1937-38 – Caccia ai passeri
…1937-38…
CACCIA AI PASSERI
Tutti i giorni che mio fratello Ezio era di guardia alle scuderie, dove c’erano i cavalli da tiro, vi restava dalla mattina alla sera, e a mezzogiorno io dovevo portargli da mangiare. Arrivata la sera chiudeva le vetrate delle stalle per intrappolare i passeri che andavano a beccare nelle mangiatoie dei cavalli.
Prendevamo le scope e a più non posso cercavamo di uccidere i passeri, che tentavano disperatamente di uscire dalle vetrate chiuse vedendo la luce, ma sbattevano contro i vetri e restavano tramortiti; il resto purtroppo dovevamo farlo noi con le scope. Si continuava finché non avevamo riempito la sporta.
Arrivata a casa, me ne andavo con le mie sorelle Irene e Iginia nella stalla a pelare tutti quei poveri passeri, e non vi dico quanto sbuffavamo, perché non si finiva mai.
Nostra madre per consolarci prometteva che ci avrebbe preparato il gnocco di farina bianca e gialla, che si cuoceva in una padella sulle braci del focolare.
Il giorno dopo non si pensava più alla atroce caccia che avevamo fatto, perché per la gran fame trovavamo i passeri molto buoni.
Passava qualche giorno prima che Ezio facesse di nuovo il turno nelle scuderie. Quando era possibile rifacevamo la stessa cosa, ma solo d’inverno, perché in estate i passeri trovavano da mangiare fuori, nei campi, specialmente al tempo del grano maturo..
Avevamo sempre fame, però ci si saziava con il gnocco di farina gialla, che era molto buono.
Lo si impastava con il burro delle nostre mucche; in quel momento il latte era in abbondanza perché i vitellini, molto piccoli, non riuscivano a succhiarlo tutto.
Maria Traldi
Tratto da: Quaderni di San Martino
Anno 2008
Jole Ribaldi
La fame è un grande inibitore della compassione per quei poveri uccellini.
11 Febbraio 2022Non si può non comprendere.
Rinnovo i complimenti ai vostri racconti, così delicatamente esposti.