A Mia Madre – Una storia lunga 104 anni (1908-2012)
A MIA MADRE
Una storia lunga 104 anni (1908-2012 ).
Nasce Franchini Irma, in quel di s.Felice,28/7/1908, famiglia Contadina, povera.
Nel 1932,il 6 agosto, a 24 anni, sposa Luigi Gino Goldoni, di 32 anni, è vedovo , con cinque figli, : Anna anni 14, Bice 12, Marta 10, Piero 8, Remo 6 , I frutti del matrimonio con l’amata Sinalda, deceduta a seguito di una grave infezione polmonare
Gino gestisce a mezzadria un podere in quel di Dogaro, tanta fatica nei campi, tanta fatica a casa per governarla e per accudire quei figli acquisiti, poi la stalla , gli animali,
Un carico di lavoro enorme portato a termine sempre e comunque.
Poi arrivano , Eva, la 2° Guerra mondiale, Paolo, Carlo, Barbara.
La squadra è al completo, 9 fratelli (vietata ogni distinzione ,primo/secondo letto, fratelli/fratellastri, solo fratelli in assoluto), tutti chiamavamo l’Irma “mamma”, ci rivolgevamo ai nostri genitori con il “voi” ( ho dato del “voi” a mia madre fino alla sua morte ), dietro quel “voi” c’era un grande senso di rispetto e riconoscenza che oggi non usa più.
I figli piu’ grandi, uno per volta , si sposano ed escono di casa, la forza lavoro si riduce drasticamente, rimangono mio padre, mia madre, Eva e tre bambini piccoli .
Nel marzo 1954 Gino muore , causa ictus .
La mamma rimane vedova con 4 figli : Eva 19 anni, Paolo 9, Carlo 7, Barbara 4, un podere da governare con le sole braccia di due donne.
In autunno pero’ il padrone del podere , di Bologna, ci sfratto’ perchè, due sole donne non avrebbero potuto gestire quel podere; in pochi giorni restiamo senza casa e senza lavoro. Comincia un calvario lungo 12 anni.
Raccogliamo le nostre povere cose e ci trasferiamo a Dogaro in una stanza
messa a disposizione dalla signora Irma Pecorari.
In quella stanza abbiamo fatto cucina, soggiorno e camera da letto, bagno esterno.
Qualunque lavoro le viene proposto mia madre lo fa, spesso lavori saltuari, pesanti , per pochi soldi, ma quei soldi servono e quindi va bene il lavoro nei campi o nei cantieri, e cosi anche Eva.
Ci viene poi assegnata una casa popolare a Rivara, dove ci trasferiamo nel 1957, senza Eva che si sposa un mese prima , mia madre rimane sola con tre figli ,il maggiore ,Paolo , ha 12 anni.
“Ai miei figli non deve mancare niente, devono studiare tutti e tre ( I gan d’ander a l’unor dal mond) ripeteva di frequente”.
Qualunque lavoro va bene, in campagna, il frumento , le barbabietole, il granoturco, la canapa, nei frutteti la raccolta delle mele , delle pere, poi la vendemmia…
Partenza all’alba, ritorno al tramonto, tante sere dopo la cena se ne andava al bar cooperativa a lavare le bottiglie. Quanta fatica madre mia, quante lacrime, quante preghiere.
Poi otteniamo alla fine del 1957, prima Paolo, poi Carlo e Valentino Tramarin dirimpettaio del terzo piano nel casermone di Rivara, un posto nel collegio S.Filippo Neri di Modena dove abbiamo potuto studiare, diplomarci e diventare quelli che siamo diventati. Molte grazie al maestro Piva, Pedrazzi, Vincenzi Glicerio.
Barbara, la piccolina si è poi diplomata a S.Felice, ricoprendo in seguito importanti incarichi nel sindacato CISL.
Quando tutti abbiamo cominciato a lavorare si è allentata la morsa del lavoro e nostra madre ha potuto respirare, sono passati 12 anni dall’ ignobile sfratto dal podere a Dogaro.
E alla fine anche I tre rampolli rimasti, si sposano, “a l’unor dal mond”, come voleva lei. A quell punto nostra madre si è dedicate alla casa, ai lavori domestici, ai nipotini.
Era il nostro jolly, andava dove piu’ serviva, quante volte è stata d’aiuto a Parma, per settimane, grazie madre.
Siamo grati a Carlo che ne ha avuto cura per molto tempo, negli ultimi anni se ne è occupata ns sorella Barbara, gli ultimi 10 giorni di vita li ha passati a Sala Baganza dove è deceduta nel 2012 , periodo terremoto di S.Felice.
Come possiamo dimenticare i suoi lucidi racconti sulle 2 Guerre, sul dopoguerra terribile, sulle generosita’, poche , e le angherie, tante dei vicini, dei parenti quando il buio era sovrastante, la paura di non farcela era opprimente, che coraggio mamma, quanto orgoglio avete generato in noi.
Ma chi siat putin??, “a son al fiul dl’Irma ad Guldon,” era il nostro pass –
Grazie madre………………
Paolo Goldoni
.