrio pausato da pilastri smussati si diparte lo scaloncino a tre rampe sovrastato dallo stemma della famiglia e corredato di «arredi» – l’esile balaustra in ferro e nella nicchia la statua di Diana in legno stuccato siglata G.B.F. – di fattura tardosettecentesca.
Nel palazzo i lavori continuarono per tutto il XVIII secolo e oltre, come attesta anche la- decorazione della loggia al piano nobile, di
gusto ancora neoclassico, scandita da una partitura architettonico-decorativa che la ricopre per intero fungendo da cornice alle scene e alle immagini mitologiche, e che può essere agevolmente confrontata con gli esiti verosimilmente coevi di Palazzo Borsari di Final Vecchio. Alle pareti riquadri e incorniciature a monocromo simulanti stucchi con motivi a girali formano due vaste specchiature campite da soggetti e paesaggi declinati secondo moduli di tardo classicismo alternati a più circoscritti ovali con figure mitologiche. Sulla volta ribassata quasi un cassettonato a trompe-l’oeil simulante un soffitto a lacunari tripartito da fasce a candelabre, che affida il suo decoro a ornati a finta pastiglia dorata, secondo motivi ben presenti a tutta la tradizione emiliana, e nel modenese replicati per gran parte dell Ottocento.
Al centro di ciascuna delle tre zone, medaglioni a forma di ottagono di cui quello centrale raffigurante Leda col cigno.
Si deve purtroppo segnalare l’inadeguatezza dei recenti restauri, (avvenuti alla fine degli anni Settanta) del tutto inconsapevoli della realtà storica dell’edificio: dall’incongruo intonaco applicato sulla facciata e nel vano scala, al pavimento della loggia al primo piano sostituito da improprie piastrelle in ceramica. Non sono state risparmiate neppure le pitture della loggia, che appaiono quasi completamente ritoccate; del tutto illeggibile ad esempio la scena che faceva da controparte a Diana cacciatrice, e ora ridotta al solo paesaggio. Compromessa anche l’originaria distribuzione dell’edificio a seguito della frammentazione della proprietà.
Maria Pia Marzocchi
Tratto da: Architettura a Mirandola e nella Bassa Modenese
A cura della Cassa di Risparmio di Mirandola
Anno 1989