Al s-ciancul – In mirandolese “gnagno”
Sempre d’autunno e sempre presso quelli che facevano la ponta ai pai cun al falsón, si sgrossava al s-ciàncul: tondo, col diametro di 4-5 cm, lungo 13-14 cm.
Si “tiravano” le punte e con il temperino si rifinivano. Punte tonde, appuntite e uguali nella lunghezza per renderlo ben bilanciato.
Da un palo si tagliava la canèla lunga mezzo metro e sempre con la canèla si tracciava il cerchio dentro al quale stava il giocatore che doveva battere. Si fronteggiavano due squadre di 4-5 giocatori. Quella che non batteva si disponeva lungo la strada perché qualora qualcuno fosse riuscito a prendere al volo al s-ciàncul il battitore veniva eliminato, altrimenti dal punto di caduta veniva lanciato verso il cerchio: se si fermava dentro si eliminava il giocatore ma se ciò non avveniva egli aveva il diritto di far saltare la lippa (battendo sulla punta) per ben tre volte allontanandola con la canèla il più possibile dal cerchio. Se durante questi tre colpi al s-ciàncul non veniva preso al volo (che boti sui di), si contavano li canèli fino al cerchio stesso. La squadra che per prima raggiungeva il numero fissato (500-600 caneli) vinceva la partita. C’era sempre tanta animazione.
- S-ciàncul!
- Vegna!
La partita aveva inizio.
Tratto da “Giochi, lavori,ricordi di un tempo” di Ado Lazzarini”