Antichi palazzi – Cabianca – Finale Emilia
Cabianca
Sec.XVI
Finale Emilia, loc. Casoni
La villa, rilevante esempio di tipologia a corte chiusa collocato a ridosso del fiume Panaro in corrispondenza dì una profonda ansa, potè trarre da questa posizione strategica ampi vantaggi economici per l’agilità dei commerci e delle comunicazioni lungo la via fluviale, oltre al privilegio di esercitare una costante funzione di controllo su quello che per secoli fu il principale collegamento tra Modena e Ferrara, fino a Venezia.
Non è possibile documentare con certezza l’anno in cui venne decisa la costruzione del complesso; tuttavia è presumibile datarne l’impianto alla prima metà del XVI secolo, poiché Ercole II con l’atto del 1536 concede in feudo ai marchesi Villa di Ferrara beni e terreni in località Cabianca, già appartenuti ai marchesi Naselli. Non si fa cenno in tale sede alla presenza del palazzo, che compare per la prima volta in un Campione del 1572, di recente accuratamente segnalato da Monica Frabetti.
I Villa furono per molti secoli una delle famiglie più in vista della nobiltà ferrarese; imparentati con i Pico e bene introdotti presso la Corte Estense, ricoprirono cariche di prestigio e responsabilità. Francesco I Villa fu governatore estense a Modena e Guido I crebbe alla corte dei Savoia in qualità di paggio, intraprendendo poi la carriera militare. Per meriti acquisiti venne insignito dell’Ordine Equestre dell’Annunziata e fu nel 1648 Generalissimo del duca Francesco I d’Este. L’importanza del casato e la fedeltà al Duca consentirono pertanto ai marchesi, già proprietari in Ferrara del Palazzo dei Diamanti, di ottenere esenzioni daziarie e privilegi che senz’altro favorirono lo sviluppo economico del feudo, il quale verso la fine del ’700, come ricorda il Ricci, aveva una popolazione di 547 abitanti per un’estensione dì 687 biolche coltivate a vigneto, alberi da frutto, gelso, e ricche di olmi e querce.
La corte si presenta ancora pressoché integralmente conservata; al palazzo, affacciato verso il Panaro, si giustappone un doppio ordine di corti chiuse, di cui una più raccolta ad uso padronale, su cui prospettavano gli ambienti di servizio direttamente legati alla residenza (cucina, forno, abitazioni per la servitù), ed altra più ampia riservata ad uso rustico con le scuderie, il porcile, il pollaio e le cantine, tuttora corredate degli attrezzi per la vinificazione.
Completavano il ricco apparato insediativo il giardino murato e un altro recinto antistante la facciata, circondato da siepi con orto adiacente, oggi del tutto scomparso. Poco discosta una torre colombaia mostra ancora le pareti interne forate da innumerevoli cavità circolari per la nidificazione, mentre non rimane traccia della copertura a quattro spioventi e della scala in legno descrìtta nelle perìzie ottocentesche.
L’impianto del complesso è quello tipico della corte padana, autosufficiente e fulcro di un più vasto territorio che ne garantisce il mantenimento e ad essa si appoggia per le funzioni organizzative. Ne è matrice la quattrocentesca «Delizia» estense di Belriguardo, voluta da Nicolò III sulle rive di un ramo del Po presso Voghera e villeggiatura favorita di Lucrezia Borgia.
A Cabianca le caratteristiche stilistiche, specie nel palazzo dominicale, sono quelle della coeva architettura ferrarese con il tetto a padiglione ed un’accentuata orizzontalità dei fronti dovuta all’assenza di un piano abitabile sopra gli appartamenti padronali, che caratterizzerà invece la maggior parte delle locali residenze suburbane di epoche successive.
Nella prima metà del XVII secolo venne edificato il piccolo oratorio dedicato all’Annunciazione, dapprima cappella privata della famiglia Villa, e successivamente aperto al culto pubblico. Si conservano ancora il seicentesco paliotto in scagliola, di raffinata fattura e l’altare barocco in legno policromo fiancheggiato da tribune con gelosie, riservate
alla famiglia padronale. Una Madonna con Bambino dipinta nel 1873 da Ada Spinelli sostituisce l’originaria ancona seicentesca dell’Annunciazione. Di poco successivo è l’ampliamento del palazzo a confine con l’oratorio che, divenuto pubblico, necessitava di un collegamento di servizio, affinchè i marchesi potessero assistere privatamente alle funzioni.
Nel Settecento i Villa risiedettero sempre più frequentemente a Cabianca ed abbellirono la loro dimora, arricchendola di camini in gesso e soffitti decorati. Unica testimonianza rimane un cassettonato ligneo policromo, pesantemente ridipinto, in una saletta al primo piano: verosimilmente — a giudicare dai soggetti delle pitture — la cappella privata. Morto nel 1808 l’ultimo dei marchesi Villa Guido III, senza lasciare eredi diretti, Cabianca passò alla cugina Laura Lambertini Zambeccarì, che a sua volta la cedette al figlio Giacomo Zambeccarì. Questi nel 1819 vendette la proprietà al marchese Bottoni che, caduto in disgrazia se ne servì per saldare i propri debiti con l’ebreo Ventura Castelfranco. Nel 1828 pervenne finalmente ad Antonio Spinelli, commerciante di cereali, che già nel 1801 ne era affittuario ed i cui eredi mantengono tuttora la proprietà.
Tra il 1828 ed il 1887 il complesso subì alcune trasformazioni: si demolirono il diaframma di separazione tra le due corti, il pollaio ed il porcile, mentre all’esterno si provvide ad ampliare gli spazi chiusi di servizio, addossando una serie di bassi fabbricati al muro di cinta e completando la simmetria del prospetto principale con l’aggiunta di una piccola ala di contrappeso all’oratorio. Ebbe così inizio una lenta trasformazione da corte padronale a corte agricola, con la perdita graduale delle originarie funzioni residenziali e produttive, culminata nell’attuale abbandono.
Alessandra Ontani
Tratto da: Architetture a Mirandola e nella Bassa Modenese
Cassa di Risparmio di Mirandola
Anno: 1989
Consuelafabbri
Molto interessante…
12 Ottobre 2019Dania
Chi è attualmente il proprietario di Cabianca?
5 Ottobre 2022